Certo non nasconde la sua soddisfazione per i risultati lusinghieri e non solo di stampa, del convegno “Bianco come il vino”, svoltosi recentemente a Jesi, Alberto Mazzoni Direttore dell’Istituto Marchigiano di Tutela Vini per celebrare i 50 anni (1968-2018) della DOC Verdicchio Castelli di Jesi.
Complice l’indagine Nomisma Wine Monitor sulla crescita nel mondo dei vini bianchi fermi italiani, del riconoscimento a un vino italiano precisamente il Gewustraminer EpoKale 2009 della cantina Tramin (Alto Adige) che ha ottenuto il punteggio massimo 100/100 aggiudicato da Robert Parker il guru i “ The wine Advocate”, complici in particolare i giudizi entusiasti dei bujers, giornalisti e sommelier internazionali che hanno partecipato alla tre giorni (30 Agosto-2 Settembre) di “ Collisioni Jesi”, convegno organizzato da Jan D’Agata con ll suo progetto Indigena, e da IMT.
Tre giorni intensi con degustazioni dei Verdicchi Castelli di Jesi di almeno 30 aziende locali che hanno potuto interloquire con i partecipanti stranieri. Tre giorni di raffinati momenti dal gusto marchigiano, e spazi culturali , come un concerto di lirica del Festival Spontini .
Alberto Mazzoni 50 anni della DOC Castelli di Jesi, ora si riparte con un passato già costruito.
“Si tecnicamente in questi anni abbiamo messo a punto molto bene tutto il discorso viticolo, quello legato alla tecnologia e alla produzione. In dieci anni è stata contingentata la produzione di Verdiccho Castelli di Jesi, triplicata la superficie di ettari vitati per azienda, rinnovato non meno di oltre 550 ettari e l’imbottigliamento fuori zona è calato del 75%. E- tengo a dirlo- su 100 aziende che producono verdicchio almeno 65 hanno ottenuto un premio oltre ad essere il vino bianco fermo da 4 anni il più premiato dalle migliori guide italiane . Abbiamo investito nel territorio e nella qualità: chi arriva in questa parte delle Marche tra tra Macerata e Ancona oggi trova aziende hanno saputo esprimere un prodotto particolare, buono, di qualità anche se non sempre altissima, espressione di un territorio cui non manca un enoturismo che si sta sviluppando.” Ricorda il direttore del maxi – consorzio marchigiano( 472 soci per 15 denominazioni) che i 2/3 delle uve sono trasformate da singole aziende e solo 1/3 da cooperative e se il sistema cooperativo un tempo dominava il mercato oggi questo è appannaggio dei produttori( 60% a volume)
Certo non manca il dinamismo e la voglia di fare progetti
Dobbiamo fare un salto di qualità a partire dal territorio che deve essere differenziato (2.200 ettari) ,creando arre diverse per differenziare il prodotto , aumentare il prezzo medio della bottiglia che si può aumentare dando valore aggiunto. Abbiamo capito che il vino bianco vale di più dove si investe maggiormente e noi lo possiamo fare dando ai nostri Verdicchi quella longevità che è già insita ma che può essere aumentata a garanzia di un grandissimo vino. Possiamo benissimo chiedere e ottenere un prezzo medio tra i 5-6 euro alla bottiglia, oggi è sui 2.50 sinceramente ingiusto. Quindi, qualità, valore aggiunto, mercati internazionali e dobbiamo far conoscere la nostra cultura. Le Marche sono una scoperta infinita in senso meno Leopardiano, abbiamo mare e dolcissime colline, cittadine bellissime con castelli, ora partirà il progetto Castelli di Jesi in collaborazione con il festival Spontini( abbiamo e più di 100 teatri) un natura nascosta ma da scoprire come le Grotte di Frasassi.. tutto questo per far capire i valore di questa terra.
Un passaggio importante questo dell’accoglienza e ancora?
Dobbiamo rafforzare l’imbottigliamento in zona a garanzia del prodotto e rafforzare il controllo sulla tracciabilità ,consapevoli , nella gradualità- perché le Marche sono un territorio immenso – di aumentare l’area del biologico tale da coprire l’intera zona della produzione Castelli di Jesi affinchè diventi tutta BIO. Le riconversioni durano tre anni e dobbiamo coinvolgere tutte le aziende. Quindi biologico, cultura, turismo, longevità saranno le i punti su cui vogliamo insistere per aumentare il prezzo medio e supportare anche il ricambio generazionale
Emanuela Medi, giornalista