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Rubrica di Emanuela Medi
 

L’azione antisettica del vino: un’esperienza secolare

E’ indubbio che per le sue oltre quattrocento componenti chimiche, il vino può essere considerato un valido adiuvante dietetico in quanto apportatore di importanti nutrienti all’organismo: stimola la digestione e l’appetito, esercita un’azione rilassante e euforizzante.

Non sono stati pochi e ne parleremo a più riprese, i suoi impieghi come medicamento, tra questi l’uso intensivo nel trattamento esterno delle lesioni e delle ferite.
Nel secolo XIII, il medico chirurgo Lanfranchi, fondatore della Scuola di Chirurgia di Parigi, e il suo discepolo Henri de Mondeville, medico di Filippo IV, ne sostennero l’uso intensivo. Era opinione comune che l’applicazione del vino sulle ferite, oltre a preservare dalle infezioni, ne favorisse il processo di cicatrizzazione e guarigione.

Addirittura il chirurgo francese Ambroise Parè autore del famoso “ Metodo di trattare le ferite da archibugio e da altri bastoni da fuoco” ( 1545) adottò il vino cotto in luogo dell’olio bollente per le ferite sui campi di battaglia. Inoltre in assenza di anestetici veri, molto spesso il vino veniva usato come” anestetico generale”, contro il dolore e nel corso di amputazioni, oltre che in piccoli interventi chirurgici. Ma a parte questi sistemi empirici solo nell’Ottocento si ebbero i primi fondamenti scientifici del vino come antisettico, poco dopo la nascita della batteriologia. Nel 1892 si verificò a Parigi una epidemia di colera durante la quale un medico notò che i forti bevitori sopravvivevano di più degli astemi.
Di questa osservazione ne fece tesoro un medico militare austriaco tale Alois Pick ( noto per aver descritto la febbre da pappataci), il quale fece il seguente esperimento: introdusse alcune colonie di batteri del colera e dell’ileotifo in alcuni matracci contenenti in alternativa: acqua, vino bianco o rosso, oppure vino diluito per metà con acqua. Il risultato fu che mentre tutti i batteri sopravvivevano nell’acqua semplice, i vibrioni del colera dopo 10-15 minuti morivano nel vino puro e in quello diluito, e quelli dell’ileotifo dopo 24 ore. Pick ne concluse che anche il vino diluito esplica un effetto battericida. Da quel momento si pensò che l’azione “ assassina” fosse dovuta all’alcool.

Bisognerà aspettare il 1950 quando quando J Montesquie, professore di farmacologia alle facoltà di Medicina e Farmacia dell’Università di Bordeaux, riprendendo questi esperimenti scoprì che il sottogruppo dei polifenoli detto delle “antocianine”, in particolare la malvoside distrugge i batteri ancor più della penicillina. Dimostrò inoltre che il vino diluito con acqua in rapporto di 1:4 mostra- dopo 15 minuti- un potere antibiotico pari pari a quello di 5U. di penicillina/ml. Per di più il vino diluito anche a livello del 2% mostra ancora una qualche proprietà batterica. ”

Da “ Il vino come farmaco” di Luciano Sterpellone – Antonio delfino Editore
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Emanuela Medi giornalista professionista, ha svolto la sua attività professionale in RAI presso le testate radiofoniche GR3 e GR1. Vice-Caporedattore della redazione tematica del GR1 “Le Scienze”- Direttore Livio Zanetti- ha curato la rubrica ”La Medicina”. Ha avuto numerosi incarichi come il coordinamento della prima Campagna Europea per la lotta ai tumori, affidatole dalla Commissione della Comunità Europea. Per il suo impegno nella divulgazione scientifica ha ottenuto numerosi riconoscimenti: Premio ASMI, Premio Ippocrate UNAMSI, premio prevenzione degli handicap della Presidenza della Repubblica. Nel 2014 ha scritto ”Vivere frizzante” edito Diabasis. Un saggio sul rapporto vino e salute. Nello steso anno ha creato il sito ”VINOSANO” con particolare attenzione agli aspetti scientifici e salutistici del vino. Nel 2016 ha conseguito il diploma di Sommelier presso la Fondazione Italiana Sommelier di Roma.. Attualmente segue il corso di Bibenda Executive Wine Master (BEM) della durata di due anni.