a

I Tag di Vinosano
Rubrica di Emanuela Medi
HomeSalute (Pagina 4)

Salute

Anche alle dosi di 400 mg giornaliere in occasioni frazionate, il consumo di caffè  non è nocivo alla salute. Trattandosi della bevanda più consumata dagli italiani ed essendo in corso la candidatura del caffè espresso   a patrimonio UNESCO  ci è sembrato interessante  riportare  alcuni elementi  di  un ampio  aggiornamento da poco pubblicato sul New England Journal of Medicine a firma di Rob van Dam, Frank Hu e Walter Willett (Harvard T.H. Chan School of Public Health, Boston) . Chiariamo subito che le evidenze sugli effetti positivi di un consumo moderato e regolare di caffè anche nella sua dose massima- 400mg al giorno in occasioni  frazionate- sono consolidate , dopo decenni in cui il caffè è stato considerato una bevanda esclusivamente voluttuaria, il cui apporto andava limitato per i possibili effetti negativi sulla salute del suo componente principale, la caffeina. La ricerca ha però dimostrato l’inconsistenza di questa indicazione di carattere generale, se non per gruppi di popolazione molto ben definiti, per esempio bambini e adolescenti, e suggerito di definire livelli di consumo per altri, come le donne in gravidanza e allattamento.  Nella prefazione, gli autori ricordano un altro aspetto non marginale, e cioè la presenza, nel caffè, di centinaia di altri componenti fitochimici,.se è quindi vero

Periodo non facile per la nostra salute anche e soprattutto in fatto di sonno.  Se gli ultimi dati indicano in 13 milioni gli italiani che lamentano disturbi del sonno, 1 su 7 dorme male, 1 su 3 non dorme affatto, il Covid-19 ha certamente acuito il fenomeno e lo dimostra il numero crescente di persone che ricorre ad ansiolitici  e/o benzodiazepine spesso senza consiglio medico con un passa parola che certo non migliora la performance del sonno E’ possibile una relazione tra il ciclo sonno-veglia e  la probabilità di soffrire di depressione molto frequente in tempo di Covid?. Molti studi lo dimostrerebbero Tuttavia, non è facile individuare da questi studi chi sia causa di cosa: in altre parole se le turbe del sonno rappresentino una conseguenza, o invece una possibile causa, della comparsa di depressione. Elementi interessanti al proposito emergono dall’analisi , che analizza il ruolo,  delle varianti genetiche, le quali possono spiegare tra il 12 e il 42% delle nostre abitudini ad essere mattinieri o meno. Degli oltre 840.000 adulti afferenti a due grandi coorti, UK Biobank e 23andMe, un terzo si identificava come mattiniero, il 9% era tendenzialmente nottambulo, e abituato quindi a svegliarsi tardi, mentre i restanti si trovavano

Disagio, confusione , incertezze, scarsa informazione è quanto le donne vivono per tutto quello che riguarda l’evento produttivo e la vaccinazione anti Covid . L’allarme è stato lanciato dalle Società di Ginecologia e Ostetricia (SIGO-AOGOI-AGUI-AGITE) ricordando quanto  con successivi comunicati, hanno ribadito che: - la gravidanza non è una controindicazione alla vaccinazione - il desiderio riproduttivo o la ricerca della gravidanza non sono una controindicazione alla vaccinazione - l'allattamento non è una controindicazione alla vaccinazione  - la contraccezione ormonale non è una controindicazione alla vaccinazione - non esistono indagini preliminari o terapie da praticare prima della vaccinazione in nessuna di queste situazioni  - le donne gravide dovrebbero essere invitate a vaccinarsi con maggiore premura rispetto alle donne non gravide della stessa età, perchè la gravidanza è una condizione di fragilità. Nonostante le nostre posizioni, dichiara il Prof. Antonio Chiantera Presidente SIGO, riceviamo quotidianamente sollecitazioni di donne confuse, che hanno avuto le informazioni più disparate, spesso non corrispondenti assolutamente al vero. Il Prof.  Nicola Colacurci Presidente AGUI, si appella al Ministro della Salute Roberto Speranza affinché recepisca le richieste e si faccia parte attiva, con il Ministero della Salute, di una campagna di corretta informazione che rassicuri le donne in età riproduttiva verso la vaccinazione anti-Covid.  Conclude la Presidente AOGOI Dott.ssa Elsa Viora

Recuperare quei 2 milioni di fragili rimasti nell’ombra, lasciati indietro da una campagna vaccinale imponente e che ora deve raggiungere chi ancora non è vaccinato. È questo l’obiettivo che vede in campo FIMMG ( Medici di medicina generale)e Cittadinanzattiva, che assieme hanno dato vita ad un software capace di imprimere alla campagna vaccinale la svolta necessaria. Il primo risultato potrebbe essere proprio quello di aiutare i fragili lasciati indietro, (certificati nell’ultimo rapporto del Governo sulle vaccinazioni) 520mila over 80, ai quali non è stata somministrata ancora la prima dose, e 1,5 milioni di cittadini nella fascia 70-79. «Il ministro Speranza e il commissario Figliuolo hanno subito voluto incontrarci, questo denota una grande sensibilità politica e attenzione verso un tema che ha una portata enorme», commentano Silvestro Scotti (segretario generale FIMMG) e Anna Lisa Mandorino (segretaria generale di Cittadinanzattiva) che sottolineano il ruolo centrale del professor Walter Ricciardi nello sviluppo del progetto, ma anche nel trasferire sul piano istituzionale la sua importanza. «L’esistenza di una parte di popolazione fragile rimasta ai margini della campagna vaccinale - proseguono Scotti e Mandorino - rilancia con forza l’esigenza di selezionare con appropriatezza i soggetti da sottoporre prioritariamente alla vaccinazione, tenendo conto delle raccomandazioni emerse dai livelli

Sono i risultati del primo ampio studio che ha preso in esame quanto il peso  corporeo incida sull’andamento dell’infezione da Sars-Cov-2 appena pubblicato su The Lancet Diabetes  & Endocrinology.  La dimostrazione più interessante riguarda gli under 40:il sovrappeso è un fattore di rischio determinante e indipendente. Diventa meno importante dopo i 60 e finisce per non avere quasi alcun effetto dopo gli 80.Quando toccherà agli under 40 potrebbe essere la bilancia a decidere a chi dare la priorità nella vaccinazione. Nelle persone giovani il sovrappeso aumenta significativamente il rischio di ammalarsi gravemente di Covid-19 e l’indice di massa corporea potrebbe indicare chi andrebbe protetto per primo. Una decisione del genere sarebbe malvista in tempi di bullismo , discriminatoria e troppo a rischio di alimentare lo stigma, ma da un punto di vista clinico sarebbe la scelta giusta. Lo Studio In questo studio prospettico di coorte basato sulla comunità, abbiamo utilizzato dati anonimi a livello di paziente dal database QResearch delle pratiche generali in Inghilterra, Regno Unito. Abbiamo estratto i dati per i pazienti di età pari o superiore a 20 anni registrati presso uno studio idoneo per l'inclusione nel database QResearch tra il 24 gennaio 2020 (data della prima infezione registrata nel Regno Unito)

Ho Y, Nguyen XT, Yan JQ, Vassy JL, Gagnon DR, Gaziano JM, Wilson PWF, Cho K, Luc D.Am J Cli Nutr. 2021; nqaa427. doi.org/10.1093/ajcn/nqaa42719-04-2021 Consumo di cioccolato e  rischio di incorrere in malattie cardiovascolari? La  letteratura scientifica conferma che non vi è alcuna associazione. E’ quanto dimostrato da uno studio statunitense, basato su 188.447 volontari (per il 90% uomini e con più di 64 anni di età) afferenti al Million Veteran Program. Dopo  aver seguito i volontari per circa 3 anni, e dopo aver  analizzato  e “ aggiustato” i fattori confondenti, il consumo regolare di cioccolato da 1-3 porzioni da 28,3 g al mese fino a è risultato 3-4 porzioni alla settimana associato a una diminuzione compresa tra l’8 e il 12% del rischio di sviluppare eventi coronarici, sia fatali che non fatali, rispetto al consumo occasionale (meno di una porzione al mese). L’associazione si manteneva sostanzialmente stabile per livelli di assunzione più elevati (fino a più di 5 volte la settimana). Tra i soggetti diabetici solo il consumo mono settimanale era associato a un minor rischio di eventi. Lo studio non ha purtroppo potuto discriminare i consumi di cioccolato fondente, al latte o bianco nella popolazione studiata, e non ha permesso quindi

Due in uno. Con il vaccino anti Covid-19, così come accade con quello dell’influenza o della pertosse, è possibile avere il doppio vantaggio: vaccinare la mamma che allatta e proteggere anche il neonato. Uno studio appena pubblicato sull’American Journal of Obstetrics and Gynecology dimostra infatti che le donne vaccinate trasmettono gli anticorpi al bambino attraverso il latte materno.  I ricercatori hanno monitorato i livelli di immunoglobuline IgA e IgG nel latte di un gruppo di neo-mamme dopo la vaccinazione effettuando le analisi ogni settimana per 80 giorni. I risultati hanno evidenziato la presenza nel latte materno di elevati livelli di anticorpi (IgA e IgG) già subito dopo la prima dose della vaccinazione. Proseguendo il controllo  ci si è accorti che gli anticorpi aumentavano fino a raggiungere una quantità tale da garantire un’efficace protezione dall’infezione dopo 14-20 giorni. Durante l’intero periodo di osservazione, durato tre mesi, i livelli di anticorpi si sono mantenuti costanti. I ricercatori ritengono quindi altamente probabile che la protezione possa durare anche più a lungo. Per questo gli autori dello studio consigliano vivamente il vaccino alle donne in gravidanza o che hanno appena partorito. La ricerca è stata condotta su un piccolo gruppo di donne, appena cinque, e deve ancora

Dell’uso dell’aceto come conservante alimentare abbiamo traccia già in documenti babilonesi e nella Bibbia. Con Ippocrate l’aceto diventa una risorsa comunemente utilizzata per sanare ferite e infiammazioni, ma anche per uso sistemico, come antitussivo e antinfettivo; Medio Evo e Rinascimento mantengono questi impieghi e ne propongono altri, tra cui alcuni decisamente improbabili, come la cura della calvizie o la prevenzione di malattie epatiche. Negli Stati Uniti del XVIII secolo era del resto ritenuto un antifebbrile e un rimedio valido per la laringite difterica e la gastrite. Testimonianze cinesi, in scritti risalenti alla dinastia Ming (XVI secolo) confermano l’uso dell’aceto per la conservazione alimentare, ma anche per la disinfezione di ambienti (per esempio in occasione di un parto), o per l’efficacia antibatterica nell’uomo.L’aceto resta nei secoli una risorsa non sostituibile sui campi di battaglia, dove viene utilizzato come antisettico fino a tutta la Prima Guerra mondiale.Da non dimenticare l’uso diluito che dell’aceto facevano i legionari romani, consumandolo come bevanda che, anche nel Giappone dell’VIII secolo d.C., era ritenuta dai samurai un tonico tale da fornire forza e potere. In generale, il consumo di aceto di qualità per gli usi correnti, come ingrediente di condimenti, salse, ricette e come conservante è sicuro e ben tollerato. Ma

La maggioranza dei demografi è convinta  che non ci sarà un boom delle nascite   dopo la pandemia da Covid-19. Al contrario, come dopo molte altre crisi economiche, il tasso di natalità  sembra destinato a diminuire.  Il fatto provato- scrive in un interessante articolo, Chiara Comolli ricercatrice dell’Istituto  per le scienze sociali  di Losanna( Svizzera)- è che nelle società contemporanee a bassa natalità e a bassa mortalità,  in corrispondenza delle crisi economiche il numero dei nati diminuisce, ma fino a quando? Si chiede la ricercatrice che nel considerare alcuni aspetti tangibili come la perdita di lavoro, meno tangibili l’incertezza sul  futuro  indica in quest’ultimo la decisione di molte coppie  ad aspettare per vedere “ wait and  see”.   I figli aspettano.. ma non aspettano  i sistemi sanitari di gran parte dei paesi ricchi e non,  messi a dura prova dal Covid-19 . Una realtà, per altro annunciata quando- come in Italia- venivano sottratte importanti risorse economiche alla sanità- cui ora si cerca di porre affannosamente riparo. Ma a incrinare  le sanità pubbliche- e figuriamoci nei paesi a basso reddito- è un capovolgimento della piramide delle età che vede la popolazione anziana  in testa numericamente superiore   rispetto a quella dei bambini e

C’è una pandemia dolorosa e non più strisciante che colpisce le fasce più deboli della popolazione, in particolare i bambini: 830.000 genitori hanno dovuto rinunciare a curare i figli per ragioni economiche.  E’ quanto emerge da  un’’indagine condotta per Facile.it da mUp Research e Norstat su un  campione rappresentativo della popolazione nazionale*, tra marzo e dicembre 2020: circa 2,1 milioni di bambini e ragazzi si sono visti rimandare o annullare visite o esami medici. In particolare dai dati emerge che durante i primi 10 mesi dall’esplosione della pandemia, tra i genitori che avevano in programma una visita medica per il proprio figlio, quasi 6 su 10 si sono visti rimandare dalla struttura sanitaria, mentre il 16% ha dovuto addirittura fare i conti con la cancellazione totale dell’appuntamento. Sebbene il rinvio medio sia stato pari a 51 giorni, nel 49% dei casi la visita è stata rimandata sine die. I disservizi più frequenti sono stati registrati per esami e visite di ortopedia, odontoiatria e dermatologia, ma non sono stati esenti da problematiche anche patologie più gravi come ad esempio la cardiologia, dove il rinvio medio è stato pari a 37 giorni.La situazione di emergenza ha quindi spinto molte famiglie a rivolgersi ad