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Rubrica di Emanuela Medi

Il cioccolato nasce nel Centro America precolombiano come bevanda energetica semiliquida. I Maya creano la prima piantagione di cacao, gli Aztechi loro successori, ne riservano il consumo alla casta nobiliare, ed è con intenti pacifici che ne offrono a Pisarro e ai suoi.

Il prodotto era però molto diverso dal cioccolato odierno. La pasta di cacao estratta dalle fave non era infatti dolcificata in alcun modo, ma semplicemente amalgamata a farina di mais, acqua e peperoncino. Ne risultava un intruglio amarissimo e bruciante, che ai conquistadores sembrò veleno, suscitandone la sdegnata reazione. Non per nulla “cioccolato” deriva dall’antica espressione nauhatl “choco-atl”, letteralmente “acqua amara”.

Le prime fave di cacao, ad ogni modo, arrivano in Spagna nell’ultimo quarto del Cinquecento, e la pianta viene classificata dai botanici col nome di “Theobroma (in greco, “cibo degli dei”) cacao”. Si deve alle religiose dei conventi la messa a punto di una ricetta più gradita al palato europeo, con aggiunta di zucchero e vaniglia. Da liquido il cioccolato diviene solido a partire dall’Ottocento, in seguito ai perfezionamenti introdotti dall’olandese Van Houten e successivamente prende la classica forma di tavoletta, ideata dallo svizzero Henri Nestlé. Resta, comunque, una solida tradizione del cioccolato in tazza, soprattutto nella Mitteleuropa e nella nostra Torino, una delle capitali mondiali del cioccolato.

Dall’originario Centro America, la pianta del cacao si è oggi diffusa nella fascia tropicale ed equatoriale dell’intero pianeta, nelle tre tipologie Criollo (la più qualitativa), Trinitario e Forastero, quest’ultima di gran lunga prevalente. Il record produttivo spetta ad alcuni paesi africani, quali Costa d’Avorio, Ghana, Nigeria e Camerun, seguiti da nazioni asiatiche come Indonesia, Papua, Nuova Guinea e Malesia. In tutti questi paesi, non sempre è chiaro ed etico il rapporto con la manovalanza locale, non di rado sfruttata. Label come Fair Trade e Commercio Equo e Solidale sono nati appunto per certificare l’equità dei rapporti tra raccoglitori e importatori europei.

Nel Cioccolato sono presenti all’incirca 500 molecole responsabili degli aromi ma a fare la differenza rispetto al prodotto industriale più massificato sono essenzialmente due fattori: il pregio delle piantagioni storicamente più rinomate (anche per il cacao, come per la produzione vinicola, si parla di cru) e l’accuratezza della lavorazione artigianale. La qualità migliore deve contenere a termini di legge almeno il 70% di cacao magro (in granelli e polvere), burro di cacao e zucchero, oltre all’emulsionante lecitina di soia. In base alle percentuali di cacao, al vertice si situa la categoria extra (cacao 45% e burro di cacao 28%), seguita dalla tipologia al latte (cacao 25%, con aggiunta di derivati del latte 14%), mentre il cosiddetto cioccolato bianco non contiene in realtà pasta di cacao, ma solo zucchero e burro di cacao 20%. Ai classici formati in tavolette, quadratini, praline o barrette, si aggiungono le infinite varianti con gli ingredienti più vari, quali fresca o secca, erbe, spezie e addirittura sale di salina (pregiatissimo fin dall’antichità, il nostro di Cervia).

La natura aromatica del cioccolato dipende in parte dal cru di provenienza, e in parte dai caratteri acquisiti durante i processi fermentativi e di torrefazione. Alimento fortemente energetico, il cioccolato è prezioso per sportivi, gitanti, viaggiatori. e sono in molti a sostenere- come per il vino- i benefici di un consumo moderato e regolare . Quanto alle non comprovate leggendarie virtù afrodisiache ,.un recente studio neurofisiologico sottolinea come il cioccolato che fonde nella cavità orale provochi un aumento dell’attività cerebrale e delle pulsazioni cardiache più intenso e duraturo di un bacio appassionato. Istintivamente, Anthelme Brillat-Savarin aveva ben colto tale prerogativa del cioccolato, quando nella sua Fisiologia del gusto affermava:
Beato il cioccolato, che dopo aver corso il mondo attraverso il sorriso delle donne, trova la morte nel bacio saporoso e fondente delle loro bocche”.

Ilaria Martinelli, master sommelier

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