a

I Tag di Vinosano
Rubrica di Emanuela Medi
 

Boccaccio e lo straordinario vino del fornaio – Parte Terza

Quello stesso giorno il fornaio si recò a casa di messer Geri recando una botticella del suo vino e gli disse:“Messere, io non vorrei che voi credeste che il gran fiasco stamane m’avesse spaventato: ma parendomi che vi fosse uscito di mente ciò che io a questi dì co’ miei piccoli orcioletti vi ho dimostrato, cio è che questo non sia vin da famiglia, ve lo volli stamane raccordare. Ora, perciocché io non intendo d’esservene più guardiano, tutto ve l’ho fatto venire. Fatene per innanzi come vi piace”.

Con questa dichiarazione il fornaio elargiva un dono che appariva scontato aver deciso che appartenesse fin dall’inizio al nobile fiorentino (“io non intendo esservene più guardiano”), il quale non poteva non apprezzare la finezza del dono e delle parole che lo accompagnavano.

Infatti messer Geri ne fu assai contento (“ebbe il dono di Cisti carissimo”), e non mancò poi di disobbligarsi con lui (“e quelle grazie gli rendé che a ciò credette si convenissero e sempre poi per da molto l’ebbe e per amico”).

Se leggiamo da un’altra angolatura questa novella, al di là della fulminante risposta “Ad Arno”(per dire che grandi fiaschi si possono solo regalare pieni di acqua e non di vino) che ne costituisce il nocciolo, ci rendiamo conto che Cisti non era affatto il prototipo dell’ingenuo e rozzo plebeo arricchito, del villan rifatto,ma un furbo di tre cotte che sapeva muoversi nel mondo e guadagnarsi il favore dei potenti, lui che patrizio non era, ma che ambiva ad avvicinarsi in qualche modo a loro. 

Se non poteva frequentarli da pari a pari per le sue umili origini, egli sarebbe riuscito a farsi benvolere con la sua intelligenza e il suo modo di fare, superando la rigida differenza di ceto che lo divideva dal mondo dorato dell’aristocrazia fiorentina. Perché architettare quella piccola sceneggiata per far venire l’acquolina in bocca a messer Geri e ai suoi importanti ospiti se non con lo scopo di intrattenere una qualche relazione coi potenti che, oltre ad appagare la sua vanità, poteva recargli un qualche giovamento in futuro? 

Eppure qualcosa stona in questa novella del più celebre scrittore italiano di novelle: quella laconica risposta avrebbe potuto sembrare insolente a un altro destinatario più permaloso di messer Geri, e Cisti si sarebbe fatto un nemico mortale per una battuta di spirito: come si permetteva un panettiere di dar lezioni di comportamento a chi stava tanto più in alto di lui? Ma evidentemente il fornaio doveva conoscere l’indole di messer Geri.

Va infine osservato che il fornaio, sebbene di umili origini, era anche un po’“classista”, diremmo oggi, nell’animo. Mentre lui e i nobili potevano gustarlo e apprezzarlo,i servi non erano degni del suo vino. I suoi garzoni,che in fin dei conti provenivano al suo stesso ceto, non dovevano aspettarsene “neanche una gocciola” e così naturalmente anche i servi di messer Geri. 

Il vino del fornaio era per palati fini e aristocratici, quegli aristocratici ai quali egli voleva in qualche modo accostarsi, anche se solo di sfuggita. Perché l’uomo, nonostante avesse azzardato quella irriverente battuta, era perfettamente consapevole del suo livello sociale. Certo, avrebbe raccontato compiaciuto che alla sua tavola avevano bevuto un nobile e tre ambasciatori pontifici; mail fornaio era troppo esperto del mondo per non rendersi conto che quelle fugaci frequentazioni generate dalla sua astuzia e da circostanze eccezionali non alteravano il suo status sociale: egli doveva stare al posto che la nascita e la fortuna gli avevano assegnato: era questa l’etica del tempo. Per questa ragione si era saggiamente schermito dall’andare al convito che messer Geri aveva approntato agli ambasciatori in partenza, invitando, assieme ai “cittadini più onorevoli”, anche lui, Cisti fornaio, il quale “per niuna condizione andar vi volle”, ben sapendo che in quel consesso, sebbene intelligente e astuto, sebbene capace di fare “il migliore che essi avessero gran tempo davanti bevuto”si sarebbe probabilmente trovato a disagio.

Giacomo Mezzabarba

Tag degli articoli
Condividi sui social network
Scritto da

Emanuela Medi giornalista professionista, ha svolto la sua attività professionale in RAI presso le testate radiofoniche GR3 e GR1. Vice-Caporedattore della redazione tematica del GR1 “Le Scienze”- Direttore Livio Zanetti- ha curato la rubrica ”La Medicina”. Ha avuto numerosi incarichi come il coordinamento della prima Campagna Europea per la lotta ai tumori, affidatole dalla Commissione della Comunità Europea. Per il suo impegno nella divulgazione scientifica ha ottenuto numerosi riconoscimenti: Premio ASMI, Premio Ippocrate UNAMSI, premio prevenzione degli handicap della Presidenza della Repubblica. Nel 2014 ha scritto ”Vivere frizzante” edito Diabasis. Un saggio sul rapporto vino e salute. Nello steso anno ha creato il sito ”VINOSANO” con particolare attenzione agli aspetti scientifici e salutistici del vino. Nel 2016 ha conseguito il diploma di Sommelier presso la Fondazione Italiana Sommelier di Roma.. Attualmente segue il corso di Bibenda Executive Wine Master (BEM) della durata di due anni.