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Rubrica di Emanuela Medi
 

La ballata di Lily the Pink

Attingendo all’antica filastrocca popolare nota come The Ballad of Lydia Pinkham, il gruppo inglese degli Scaffold la portò a un successo internazionale nel 1969 col titolo Lily The Pink. Gli Scaffold provenivano, come i Beatles, da Liverpool: ne facevano parte Peter Michael McCartney, fratello del più noto Paul, col nome d’arte di Mike McGear, Roger McGough e John Gorman. Furono attivi per tredici anni, dal 1964 al 1977.

La canzone Lily the Pink, dal ritmo orecchiabile e accattivante,era ispirata a una imprenditrice americana, al secolo Lydia Pinkham (1819 – 1883) che aveva inventato e messo in commercio una bevanda a base di erbe e alcool per alleviare i dolori mestruali. Il prodotto, venduto col nome di Vegetable Compound ebbe grande successo. Le sue presunte virtù taumaturgiche diedero luogo alla ballata che si diffuse rapidamente nel mondo anglosassone e da cui trassero spunto gli Scaffold nel loro arrangiamento, che esordiva in modo piuttosto irriverente per la religione: Lily the Pink veniva definita the Saviour of the human race, appellativo tradizionalmente riservato a Gesù.

Come per la versione italiana, il testo abbonda di non-sense: un tizio con il complesso delle orecchie a  sventola,dopo aver bevuto il miracoloso miscuglio, si mette in pista per imparare a volare; un altro, cronico inappetente,tutto pelle e ossa, dopo aver trangugiato la bevanda diventa un grassone da spostare in carrozzella; un vecchio squilibrato che si riteneva Giulio Cesare, con il prodigioso composto diventa addirittura imperatore;  un tizio afflitto da balbuzie si trasforma  in un torrenziale chiacchierone da cui stare alla larga; la zia Milly soffriva di mal di piedi tanto da non poter camminare e la miracolosa bevanda le mise per così dire il turbo, tanto da guadagnarle l’appellativo di Milly-piedi; una ragazza lentigginosa sfuggita da tutti divenne ricercatissima grazie all’effetto che le fece il toccasana.

Quando però –ed ecco la nota triste – Lily ingerì per sbaglio della paraffina, la sua miracolosa pozione non riuscì a salvarla. Gli angeli la accolsero cantando in cielo e tutte le campane risuonarono in suo onore, ma Lily non dimenticò di portare con sé in Paradiso la sua miracolosa invenzione .Dal testo inglese riportiamo la prima strofa che è un invito a bere alla salute di Lily e che ricorre nel corso della canzone come ritornello:

We’ll drink a drink, a drink
To Lily the Pink, the Pink, the pink
The savior of the human race
For she invented medicinal compound
Most efficacious in every case

Il testo inglese gioca sulla paradossale efficacia del medicinal compound, senza precisare la sua composizione, che era del resto un segreto industriale. Mentre il testo italiano individua senza esitazione la bevanda sacra a Bacco in alcuni celebri vini (Barbera, Moscato, Grignolino) come “la medicina del mondo in rovina”, il testo inglese è più restio a scendere in particolari.  Tuttavia si trattava senza dubbio di un prodotto a base di erbe e alcool, come si leggeva nell’etichetta, simile probabilmente a vermouth, aperitivi o digestivi, o a più sofisticati intrugli.

Senza dubbio fu proprio sull’onda della diffusione e notorietà del medicinal compound di Lydia Pinkham che diversi farmacisti, improvvisatisi inventori, riuscirono a creare nel loro modesto retrobottega o in più sofisticati e attrezzati laboratori dotati di alambicchi e marchingegni vari, prodotti che a quello si ispiravano, nella speranza di emularne il successo. Del resto, in un’epoca in cui l’industria farmaceutica muoveva i primi passi, era a farmacisti e speziali che veniva affidato il compito di preparare prodotti galenici e misture varie, spesso di dubbia efficacia, ma che per un effetto placebo molti pazienti ritenevano fideisticamente in grado di curare le più svariate malattie. Parecchie effimere bottiglie di improbabili virtù terapeutiche invasero il mercato senza lasciare traccia e non era raro incontrare per le strade della Frontiera, come appaiono in diversi film western, baffuti imbonitori che su malandati carri magnificavano le virtù di questo o di quel toccasana, miracolosi elisir buoni a curare ogni malattia.

Ma tre anni dopo la morte di Lydia Pinkham, nel 1886, John Stith Pemberton, un farmacista di Atlanta, mise in commercio un prodotto che avrebbe avuto un successo planetario e che battezzò Pemberton’s French Wine Coca. La celeberrima Coca Cola nacque, e non tutti lo sanno, anch’essa come rimedio per il mal di testa, stanchezza e stress. Pemberton tuttavia non fu in grado di sfruttare la sua invenzione; dopo un solo anno, oppresso dai debiti, vendette per qualche migliaio di dollari la formula e tutti i diritti a un più abile uomo d’affari, Asa Candler, il quale aveva intuito che quella gradevole bevanda, mediante un adeguato battage pubblicitario, avrebbe avuto successo, quel successo che in effetti dura ancora oggi.

Terminiamo con una curiosità: nel periodo del loro maggior successo i Beatles stavano per diventare testimonials della Coca Cola, ma la trattativa fallì per divergenze sul compenso da corrispondere al gruppo di Liverpool.

Giacomo Di Fiore, già docente Istituto Orientale

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