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Rubrica di Emanuela Medi
 

Cerere contro Bacco. Proibizionismo e vino nell’età imperiale

Una delle prime leggi sul vino dell’età imperiale è sicuramente quella di Domiziano degli anni 90 Anno Domini, interessante esempio legislativo che codificava la illegittimità della coltivazione dei vitigni.

L’imperatore, rimasto tristemente famoso per aver ordinato l’uccisione dei Cristiani -tra cui quella di Simeone, che secondo Eusebio di Cesarea era cugino di Cristo- promosse un’ondata di terrore meglio nota come la seconda persecuzione dei Cristiani, dopo quella di Nerone. Non è un caso se proprio in questo periodo turbolento ai primi Cristiani si domandava la prova del fuoco: bruciare le effigi e sacrificare in nome dell’imperatore, rito emblematico nello scontro tra il decadente paganesimo e la nascita del primo cristianesimo.

In questo contesto per tanti aspetti violento va inserito il tentativo di Domiziano di vietare la coltivazione del vino. Con l’ultimo dei Flavi arrivò il tempo in cui il vino fu bandito in tutto il mondo occidentale, l’editto imperiale vietava la coltivazione dei vitigni in Italia; l’ordine era di sradicare metà dei vitigni in Asia Minore e in altre province. Ce lo racconta Svetonio (Vita di Domiziano, VII) “ Essendo stato un anno grandissima abbondanza di vino, e molta carestia di grano, stimando ciò avvenire perché mettendosi troppa diligenza nelle vigne si venissero a trascurare le sementi, mandò un bando per tutta Italia, che nessuno rinnovellasse le viti, e che le vigne per tutto il distretto dei Romani fossero tagliate, e solo al più se ne lasciasse la metà”.

Lo stesso Svetonio (ivi, XIV), del resto, vede in questo editto più velleità teoriche che vera volontà di farlo applicare: un tentativo moralizzante se, come si disse,alla casta Cerere furono restituiti gli acri a lungo negati. Comunque l’opposizione a questo editto fu energica e vi sono molti dubbi che in realtà sia stato realmente applicato. La coltivazione dei vitigni era, del resto, una attività limitata soltanto a chi possedeva la cittadinanza romana, che si raggiungeva dopo più di venti anni di servizio militare e che soltanto con la Costituito Antoniniana di Caracalla (212 A.D.) sarà estesa a tutti gli abitanti dell’impero.

Durante il I secolo a.C. le province di Iberia e Gallia avevano cominciato a produrre i loro stessi vitigni generando una crisi di sovrapproduzione che colpì soprattutto i produttori del suolo italico. Marziale addirittura affermava che nei pressi di Ravenna il vino era diventato più economico dell’acqua. La estesa produzione di vino, secondo Svetonio, aveva causato una carenza cerealicola e la posizione che potremmo chiamare protezionistica di Domiziano, era anche mirata ad incentivare la coltivazione dei cereali, elementi insostituibili nell’ottica politica del Panem et circenses.

Secondo alcuni, la causa dei divieti di coltivazione del vino di Domiziano va ricercata nel fatto che, poiché l’eruzione del Vesuvio del 79 A.D. aveva distrutto molti vitigni, egli avrebbe incentivato la coltivazione vinicola su vasta scala nelle province a danno dei campi cerealicoli, causando, in breve tempo, una sciagurata carestia. Questa disgraziata penuria sarebbe stata la vera causa dell’editto sopra ricordato.

Qui possiamo aggiungere che potrebbe spiegarsi anche in questo modo il coevo riferimento nelle tavolette di Vindolanda in cui si  richiede la birra (leggi qui) , che sembra essere più diffusa del vino, almeno tra i militari del forte. Conferma, questa, di una stagnazione che il commercio del vino attraversava in quegli anni nelle province.

Questo lasso di tempo proibizionistico, almeno ufficialmente, durò fino al 280 A.D. circa, con l’imperatore Probus, padre della viticoltura europea, secondo alcuni. Probo, volendo tenere lontani dall’ozio i militi, era solito impegnarli col piantare nuovi vitigni in Gallia, Pannonia, suo luogo di nascita, Britannia, Iberia ed altre province. Si narra che Probo, distintosi per valore nelle battaglie contro la regina Zenobia e terminate le mura aureliane nell’urbe aeterna, era divenuto abbastanza benvoluto tra la popolazione ma non troppo dai suoi stessi soldati, che non apprezzavano da un lato, la troppo gravosa mole di lavoro loro assegnata, dall’altro si sentivano umiliati per il lavoro servile a cui erano sottoposti.

Sul finire dell’estate 282 A.D., nel suo giorno più caldo, stufi della loro mortificante condizione e stanchi del faticoso lavoro, i soldati riposero gli utensili e impugnarono le armi. Probo, ‘ultimo benevolent constitutional imperator’, (Gibbon) dopo una breve fuga, non scampò al suo destino funereo. Secondo la Encyclopaedia Britannica, Probo aveva un così fervente interesse nell’agricoltura, da finire coll’inimicarsi i suoi stessi soldati.

I militari lamentavano una disciplina troppo stretta e il lavoro agricolo riservato loro nei Balcani era particolarmente duro. Per molto tempo, infatti, il servizio nei campi dei vitigni era riservato agli schiavi, e lavori con fine civico, come prosciugare paludi, non garantivano certo ai soldati la conquista di nuove terre e bottini, come al tempo delle guerre. Non sorprende che Probo abbia pagato questo diffuso malcontento in prima persona, del resto non era la prima e -non sarebbe stata l’ultima- volta che i pretoriani disponevano repentinamente della vita e della morte dell’imperatore.

Gibbon riserva un giudizio positivo, sull’operato di Probo, “tenne in esercizio le legioni col ricoprire intere regioni collinari della Gallia e Pannonia di ricchi vitigni, tutte impiantate dal duro lavoro dei militari”. Nella zona del monte Alma vicino la sua nativa Sirmium, dove verrà ucciso in un vitigno vicino alla sua residenza, Probo aveva trasformato intere insalubri aree paludose in estese e floride coltivazioni vinicole. Il suo zelo per la viticoltura è la dimostrazione di quanta considerazione avesse per il benessere generale (James H. E. Crees, The reign of the Emperor Probus). Alcuni sostengono che nuovi vitigni furono installati anche in Britannia e contribuirono a diffondere la cultura romana e la penetrazione di ideali di pacificazione nell’impero.

All’intensa attività vinicola di Probo risale in particolare l’origine di due tipi di vitigni, il leggendario Mosel, vicino l’omonimo fiume e il Burgundy di Borgogna oggi famoso per i Pinot, Sauvignon e Chardonnay. Sicuramente molte varietà di vino devono la loro origine alla massiccia politica enologica di Probo, l’imperatore-agricoltore grazie al quale la vitis vinifera diverrà una risorsa economica fondamentale per le finanze di molti paesi, costituirà il primario elemento nei più diversi strati sociali sia nelle feste pubbliche sia durante i ricevimenti privati, e diventerà una insostituibile metafora sacrale nella plurisecolare liturgia del Cristianesimo.

Antonio Di Fiore 

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