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Rubrica di Emanuela Medi
 

Boccaccio e lo straordinario vino del fornaio

La seconda novella della sesta giornata del Decamerone  ha per protagonista un fornaio di Firenze, Cisti,e per premessa una questione quasi filosofica, vale a dire, come dice Boccaccio: se sia un peccato maggiore che la Natura immetta un animo nobile in un corpo vile, o che la Sorte assegni a un’anima nobile un mestiere vile(“più in questo si pecchi, o la Natura apparecchiando a una nobile anima un vil corpo, o la Fortuna apparecchiando a un corpo dotato d’anima nobile vilmestiero”). Insomma, come si vedrà nella novella, il problema è che il fornaio, di nome Cisti, pur essendo, appunto, un fornaio, ha un animo nobile e da tale si comporta.

Ciò premesso, il Boccaccio c’informa che Cisti, “d’altissimo animo fornito, la Fortuna (noi diremmo la Sorte) fece fornaio”. Ma questo modesto panettiere di umili origini riuscì a dare una lezione di comportamento a un nobile, come si legge nella didascalia della novella: Cisti fornaio con una sua parola fa ravvedere messer Geri Spina d’una sua transcurata domanda.

In verità non è solo questo aspetto che emerge dalla novella, come vedremo, ma intanto entriamo in argomento.

Cisti era diventato a poco a poco con la sua industria e capacità e con l’aiuto della Fortuna, uno degli uomini più ricchi e in vista di Firenze e produceva tra l’altro il miglior vino della città e del contado.

Un nobile fiorentino, Geri Spina, che era in relazione addirittura con la corte pontificia, ospitava a casa sua alcuni ambasciatori di papa Bonifacio VIII e quasi ogni giorno passava a piedi coi suoi ospiti “dove Cisti fornaio il suo forno aveva e personalmente la sua arte eserceva”.

Il fornaio, “veggendo ogni mattina davanti all’uscio suo passar messer Geri e gli ambasciatori del Papa e essendo il caldo grande, s’avvisò che gran cortesia sarebbe il dar loro bere del suo buon vin bianco; ma avendo riguardo alla sua condizione e a quella di Messer Geri non gli pareva onesta cosa presumere d’invitarlo”.

L’uomo infatti era consapevole che lui, umile fornaio, non poteva permettersi la confidenza di invitare dei nobili a bere un bicchiere di vino come se fosse un loro pari. Pensò allora di fare in modo che fosse lo stesso messer Geri ad autoinvitarsi (“pensossi di tener modo il quale inducesse messer Geri medesimo a invitarsi”), escogitando un piano direi machiavellico che mise ipso facto in pratica.

Cisti si rivestì di “un farsetto bianchissimo indosso e un grembiule di bucato” e ogni mattina che passavano messer Geri e i suoi ospiti si metteva a sedere davanti alla bottega con una tavola apparecchiata su cui aveva posto “un orcioletto bolognese nuovo” e dei bicchieri nitidi e scintillanti che sembravano d’argento (“che parevan d’ariento sì eran chiari”). Il furbo fornaio mentre quelli gli passavano davanti, si schiariva la gola un paio di volte e “cominciava a ber sì saporitamente questo suo vino, che egli n’avrebbe fatto venir voglia a’ morti”.

La scena si ripeté per due mattine di fila e alla terza messer Geri non resistette e domandò: “Chente è, Cisti? È buono?”. Era la domanda che Cisti attendeva, e “levato prestamente in pie’, rispose: Messere, sì, ma quanto non vi potrei io dare a intendere se voi non assaggiaste”.

Geri accettò volentieri (“Volto agli ambasciatori, sorridendo disse: Signori, egli è buon che noi assaggiamo del vino di questo valente uomo, forseché è egli tale che non noi ce ne penteremo,e con loro se n’andò verso Cisti”).

Il fornaio fece sistemare una panca dove si accomodarono Geri e gli ambasciatori, prese personalmente altri bicchieri e versò il vino da un orcioletto portato dai suoi garzoni, ammonendoli nel contempo “..e non aspettaste voi di saggiarne gocciola”. E così tutti i giorni della loro permanenza a Firenze gli ambasciatori del papa e messer Geri non mancarono mai di fermarsi davanti alla bottega di Cisti e di gustare il suo vino che trovarono “il migliore che essi avessero gran tempo davanti bevuto

Giacomo Mezzabarba

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Emanuela Medi giornalista professionista, ha svolto la sua attività professionale in RAI presso le testate radiofoniche GR3 e GR1. Vice-Caporedattore della redazione tematica del GR1 “Le Scienze”- Direttore Livio Zanetti- ha curato la rubrica ”La Medicina”. Ha avuto numerosi incarichi come il coordinamento della prima Campagna Europea per la lotta ai tumori, affidatole dalla Commissione della Comunità Europea. Per il suo impegno nella divulgazione scientifica ha ottenuto numerosi riconoscimenti: Premio ASMI, Premio Ippocrate UNAMSI, premio prevenzione degli handicap della Presidenza della Repubblica. Nel 2014 ha scritto ”Vivere frizzante” edito Diabasis. Un saggio sul rapporto vino e salute. Nello steso anno ha creato il sito ”VINOSANO” con particolare attenzione agli aspetti scientifici e salutistici del vino. Nel 2016 ha conseguito il diploma di Sommelier presso la Fondazione Italiana Sommelier di Roma.. Attualmente segue il corso di Bibenda Executive Wine Master (BEM) della durata di due anni.