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Rubrica di Emanuela Medi
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Quando nel febbraio del 1918 il critico d’arte François Thiébault-Sisson va a trovare Claude Monet nella casa con il rigoglioso giardino a Giverny, in cui trascorre gran parte della vita, si trova davanti un uomo gioviale, dagli abiti leggermente demodè, con mani magre, spirito energico e una lunga barba bianca. Sono per Monet gli anni successivi alla crisi determinata dalla malattia dei suoi occhi, che lo aveva costretto a una pausa perché “I colori non avevano più la stessa intensità per me; non dipingevo più gli effetti della luce con la stessa precisione.” Nella lunga conversazione riportata dal critico, il pittore racconta che "un giorno benedetto" ha la sensazione che la malattia sia passata, e comincia a fare esperimenti per rendersi conto dei limiti e delle possibilità della sua vista. Con grande gioia realizza che, nonostante da vicino avesse ancora difficoltà, da lontano i suoi occhi non lo tradiscono e, da quello che definisce "un punto di partenza molto modesto", torna a sperimentare. Monet torna ad affrontare alcuni temi già esplorati nel corso della sua carriera: “Avevo sempre amato il cielo e l’acqua, il verde, i fiori. Tutti questi elementi potevano essere trovati in grande abbondanza qui nel mio piccolo stagno”. Dice: “sapevo cosa

“I colori dello Champagne” è la quarta tappa di un viaggio visivo-sensoriale alla scoperta delle sensazione che può offrire uno Champagne…questa volta in abbinamento con l’arte. La proposta in un incontro organizzato recentemente a Milano dal Bureau du Champagne che ha voluto mettere a confronto alcune grandi opere e le bollicine attraverso un comune linguaggio. Dopo olfatto, udito e tatto, la vista è stata la protagonista di una degustazione condotta da Pietro Palma, ambasciatore per l’Italia ,dello Champagne 2018 e da Arianna Piazza storica dell’arte. La degustazione si è basata sulla capacità evocativa dei colori delle opere d’arte in rapporto ai colori dello champagne: dall’oro antico, al giallo grigio o verde, al paglierino e rosa salmone. Anche alcune parole usate per descrivere un’opera d’arte    come” tessitura” e” sfumatura” sono risultate essere le stesse per una bollicina” : un modo, anche questo, diverso per descrivere il vino pardon , uno champagne. Dall’incontro è emerso che dei cinque sensi, la vista  è quello maggiormente in grado di svelare i segreti racchiusi in un bicchiere: colore dal colore giallo-verde dello Chardonnay, alle tonalità più scure del  Pinot Nero, ai rosa pallido e/o aranciati legati all’invecchiamento della bottiglia. Che lo champagne sia sempre