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Rubrica di Emanuela Medi
 

Cicci Bacco e il Presepe Napoletano

Il sughero, la grotta, i pastori, il Bambinello se c’è un soggetto immutato nei tempi dove nulla è casuale e tutto ha un suo posto e un suo ruolo, questo è il presepe napoletano

La nascita di Gesù con il suo messaggio di salvezza e di amore è così rivoluzionaria e semplice da essere stata rappresentato infinite volte, in mille modi, in ogni angolo della terra e lo è tutt’ora nelle Chiese, nella case di gran parte del mondo Cristiano.

Un messaggio e una simbologia che ebbe inizio a Napoli nel 1025 nella Chiesa di S Maria dove, in un documento, viene citato il presepe. Nel 1340 la regina Sancia d’Aragona (moglie di Roberto d’Angiò) regalò alle Clarisse un presepe per la loro nuova Chiesa ma bisogna arrivare al 1532 quando Domenico Impicciati realizzò le prime statuine in terracotta ad uso privato. Si deve ai sacerdoti scolopi, nel primo ventennio del Seicento, il presepio barocco. Le statuine furono sostituite da manichini snodabili di legno, rivestite di stoffe o di abiti. Grazie a Michele Perrone, i manichini conservarono testa ed arti di legno, ma furono realizzati con un’anima di filo di ferro rivestito di stoppa che consentì alle statuine di avere diverse pose.

Fu alla fine del Seicento che il presepe napoletano acquisì quella teatralità che è giunta fini a noi con la rappresentazione di personaggi del popolo come i nani, i tavernai, gli osti, i ciabattini, le donne con il gozzo ovvero la rappresentazione degli umili tra i quali nasce Gesù. Non solo nel presepe viene rappresentata la quotidianità con le piazze, i vicoli cui furono aggiunti resti di templi greci e romani a sottolineare il trionfo del cristianesimo sorto sulle rovine del paganesimo.

Fu nel Seicento che il presepe napoletano visse la sua stagione d’oro uscendo dalle Chiese dove era oggetto di una profonda devozione religiosa per entrare nelle case dell’aristocrazia e della ricca borghesia le quali gareggiavano per allestire impianti scenografici sempre più ricercati. Ricordiamo allora il valore simbolico di alcuni dei personaggi più noti: il macellaio, incarna il diavolo perché associato al sangue e alla morte. La zingara che legge il futuro simboleggia la predizione della morte di Cristo. Benito è colui che nella tradizione napoletana, sogna il presepe: guai a svegliarlo il presepe sparirebbe. I mendicanti: richiamano i defunti per implorare la preghiera dei vivi. Il pescatore: simbolicamente pescatore di anime in quanto il pesce fu il primo simbolo dei cristiani perseguitati. Il vinaio: il simbolo di quella “rivoluzione religiosa” che avverrà con la morte del Cristo.

Difatti il vino e il pane saranno i doni con il quale Gesù istituirà l’Eucarestia diffondendo il messaggio della resurrezione. Di contrapposto c’è la figura di Cicci Bacco che si presenta con un fiasco in mano, retaggio della divinità pagana Dioniso, dio del vino.

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