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Rubrica di Emanuela Medi
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Giugno 2017

E’ vero ci siamo un poco innamorati della Valceno e dei suoi prodotti, e allora quale posto migliore se non un ristorante per gustarli nella loro ricchezza di sapori e odori?  IL Ristorante “Le due spade” collocato nella parte più antica di Bardi - antichissimo borgo della Valceno - e precisamente nella Piazza del Grano  in ricordo degli antichi granai del Castello, ha un odore e un carattere inconfondibile: i porcini e il tartufo della zona e la parlata inglese, meglio gallese. Ce lo spiega Massimo Berzolla, proprietario del locale, cuoco autodidatta nato a New York  con lunghissimo soggiorno in Inghilterra e ora a Bardi. “ A partire della metà dell’Ottocento - dice-  inizia l’epopea della emigrazione, la Valceno non è da meno: in molti si trasferiscono in America e in Inghilterra, precisamente nel Galles. Io nasco a New York da madre la cui famiglia era emigrata nel Galles e da padre con genitori praticamente americani. Moltissimi dei figli, nipoti, pronipoti tornano a Bardi e non solo d’estate, costituendo una colonia in gran parte inglese e ovviamente parlano inglese, meglio gallese.”Il menu  cede il posto d’onore ai tartufi della zona bianchi e neri e ai porcini. I secondi non sono

Parlare con Renzo Cotarella attuale amministratore delegato della Marchesi Antinori, significa non solo ripercorrere la storia di un grande vino, il Cervaro, ma anche quella di una grande azienda e di un progetto che ha saputo interpretare e valorizzare, al meglio, il territorio in cui si è sviluppato.Simpatico, incisivo con una parlata senza fronzoli, Cotarella mi ha ripetuto più volte ”Questa è la vera storia del Cervaro”. " Mi sono innamorato del luogo: un innamoramento disincantato, da fanciullo: era la primavera del 1979 avevo 26 anni, ero temerario, incosciente - come lo si è a quell’età - ma sentivo questa terra, l’Umbria dai grandi vini bianchi come lo è la Toscana dai grandi vini rossi. 170 ettari, mamma mia! Tanti, da valorizzare, per ottenere vini bianchi dotati di maggiore personalità rispetto a quelli che si producevano allora, nel’area dell’Orvietano classico, dove è situato Castello della Sala. Cambiare, valorizzare mantenendo l’identità di un territorio ricchissimo di calcare, di sedimenti vulcanici che avrebbero potuto regalare vini bianchi profondi e molto minerali. Quando venni nel '79 in questa azienda si produceva solo Orvieto, Grechetto e Trebbiano: tre varietà autoctone che ci davano una grande preoccupazione: la maderizzazione ovvero il rapido cambiamento di colore

Il Castello della Sala ha una storia molto tormentata e antica, costruito nel 1530 per volontà di Angelo Monaldeschi della Vipera, potente famiglia dell’Orvietano, giunta in Italia nel IX sec a seguito delle truppe di Carlomagno. Certo I Monaldeschi non furono una famiglia pacifica: si divisero in quattro clan sempre in lotta tra loro. Come in tutte le grandi, piccole famiglie c’è sempre qualcuno che vuole fare il “capo”: nella famiglia Monaldeschi fu Gentile Monaldeschi della Sala che non fu ne gentile ne signore. Visse al Castello per 10 anni, in perenne lite con il Papato, sufficientemente crudele e litigioso con i vicini: il Papa Paolo II per toglierselo di mezzo lo nominò comandante delle sue truppe in Romagna. Fortuna o disgrazia volle che Gentile morì in un combattimento e da allora Castello della Sala con tutte le proprietà, passarono allo Stato Pontificio, segnando un periodo di relativa pace. La storia fece il suo corso: con l’Unità d’Italia, furono espropriati i beni della Chiesa e il Castello passò a nuove mani, forse non fortunate perché appena potè lo Stato Italiano lo vendette a privati l’ultimo dei quali fu il Marchese Nicolò Antinori che lo acquistò nel 1940 per tre milioni

Non poteva esserci titolo più emblematico e rappresentativo per il 10° Forum Internazionale della cultura del vino e dell’olio. Il tutto si racchiude un una parola, meglio in un concetto: Cultura, ma quale , dove? Dice bene Franco Maria Ricci, presidente della Fondazione Italiana Sommelier, che il Forum rappresenta una giornata contro l’impotenza e l’immobilismo di un Paese. Un Paese che non si occupa e che ha paura di far conoscere il Vino italiano, al primo posto al mondo. Ma non si tratta solo di cultura del vino, sconosciuto –tranne una sparuta minoranza- a oltre 60 milioni di persone. Si tratta anche e molto di olio, altra grande eccellenza italiana, ma anche di pomodoro, basilico prodotti che nessun altro paese al mondo  nemmeno sogna di produrre

E’ uno degli appuntamenti più seguiti dai wine&food lovers: dal 2 al 16 giugno vino,  grandi chef, arte cultura, natura e sport animeranno uno dei territori più vocati e famosi per le bollicine, del nostro paese.Ci piace segnalare le due giornate clou: il 17-18 giugno con le cantine aperte a micro eventi a tema,visite guidate e degustazioni. Aperte al pubblico anche le aziende di prodotti tipici e distillerie, che  sveleranno ai visitatori i segreti delle loro lavorazioni. Ristoranti, trattorie, agriturismo e wine bar offriranno personalissimi Menu festivalDomenica 18 si replica ma con momento diciamo “molto allettante” che vedrà tutti i protagonisti della Franciacorta ritrovarsi nello storico e scenografico Palazzo Monti della Corte  di Nigoline di Corte Franca per un raffinato Brunch Pic Nic con piatti d’autore. Nemmeno a dirlo Chef locali e Chef ospiti daranno il meglio di sé con insospettate creazioni. La solita bevuta e mangiata? Onestamente no, il festival d’Estate propone molti momenti di cultura per conoscere il territorio antichissimo, i vitigni autoctoni e la nascita della grande storia delle” bollicine” raccontata da grandi e piccoli imprenditori  che hanno creduto nel loro patrimonio ampelografico.