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Rubrica di Emanuela Medi
 

Dalla Grecia alla Germania: la malvasia, il “vino del diavolo” che ha unito l’Europa

Fin dalla fine del Medioevo il vino più conosciuto e amato in Europa era, a detta dei più, la malvasia un vino che può presentarsi in molte varianti, sia da uva bianca che da uva nera, e che per Diodoro Siculo è di origine greca.

Il vino derivava il suo nome, da una città del Peloponneso: Monovasia, che, conquistata dai Veneziani, diventò, appunto, “malvasia”. E la malvasia fu piantata in varie località e soprattutto, nel XIII secolo, nell’isola di Creta . Poiché l’isola era detta dai Veneziani Candia, è questa l’origine del vino detto oggi “malvasia di Candia”.

Tanto era diffusa la malvasia, soprattutto nella sua variante un po’ dolce,che a Venezia, quelli che noi oggi chiameremmo i caffè si chiamavano “Malvasie”. E i Veneziani, nell’epoca d’oro dei loro commerci, fecero arrivare botti di questo vino in tutte le cantine d’Europa, dalla Sicilia, dove è ancor oggi famosa la qualità liquorosa,alla Germania, contribuendo alla battaglia di assai lunga durata che il vino aveva da tempo ingaggiato con la birra nelle latitudini meno meridionali del vecchio continente.

Trai più grandi stimatori della malvasia le cronache del tempo annoverano colui che viene giustamente ricordato come il padre della nazione tedesca: Martin Lutero.

Secondo il racconto di Aleandro, ad esempio, che potremmo chiamare il cattolico biografo del capo della Riforma protestante, Lutero,dopo aver affermato le sue posizioni in quella Dieta di Worms che avrebbe cambiato la storia, e non solo religiosa, d’Europa,il 26 aprile del 1521, fatta una colazione con pane arrostito, bevve “molte tazze di malvasia”, salì sul carro e uscì dalla porta della città. Fuori lo attendeva una scorta. L’editto imperiale che lo dichiarava eretico fu pubblicato dieci giorni dopo, alla chiusura della Dieta. Anche il viaggio di andata, sull’onda della popolarità crescente del professore, era stato accompagnato da folle plaudenti. E anche allora, le notizie parlano sempre di questo stesso vino, la malvasia, bevuto in compagnia di amici soprattutto a Francoforte, a pochi chilometri ormai da Worms.

Molti anni passeranno e tutto cambierà nella vita di colui che era stato un monaco, agostinianamente assillato dal problema del male radicato nell’essere umano Ma quando Lutero, dopo alcuni anni si sposò, a sua volta con una ex monaca che insieme con altre giovani consorelle aveva lasciato il convento nascondendosi, manco a dirlo, in una botte, il primo regalo che gli sposi ricevettero, fu una botte di malvasia.

La malvasia, sia pur al negativo, è il vino presente nel linguaggio luterano anche nei paragoni. È così, ad esempio che egli raccomanda ai predicatori di parlare: «Come una madre che calma i suoi piccoli, dà loro il poppatoio… fa loro succhiare il latte del suo seno, e non offre loro come bevanda il vino o la malvasia, così devono fare i predicatori».

Qualche secolo dopo, in Sicilia, nell’isola di Salina, vari scrittori si recarono apposta per assaggiare la dolce malvasia che aveva sedotto Lutero. Salina che era, sia detto en passant, l’isola donde traeva origine il protagonista del Gattopardo, detto Principe di Salina.

Guy de Maupassant (1850-1893), che nella sua Vita errantenon mancò di descrivere la Sicilia e ritrovò la pura essenza della bellezza femminile nella Venere Landolina, si recò apposta a Salina per assaggiare questo vino, a sua volta pura essenza della forza di quella terra fatta di antiche eruzioni che avevano lasciato nei vapori di zolfo la loro traccia.

Un vino, la malvasia, che aveva tratto dalla terra vulcanica dove era stato piantato, il suo inconfondibile gusto di uno zolfo dolce: “Al ritorno, avevo scoperto dalla barca un’isola nascosta dietro Lipari. Il battelliere la chiamò “Salina”. È su di essa che si produce il famoso vino di Malvasia. Ne volli bere allora una bottiglia, alla sua stessa fonte. È proprio il vino dei vulcani, denso, dolce, dorato, talmente pregno di zolfo che fino a sera ve ne rimane il gusto. Si direbbe il vino del diavolo.”

Lo stesso vino a Dumas parve il miglior vino mai bevuto in tutta la sua vita.

Antonio Di Fiore

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