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Rubrica di Emanuela Medi
 

A proposito di vino e di sbornie

Una celebre, orecchiabile canzone, più che altro una gustosa e spiritosa filastrocca musicale, La sbornia, che chiunque può riascoltare – e lo consigliamo subito per entrare in argomento – su Youtube, è l’oggetto di queste note che, come forse si comprende fin dal titolo, traduce nelle forme poetiche della rima, dell’assonanza, della ripetizione, del paradosso e quindi del non-sense, proprio quello stordimento spiritoso e quel senso dell’amicizia che si accompagna ad una bevuta tra amici.

La sbornia in Italia è conosciuta soprattutto per l’interpretazione del gruppo dei Gufi (Gianni Magni, Nanni Svampa, Roberto Brivio, Lino Patruno) e di Antoine e, con testo di Leo Chiosso, fu incisa nel 1969 sull’onda del successo che l’anno precedente aveva raggiunto Lily The Pink, il riadattamento di una vecchia canzone popolare che fece scalare al gruppo degli Scaffoldtutte le classifiche in Gran Bretagna. Quella italiana non fu una pedissequa traduzione, ma una vera e propria reinterpretazione e si inserisce in un filone che annovera, fra i tanti, Cochi e Renato e l’indimenticabile Rino Gaetano.

Come il testo inglese, i versi abbondano di spiritosi non-sense. Varrebbe la pena di mettere a confronto le due versioni, quella inglese e quella italiana, per riflettere sulla differenza di humour, dunque fra la differenza… di sbornia fra i due paesi, fermo restando il ritmo comune della musica. Soffermiamoci per il momento sul testo italiano:

Trinca, trinca, trinca,
buttalo giù con una spinta
poi vedrai che bella festa
la medicina del mondo in rovina
stai tranquillo è questa qua.

Galbusera beve solo barbera
fa lo slalom fra i lampioni
a schivarli tutti quanti son buoni
lui invece li sbatte giù.
Sua cugina beve solo benzina
e poi parte come un razzo
ora a Monza sta girando da un pezzo
chi sa quando si fermerà.
Trinca, trinca, trinca,
buttalo giù con una spinta
poi vedrai che bella festa
la medicina del mondo in rovina
stai tranquillo è questa qua.
Beatrice usa la lavatrice
suo marito gliel’ha comprata
e quando beve ha la sbronza frenata
fatto il pieno si ferma là.
Suo cognato beve solo moscato
si è inciuccato insieme al Marco
li han trovati seduti nel parco
a progettare rivoluzion.
Trinca, trinca, trinca,
buttalo giù con una spinta
poi vedrai che bella festa
la medicina del mondo in rovina
stai tranquillo è questa qua.
Maria Rosa ha la sbronza amorosa
ogni fiasco un fidanzato
se cambia vino l’ha bell’e scordato
mai nessuno la sposerà.
Rossi Antonia beve solo colonia
lei è un tipo sofisticato
e il suo singhiozzo è così profumato
che diventa un fatto snob.
Trinca, trinca, trinca,
buttalo giù con una spinta
poi vedrai che bella festa
la medicina del mondo in rovina
stai tranquillo è questa qua.
Poi c’è Amleto che vuol bere in segreto
e si mette a recitare
Essere sbronzi o non essere sbronzi
il dubbio atroce gli resterà.
Se il nonnino beve un buon grignolino
sente il suono delle campane (din don)
e poi sogna le sbronze serene
che verranno nell’aldilà.
Trinca, trinca, trinca,
buttalo giù con una spinta
poi vedrai che bella festa

la medicina del mondo in rovina
stai tranquillo è questa qua.

Una pedante analisi testuale ci porterebbe lontano e tradirebbe lo spirito ludico di questi versi, ma nondimeno qualche osservazione va fatta. Tralasciamo gli obblighi imposti da una facile e divertente rima (Beatrice che usa la lavatrice, il cognato che beve solo moscato, Amleto che vuol bere in segreto) a volte davvero paradossale (la cugina che beve solo benzina, o Rossi Antonia che beve solo colonia), ma ricordiamoci che si tratta di una filastrocca che, come si è detto sopra, si canta un po’ brilli, quando è il ritmo e lo stare insieme che contano, e non certo la logica.
Non a caso questo tipo di canzoni corali, sempre in bilico tra dire e non dire, tra allusione e slittamento semantico, trovano il loro spazio e la loro migliore collocazione nel cabaret. Ma è da dire che il gruppo dei Gufi, che per primo portò al successo in Italia La sbornia, si sciolse proprio nel 1969 dopo pochi anni di collaborazione.

Per loro la sbornia, e con essa l’aspetto sociale del canto e del vino, era davvero finita.

Giacomo Di Fiore, Già docente Istituto universitario Orientale

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