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Rubrica di Emanuela Medi
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Dicono dell’acqua

Chiare, fresche et dolci acque,ove le belle membrapose colei che sola a me par donna;gentil ramo ove piacque(con sospir’ mi rimembra)a lei di fare al bel fiancho colonna;herba et fior’ che la gonnaleggiadra ricoverseco l’angelico seno;aere sacro, sereno,ove Amor co’ begli occhi il cor m’aperse:date udïenzia insiemea le dolenti mie parole extreme. S’egli è pur mio destino,e ’l cielo in ciò s’adopra,ch’Amor quest’occhi lagrimando chiuda,qualche gratia il meschinocorpo fra voi ricopra,e torni l’alma al proprio albergo ignuda.La morte fia men crudase questa spene portoa quel dubbioso passo:ché lo spirito lassonon poria mai in più riposato portoné in più tranquilla fossafuggir la carne travagliata et l’ossa. Tempo verrà anchor forsech’a l’usato soggiornotorni la fera bella et mansüeta,et là ’v’ella mi scorsenel benedetto giorno,volga la vista disïosa et lieta,cercandomi: et, o pieta!,già terra in fra le pietrevedendo, Amor l’inspiriin guisa che sospirisì dolcemente che mercé m’impetre,et faccia forza al cielo,asciugandosi gli occhi col bel velo. Da’ be’ rami scendea(dolce ne la memoria)una pioggia di fior’ sovra ’l suo grembo;et ella si sedeahumile in tanta gloria,coverta già de l’amoroso nembo.Qual fior cadea sul lembo,qual su le treccie bionde,ch’oro forbito et perleeran quel dì a vederle;qual si posava in terra, et qual su l’onde;qual con un vago