a

I Tag di Vinosano
Rubrica di Emanuela Medi
 

Dieta mediterranea e crisi economica: svantaggiate le classi sociali meno abbienti

Quando è uscita la notizia questa ha fatto molto scalpore: solo recentemente alla pubblicazione dello studio su International Journal of Epidemiology  è stato possibile chiarire tutti gli elementi dello studio Molisani effettuato dai ricercatori dell’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico IRCCS Neuromed di Pozzilli in Molise,  su una popolazione di 18mila persone adulte reclutate nello studio.

Già da diversi anni  l’aumento dell’obesità e delle malattie metaboliche in tutti i paesi industrializzati era stato correlato all’abbandono della dieta mediterranea le cui evidenze scientifiche avevano indicato una accertata e sensibile riduzione del rischio di malattie cardiovascolari. Per la verità la crisi economica che ha investito tutti i paesi industrializzati ha portato anche a che  un largo numero di persone vulnerabili siano tate private di cibo sufficiente in qualità e quantità.

Il modello mediterraneo apparentemente semplice perché costituito da alimenti prodotti nei paesi del Mediterraneo, ha messo in evidenza la difficoltà di poterlo seguire  per il costo complessivo di tutti i suoi componenti (pasta, carne, pesce, frutta e verdura): come dire il modello mediterraneo è fortemente condizionato dal livello socioeconomico delle persone. L’ultimo studio, come i precedenti, condotti dal Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione, diretto da Giovanni de Gaetano aggiunge un tassello in più: in pratica, a parità di adesione alla dieta mediterranea, la riduzione del rischio cardiovascolare si concretizza prevalentemente in chi ha un grado di istruzione più elevato o un reddito capace di modificare a proprio vantaggio i benefici per la salute cardiovascolare. Nel nostro paese sono le regioni del centro-sud ad avere un quadro di minore redditività e grado di istruzione e sono proprio le stesse dove è più marcato il fenomeno dell’abbandono di una dieta sana.

Come osserva Marialaura Bonaccio primo autore della ricerca “colui che ha un reddito basso rischia di non avere gli stessi vantaggi di un persona  con reddito maggiore anche se entrambi seguono la stessa dieta”.

E’ ovvio porsi il perché di questa differenza: “A parità di adesione – spiega Licia Jacoviello – capo del Laboratorio di Epidemiologia e Prevenzione – i gruppi più socialmente avvantaggiati e con livello di istruzione maggiore, seguono una dieta più ricca di antiossidanti (frutta e verdura) e polifenoli (frutta, verdura, vino rosso), oltre a una evidente diversità nel loro consumo. Non solo, differenze sono state riscontrate in un maggior utilizzo di prodotti integrali, pesce e frutta secca (noci e mandorle).

Di fatto le persone meno abbienti sono portate scegliere prodotti meno salutistici, elemento che in parte spiega la minore protezione della dieta mediterranea sul rischio cardiovascolare. “E’ un aspetto questo – dice il Prof De Gaetano –  importante di salute pubblica che deve essere offerta a tutti i cittadini”.

Emanuela Medi, Giornalista

 

 

Condividi sui social network