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Rubrica di Emanuela Medi
 

Gianluca Mirizzi:  Con  il turismo, il Verdicchio Castelli di Jesi…volerebbe!

Lo incontro nella bella Azienda Agricola di Montecappone in provincia di Jesi durante la manifestazione ”Collisioni a Jesi” che si è svolta nella incantevole cittadina marchigiana.

Tra una degustazione e l’altra  del Verdicchio Castelli di Jesi  , ho incontrato uno degli esponenti più interessanti e innovativi, dei tanti produttori- circa 110- che affollano i duemila ettari della Doc, la più gettonata della Regione e che si dipanano tra le dolci colline di Cupramontana, San Marcello, Ostra Vetere, Jesi, Belvedere Ostrense. Montecarotto solo per citarne alcune. Certo i nomi famosi del Verdicchio non mancano ma a me interessava parlare con un produttore medio( 150mila bottiglie l’anno) proprietario di due aziende, Montecappone 35 ettari e Mirizzi 17 ettari. La prima di famiglia, la seconda personale che vogliono rappresentare il vecchio e il nuovo del Verdiccho vitigno autoctono, ben posizionato e citato come primo vino  bianco fermo  in tutte le più importanti guide italiane con un pieno notevole di riconoscimenti nel nostro Paese e all’estero, ma ancora snobbato da molti ristoranti e poco conosciuto dagli Italiani.

Cosa manca al Verdicchio per diventare un fuori classe?

Manca una seria politica per lanciare il  il turismo, il vero volano di una economia che potrebbe non farci pagare tasse  se solo fossero seriamente valorizzate le città d’arte,  i beni culturali, la ristorazione,  il vino e la nostra  gastronomia. Nelle Marche abbiamo tutto questo ma non è valorizzato come è avvenuto per l’Umbria  dove la DOC Assisi è conosciuta nel mondo contrariamente alla DOC Verdicchio Castelli di Jesi, per non parlare della Toscana e del Piemonte signori del gusto e della ricettività. Ripeto: una carenza gravissima essere agli ultimi posti nel turismo che possiamo colmare puntando sul turismo di lusso. Parlo anche  delle cooperative che devono riappropriarsi di quel ruolo sociale che avevano un tempo per riacquistare efficienza e credibilità purtroppo appannata da una gestione a volte troppo politica. I nostri produttori hanno lavorato bene, vinificando  in maniera moderna e migliorando tecnicamente il prodotto. Un lavoro importante merito soprattutto dei giovani produttori che hanno deciso di investire anche molti dei loro risparmi, svecchiando vigneti, acquistandone dei nuovi, rinnovando cantine. Chiedono giustamente che il Verdicchio non sia svenduto a due euro! Un buon vino costa e il Verdicchio merita questa attenzione perché è qualità e professionalità.

Parliamo  di Montecappone e Mirizzi: il vecchio e il nuovo?

Non direi , parliamo di due realtà diverse:  Montecappone, azienda storica della famiglia quest’anno celebriamo i 50 anni – produce il Verdicchio più conosciuto: vini con spalla acida importante,  integri, puliti, non ossidativi, dalla bella longevità. Mirizzi, la mia personale, vuole essere il luxury brand  dell’azienda con vini più tradizionali, dove non è escluso l’intervento dell’uomo, partendo sempre da uve sanissime. Il mio primo vino si chiama ERGO un classico superiore  che significa quindi, e un Verdicchio millesimato metodo classico.  E’ in cantiere ERGO SUM che uscirà tra tre anni e un metodo classico pas dosè  con permanenza di 60 mesi sui lieviti. Saranno vini più grassi, surmaturi, con molte piacevolezze adatti a un mercato internazionale.

A proposito di mercati a chi vi rivolgete?

Il Verdicchio Castelli di Jesi viene consumato per il 50% in Italia, il restante viene venduto in Europa in Olanda, Belgio e Germania. Difficile l’America che ha un mercato velocissimo, quindi la permanenza di un Verdicchio in un ristorante può durare anche e solo due mesi, poi tutto viene rinnovato. La Cina ama i vini francesi, per cui , io dico, è un mercato a botta, a volte si vende, ma non c’è continuità

E con gli altri vini Marchigiani?

Con il Verdicchio di Matelica, siamo cugini: bellissima DOC ma rappresenta poco meno del 15% della produzione del Verdicchio. Passerina e Pecorino soprattutto nel’Ascolano  hanno vissuto un momento di grande esplosione, oggi sono in fase calante colpa anche dei molti produttori( troppi) che non hanno fatto qualità ma soldi. Vedremo!


Emanuela Medi, giornalista

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