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Rubrica di Emanuela Medi
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E’ una vicenda che si trascina da tempo senza una soluzione definitiva. Purtroppo solo 11 vitigni saranno “distintivi”- termine che indica l’antico legame con il territorio e di conseguenza inseriti e designati in etichetta-con il nome di un luogo geografico o di origine-diventandone un tutt’uno . Così sembra dalla voci che arrivano dal Ministero Politiche Agricole (ministra Teresa Bellanova) nel panorama di oltre 400 vitigni nazionali più o meno interessati e legati alla produzione di un vino Docg, Doc, Igt . Già dal 1967-1980 in poi,   furono autorizzati e anche raccomandati alla coltivazione in una o più Regione italiana, certificati spesso in purezza al 100% in diversi vini ,oggi anche molto rinomati In Europa fu contestato all’Italia l’uso del termine “distintivo” – inteso come parte integrante delle Denominazioni di Origine stesse quindi sotto tutela – in quanto sembrava un escamotage, mentre altro non è che quello stretto rapporto con il territorio  nel quale per secoli  sono stati prodotti questi vini che sono diventati fiori all’occhiello dell’enologia italiana, proprio anche per il metodo produttivo, o per la tipologia e caratteristica, per la purezza dell’utilizzo dell’uva stessa diversa da altra cultivar anche limitrofa e molto simile. Una esclusività e una protezione

Che i bianchi dell’Alto Adige impressionino per eleganza, freschezza, complessità tanto da essere gustati più in loco che all’estero è solo una conferma  di quanto i Pinot Bianco, l Muller Thurgau, i Gewurztraminer e poi ancora gli Chardonnay, I Sauvignon siano apprezzati dai palati altoatesini che hanno anche la fortuna di avere a pochi metri l’una dall’altra  lungo la strada del vino ( Bz), cantine storiche , fortemente radicate nel territorio e dagli impareggiabili vini. [caption id="attachment_14239" align="alignleft" width="345"] Vigneto Nals Magreid[/caption] E’ il caso dell’azienda Nals Margreid, e di una storica area di produzione posta nella Bassa Atesina  da cui provengono le uve Chardonnay da cui nascono alcuni dei grandi vini della cantina. La zona precisa è quella di Magrè, antichissimo insediamento urbano circondato da coltivazioni a vigneti e frutteti. In questo contesto naturale, caratterizzato da terreni in leggera pendenza con suoli di sabbia e ghiaia calcarea ad alto contenuto di humus e da un clima tra i più caldi dell’intero Alto Adige, crescono le uve Chardonnay di Nals Margreid, i cui grappoli raggiungono la piena maturazione fenolica fino a una quota di 220 metri prima di essere portati in cantina per la pressatura. Dalle uve Chardonnay prodotte a Magrè nascono tre

Quattro millesimi per approfondire l’etichetta meno nota, più limitata e intrigante della maison spumantistica più nota d’ Italia In principio era  la “Cuveè Prestige”, classico “brut sans anneè” a rappresentare la più pura espressione  dello “stile Ca’ del Bosco”. Poi arrivò il Satèn, il cui nome, coniato dal patron Maurizio Zanella, intende proprio evocare la morbidezza setosa che la minore pressione atmosferica (circa 4,5 atmosfere invece delle canoniche 6) conferisce a questo particolare spumante. Quest’ oggi, a fronte di una sempre crescente richiesta di prodotti meno morbidi e più verticali, sono i Dosage Zero, ed in particolare il Dosage Zero “Noir”, a rappresentare il nuovo volto della maison più celebre della Franciacorta. Dosage Zero “Noir” è sinonimo di Pinot Nero in Purezza, proveniente da tre vigne poste ad oltre 400 metri d’altitudine. Affinato sui lieviti per almeno 8 anni e dosato con solo vino a seguito del degorgement, effettuato in assenza di ossigeno onde “evitare shock ossidativi e aggiunte di solfiti”). Si ottiene così una purezza d’espressione più unica che rara nel contesto Franciacortino. Degustazioni 2008 Ultima annata in commercio, sboccata ad inizio 2017. Veste oro grigio attraversata da un perlage fine ma evanescente, tipico degli spumanti lungamente affinati. L’olfatto evoca subito la nobile

GENNAIO: Egly Ouriet - Champagne "Viellissment Prolongè" La mia annata è cominciata con un bel gioiello oramai divenuto grande classico. 82 mesi di affinamento per un “Blanc d’ Assemblage” massiccio, terziario, torrefatto, ideale per ravvivare le giornate uggiose del primo mese dell'anno. FEBBRAIO: Fontodi - Flaccianello della Pieve 1983 Sono stato a Panzano in Chianti a inizio mese, insieme ai colleghi del quinto Master Bibenda. Memorabile l'incontro con Giovanni Manetti e con il suo Flaccianello della Pieve 1983, che, maturo ma ancora scalpitante, mi ha proposto aromi di foglie secche, tabacco e tappezzeria antica, adagiati su di una bella impalcatura sapida e cullati da un tannino ancora vispo. Chapeau! MARZO: Dal Forno - Amarone della Valpolicella "Monte Lodoletta" 2004 In un BibendaDay ricco di conferme e di sorprese, è avvenuto il mio primo incontro con il vino di Dal Forno. Ammetto di non amare la tracotanza alcolica di alcuni Amaroni, ma da subito il "Monte Lodoletta" mi è sembrato molto diverso. Naso ovviamente improntato sulla frutta sciroppata, ma ricco anche di suggestioni di menta, tabacco dolce, spezie orientali e cacao. Sorso caldo il giusto e semplicemente infinito in persistenza! APRILE: Albert Mann – Riesling Grand Cru Schlossberg 2013 Fiori bianchi a primavera, intessuti nel ventaglio idrocarburico diquesto

Vendemmia difficile il 2017, in Franciacorta Colpita dalla gelata di primavera che ha causato una riduzione delle rese del 30%. "Solo in primavera - dice Silvano Brescianini, Vice Presidente del Consorzio Franciacorta - potremo fare un consuntivo. Molto dipende dalla gestione che le cantine hanno deciso di intraprendere nei mesi successivi le gelate. Per quanto riguarda il forte caldo - precisa Brescianini- questo non inciderà in modo negativo sulle rese essendo la vite una pianta mediterranea che sopporta il caldo e la scarsità delle piogge”. Pioggia di riconoscimenti per Villa Russiz: il Sauvignon De la Tour 2015 Ha ottenuto da metà 2017 il maggior numero di premi. Vitigno di origine francese, introdotto in Italia da Theodor De la tour si presenta fresco e seducente con gli inconfondibili sentori di pesca a pasta bianca e sambuco e retrogusto agrumato di pompelmo rosa. Vino di grande corpo, elegante e vellutato. Oro e argento per i vini doc di Cantine Volpi Medaglia d’oro del Gilbert& Gaillard per il” Timorasso DOC Cascina La Zerba Volpedo 2015” e quella d’argento del Frankfurt International Trophy a cui si aggiunge l’oro per il “ Moscato DOC Piemonte 2016” “ . Mineralità, struttura, profumi e intensità il Timorasso 2015, dolcezza, armonia e freschezza

Trattare le viti il meno possibile per dare alle stesse la vera patente del biologico? È una strada interessante, e non solo per il biologico. La parola naturale sicuramente sbandierata e spesso non vera è però un richiamo irresistibile, allora diamole una base scientifica. Parliamo di una strada percorribile e percorsa che sta dando buone risposte: incroci tra tipi diversi di vitigni in modo da ottenere ibridi al fine di creare nuove varietà di vite resistenti alla peronospora e all’oidio. Si rispetta l’ambiente ed è una risposta salutistica ampiamente richiesta. Insomma ridare alla natura la sua vera identità ed evitare di trattare le viti: è possibile? Pionieri i Tedeschi e gli Austriaci che ne hanno fatto una scienza visto il clima freddo e umido di certo non ideale per le molte malattie fungine dannosissime per le viti. Anche nel 1998 l’Università di Udine e l’IGA avevano avviato un intenso programma di ibridazione, portati avanti successivamente anche in collaborazione con i Vivai Cooperativi Rauscedo. “Si tratta-dice Eugenio Sartori Direttore dei Vivai Cooperativi Rauscedo-di effettuare degli incroci tra le varietà di Vitis Vinifera e altri vitigni tipo l’asiatica Amurensis molto resistente all’oidio e alla peronospora, per ottenere una nuova varietà non molto diversa