Il 70% degli operatori sanitari prevalentemente donne, sta avendo, causa il coronavirus un impatto significativo sulla vita sociale e familiare, oltre che professionale. E’ quanto emerge dalla prima indagine, condotta dall’associazione Women for Oncology Italy effettuata su 600 professionisti della sanità italiana, di cui la maggior parte donne( circa il 75%).Si tratta di medici specialisti( 63%), infermieri( 21%) che svolgono il proprio lavoro principalmente nel reparto di oncologia( 59%).
Nelle maggior parte dei casi l’intervistato dichiara di non vivere da solo. Il 30% dei professionisti della sanità ha scelto di vivere lontano dai familiari per evitare il rischio di trasmissione domestica.
Dall’inizio della pandemia in Italia sono stati contagiati quasi 17.0001 professionisti sanitari. 144 i medici i deceduti ,L’83% degli operatori rispondenti alla survey è consapevole del rischio e dichiara infatti di sentirsi maggiormente esposto alla possibilità di contrarre il virus rispetto alla popolazione generale a causa della propria professione. Il timore del contagio però è rivolto soprattutto ai propri familiari: il 72,4% degli intervistati reputa di poter esporre a questo rischio anche i propri partner, figli e genitori. Questo si è tradotto, per quasi un terzo dei rispondenti, nella difficile decisione di cambiare alloggio trasferendosi lontano dalla famiglia; a questi si aggiunge un ulteriore 6,7% dei casi, che a cambiare casa siano stati i figli.
“Questa è la prima survey sul disagio sociale degli operatori sanitari promossa in corso di pandemia da COVID che fotografa una realtà che fa riflettere in merito alle difficoltà anche pratiche che ci troviamo quotidianamente ad affrontare. Molti operatori che stanno lavorando in prima linea sono donne e madri, costrette ad allontanarsi dai loro figli o a non poter più accudire i genitori anziani. Siamo preoccupati e costretti a isolarci, con tutte le conseguenze psicologiche che questo comporta” – ha dichiarato Rossana Berardi, vice Presidente di Women for Oncology Italy e Direttore della Clinica Oncologica Ospedali Riuniti di Ancona, Università Politecnica delle Marche –“Il distanziamento sociale, come per il resto della popolazione, ha coinvolto principalmente gli anziani, la categoria più gravemente colpita dalla pandemia: l’80,7% degli intervistati ha dichiarato di non vedere i propri genitori da oltre 14 giorni. L’isolamento ha portato però anche ad una ancora più dolorosa lontananza dai propri figli: il 60,7% degli operatori sanitari coinvolti nella survey riporta di non avere contatti ravvicinati con loro da meno di 7 giorni e il 32% da oltre due settimane.
Le difficoltà maggiormente riscontrate dagli operatori sanitari sono state il reperimento di badanti (10,7%) e baby-sitter (22,5%), in aggiunta a quello della spesa (54,4%).“Abbiamo voluto condurre questo studio per accendere i riflettori e sensibilizzare sull’impatto sociale che questa emergenza sanitaria sta avendo sugli operatori sanitari e, in modo particolare sulle donne. – aggiunge Marina Garassino, Presidente di Women for Oncology Italy – Pur essendo le professioniste donne impegnate in prima linea per trattare i pazienti positivi al virus e nell’organizzazione degli ospedali, sono ancora poco presenti ai tavoli istituzioni. Ne è una riprova la recente tornata di nomine pubbliche per il comitato tecnico scientifico della Protezione Civile e quella per la task force governativa presieduta da Vittorio Colao e composta per l’80% da uomini in seguito alla quale è stato lanciato l’appello scandito dall’hashtag #datecivoce, a cui anche W4O si unisce.”