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Rubrica di Emanuela Medi
 

Intervista ad Alberto Carretti famoso all’estero, meno in Italia.


Come è arrivato a Copenaghen?
 “In realtà ci è arrivato il mio rappresentante che ha saputo interpretare i gusti e le tendenze dei Paesi nordici, Svezia, Danimarca, Olanda, Norvegia. Nazioni a forte carattere ecologico dove la gente ama  la natura e il benessere salutistico e quindi prediligono quei prodotti, come i miei vini, che hanno le caratteristiche di essere vini naturali, territoriali e di annata quindi non convenzionali. Ogni anno possono essere diversi perché rispecchiano le caratteristiche climatiche di quell’anno. Non hanno solfiti ne lieviti selezionati e rispecchiano fortemente il territorio, diversamente da quanto accade per molti vini molto lavorati dall’enologo tanto da renderli perfetti sul piano gustativo ma molto convenzionali e per nulla  territoriali.”

 Lei come ha iniziato?
“Nasco tecnico caseario specializzato in microbiologia casearia ma con l’animo da viticoltore.
Capisco subito che il futuro dei miei vini è il territorio e mi metto a cercare quello di cui avevo sempre sentito parlare in giro per la vallata: la presenza di vitigni autoctoni tanti, ora scomparsi. Chiedo a quei pochi pochissimi vignaioli della vallata i quali mi confermano la presenza di almeno 20 vitigni. Io personalmente ho scoperto, meglio ritrovato la termarina rosa, vitigno autoctono antico, un sinonimo del Corinto rosa: uva dagli acini minuti dolcissimi (un tempo ci si faceva l’uva sultanina) privi di semi. Molto fruttata con alto grado zuccherino  mescolata ad altre uve ne migliorava la qualità e il tenore alcolico. Quest’uva ha una particolarità che è solo di questa vallata: deve subire un’incisione anulare alla base del capo frutto, in caso contrario si può compromettere tutto il raccolto. Poche piante, allora ne avevo 50 oggi 2000 sovrainnestate sul Cabernet Sauvignon (peccato di gioventù  per la passione dei vitigni internazionali). Con quest’uva facciamo un passito ”Il Canto del Ciò” con metodo solera da uve biologiche di Termarina appassite al sole ottenuto senza aggiunta di solforosa, molto apprezzato che è entrato nel circuito del solera. Abbiamo molto diffusa la Barbera- naturale proseguimento dell’Oltrepò Pavese ma in forma più elegante meno austera di quella Piemontese, non manca ovviamente la bonarda da noi chiamata croatina e la malvasia di Candia aromatica che in realtà non è il vecchio vitigno originario. Stiamo recuperando la vecchia Malvasia di Parma odorosissima leggermente diversa dalla malvasia di Candia per la presenza di un leggero tannino e acidità fissa.”

Lei mi ha parlato più volte di territorio, Da un punto di vita pedoclimatico come si configura la Valceno?
 “I nostri territori sono molto antichi, risalgono al terziario, con marne violacee, sub alcalino  con un calcare molto attivo fino al 18%, tanto da imporre dei porta- innesti molto resistenti. Limo, argilla sabbia, sassi, ciotoli di fiume perchè la vallata anticamente era ricoperta da un lago. Formazione che regala vini  profumatissimi come la nostra malvasia, eleganti e fini caratteristica dovuta dalle forti escursioni termiche notte-giorno con una differenza anche di 20 gradi. Come ho già detto i nostri vini sono naturali, non utilizziamo lieviti se non quelli autoctoni, non facciamo crio-macerazione, ne macerazione a temperature controllate, niente acciaio, solo vecchie barrique utilizzate come contenitori.”

Allora Podere Pradarolo e i suoi vini, quale è il segreto del loro successo?
 “La definizione  più adatta per i miei vini è che sono tutti selvatici, fortemente territoriali, assolutamente naturali tanto da essere diversi ogni annata. Territorio e annata il mio binomio vincente. Parliamo del Velius, antico nome di Serravalle perché Podere Pradarolo si trova in una frazione del borgo: un rosso rubino dalla macerazione lunghissima, tre mesi in acciaio e cemento e poi 18 mesi in botte grande e successivamente in bottiglia, minimo sei mesi. Contiene 90% di barbera e 10% di croatina. Un vino lunghissimo che potrebbe durare 20 anni scarsamente minerale, senza tannini, ma molto  floreale con un tocco di violetta e fruttato da libesquero e vaniglia, sentore dato dal vitigno e non dal legno. Parlavo della Malvasia di Candia con cui produciamo il Vej, in tre versioni: passito, vino fermo da lunghissima macerazione e vino spumante. E’con questo spumante che tutti mi hanno dato del pazzo perché è l’unico spumante da vino macerato. ”

Una sfida alle regole della spumantistica? 
“Esatto: diciamo  che è una chimera enologica perché alla base del nostro spumante utilizziamo il mosto fresco dell’anno successivo come unico agente fermentante. Secondo le regole del metodo classico la macerazione estrae sostanze antischiumogene in particolare polifenoli che diluiscono la co2 e quindi interferiscono sulla presa di spuma e sulla persistenza della spuma. Inoltre utilizziamo la mallo lattica vista molto male, dal metodo classico. Ma  perché non provare, in fondo questo mio metodo era già stato messo a punto da Scacchi grande enologo marchigiano, 50 anni prima di Don Perignon. Risultati deludenti i primi anni, poi ho scoperto il segreto: una finestra temporale che non dura più di 24 ore nell’arco della quale si aggiunge il mosto. Obiettivo centrato per un Vino Spumante Metodo Classico- brut da Malvasia di Candia Aromatica in purezza, prodotto con uve biologiche a lunga macerazione (60gg) senza solforosa, lieviti autoctoni. Vinificazione e  affinamento solo in acciaio poi 24 mesi sui lieviti. Una bella scheda tecnica per uno spumante dal sentore netto di rosa antica, con tannini ben presenti ma dal corpo rotondo.”
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Emanuela Medi giornalista professionista, ha svolto la sua attività professionale in RAI presso le testate radiofoniche GR3 e GR1. Vice-Caporedattore della redazione tematica del GR1 “Le Scienze”- Direttore Livio Zanetti- ha curato la rubrica ”La Medicina”. Ha avuto numerosi incarichi come il coordinamento della prima Campagna Europea per la lotta ai tumori, affidatole dalla Commissione della Comunità Europea. Per il suo impegno nella divulgazione scientifica ha ottenuto numerosi riconoscimenti: Premio ASMI, Premio Ippocrate UNAMSI, premio prevenzione degli handicap della Presidenza della Repubblica. Nel 2014 ha scritto ”Vivere frizzante” edito Diabasis. Un saggio sul rapporto vino e salute. Nello steso anno ha creato il sito ”VINOSANO” con particolare attenzione agli aspetti scientifici e salutistici del vino. Nel 2016 ha conseguito il diploma di Sommelier presso la Fondazione Italiana Sommelier di Roma.. Attualmente segue il corso di Bibenda Executive Wine Master (BEM) della durata di due anni.