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Rubrica di Emanuela Medi
 

Peccati di gola. Un insolito tributo ad Ave Ninchi

Ci sono stelle del cinema che diventano icone. Altre riescono addirittura a diventare un’Idea.

È il caso di Ave Ninchi (attrice marchigiana di nascita, triestina d’adozione e cittadina illustre della romana Cinecittà del periodo aureo) idea e ideale del nuovo gioco letterario di Ignazio Gori “Peccati di gola. Insolito tributo ad Ave Ninchi” uscito per i tipi della Ponte Sisto edizioni nel ventennale della morte dell’attrice, avvenuta il 10 novembre 1997.

“Insolito” anche perché non siamo di fronte a una semplice biografia: si tratta di un testo impossibile da confinare in un genere preciso, formato da frammenti della vita quotidiana e dei sogni di un’aspirante attrice oversize (per la quale Ave è un’ispirazione nonché un modello insieme etico ed estetico) che vanno mescolandosi senza soluzione di continuità alla voce dell’autore. Ne risulta un affascinante collage di immagini mentali dove il vero, il verosimile e l’invenzione si scambiano i ruoli senza posa. D’altronde non avviene esattamente la stessa cosa quando si rievocano le storie dei miti del passato, recente o lontano che sia?

A corredo del testo ci sono foto dell’attrice marchigiana, molte delle quali inedite, fornite dalla famiglia, e in particolar modo da Marina Ninchi (unica figlia di Ave), la quale ha voluto ricordare sua madre anche con un’intervista in appendice al testo. È un libretto agile, nato proprio dalle conversazioni di Ignazio Gori con Marina, durante le quali la figura dell’immensa attrice è stata ricordata nel suo essere “insieme mito e anti-mito”. Il perno sul quale ruota il testo è infatti la grandissima passione per il cibo della Ninchi, che la portò a condurre ‘In tavola alle 7 (unanimemente considerato il “progenitore” dei moderni programmi tv sulla cucina) ma anche a raggiungere una stazza ragguardevole. Eppure, nonostante la non convenzionalità del suo aspetto fisico, raggiunse una grandissima popolarità, superiore a quella di molte “maggiorate” col vitino da vespa e, successivamente, di molte emulatrici della filiforme Twiggy. La Ninchi è stata a lungo l’emblema dell’”antisnellezza” nello spettacolo italiano, risposta gradita e ironicamente esagerata agli esagerati cliché di fitness della società, anche di quella odierna:

«Ave Ninchi sarebbe stata una vicina di casa ideale: quella che ti presta il sale quando improvvisamente ti accorgi che lo hai terminato, o il caffè quando non ne hai abbastanza per gli ospiti a colazione.

Quella che controlla tuo marito con discrezione, dopo aver appurato da perfetta “signora in giallo” la tresca per ora solo platonica, con la spilungona dell’interno otto, una svedese magra come una scopa e – orrore degli orrori – estremista vegana».

Matilde Scuderi – Giornalista

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