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Rubrica di Emanuela Medi
 

Il ristorante di Montalbano

Ne ‘Il giro di boa’ di Andrea Camilleri, il settimo romanzo dedicato alle vicende del commissario Montalbano, il protagonista appare turbato da una profonda crisi esistenziale: disgustato dall’atteggiamento tenuto dalla polizia e dalla politica durante il G8 di Genova, Montalbano sta seriamente pensando di dimettersi e,come se non bastasse, ‘San Calogero’ la sua trattoria di fiducia ha chiuso i battenti. Il commissario inizia la ricerca di una degna sostituta e finalmente la trova, proprio quando ogni speranza cominciava ad abbandonarlo, nella trattoria ‘Da Enzo’, un ristorante arroccato nella parte alta della città di Vigàta.

L’antipasto fatto solo di polipi alla strascinasali parse fatto di mare condensato che si squagliava appena dintra alla vucca. La pasta col nìvuro di siccia poteva battersi degnamente con quella di Calogero. E nel misto di triglie, spigole e orate alla griglia, il commissario ritrovò quel paradisiaco sapore che aveva temuto perso per sempre. Un motivo principiò a sonargli dintra la testa, una specie di marcia trionfale. Si stinnicchiò, beato, sulla seggia. Appresso tirò un respiro funnuto. Doppo lunga e perigliosa navigazione, Ulisse finalmente aviva attrovato la sò tanto circata Itaca”.

Se dopo queste righe sognate anche voi un pranzo come quello di Montalbano sappiate che si tratta di un sogno realizzabile, poiché la trattoria “da Enzo” esiste davvero: si chiama “Il Timone” e, proprio come nel romanzo, si trova nella parte alta di Porto Empedocle, che altro non è che la ‘Vigàta’ dove si svolgono le gesta del commissario.
Enzo Sacco
, il proprietario, è una vera e propria istituzione della città, un siciliano DOC i cui modi apparentemente burberi nascondono una grande simpatia e gentilezza . Enzo da anni gestisce il locale con la sigaretta perennemente in bocca,sotto lo sguardo vigile del pappagallo Totò a presidiare la sala.
Il giro di boa’ e i successivi romanzi di Camilleri celebrano una cucina di altissima qualità, ma non aspettatevi ricercatezze e piatti sofisticati: polpo, polpette di neonata, sarde a beccafico e cozze sono gli antipasti, cui fa seguito un tris di primi composto da spaghetti al nero di seppia, alla carrettiera e con le sarde.
Come secondo vengono portati scampi, triglie, spigole, dentici,gamberi, (a seconda dal pescato) e una frittura eccellente, e infine viene servito un sorbetto di limone. Il tutto annaffiato da vino bianco a volontà da allungare con la gazzosa.

La cucina è ‘verace’, Il menù fisso (quindi si raccomanda di presentarsi pronti ad una mangiata abbondante e guai a chiedere variazioni!) l’arredamento è spartano ma, in questo locale è possibile gustare sapori autentici e nelle sere d’estate è possibile cenare all’aperto tra i tetti della città, in un’atmosfera davvero unica.

Matilde Scuderi, Giornalista

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