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Rubrica di Emanuela Medi
 

Grandi Langhe 2020: Il Barolo 2016 debutta col botto e gli altri non stanno a guardare

A un solo mese dalla fine della stagione del Tartufo Bianco, la città di Alba si risveglia da un breve letargo per ospitare Grandi Langhe, prima anteprima vinicola del nuovo decennio. Nella cornice del Palazzo Mostre e Congressi, a due passi dalla Piazza nella quale un tempo i vignaioli incontravano i mercanti a fine vendemmia, i produttori langaroli e roerini presentano i loro vini a un’immensa platea di operatori autoctoni, alloctoni e (soprattutto) internazionali.

Protagoniste del gran banco d’assaggio le ‘16 di Barolo, le di ‘17 Barbaresco, Dogliani e Barbera d’ Alba Superiore, la ‘18 di Dolcetto d’Alba, Langhe Nebbiolo e Barbera d’ Alba e le Riserve ‘15 e ‘13 di Barbaresco e Barolo: tutte annate controverse, bizzarre, attribuibili al cambiamento climatico, che, però, nei migliori casi, hanno donato vini godibili fin da ora ma destinati ad invecchiare perlomeno discretamente.

Un appunto politico/economico prima di entrare nello specifico dei millesimi. Sappiamo tutti che questi sono mesi d’attesa e d’angoscia per le aziende vinicole nostrane. Si è già parlato in abbondanza di quanto drammatico potrebbe essere per il comparto il contraccolpo della scure inferita da Trump coi suoi dazi. Quel che vien da chiedersi a fronte di questa situazione è se i produttori – Barolisti inclusi – non abbiano puntato troppo su di un mercato di per sé non facile, in quanto volatile ed estremamente competitivo, tralasciando quel principio di differenziazione che è il fondamento di qualunque strategia commerciale efficace.
Mi è capitato in passato di sentire proprietari di rinomate aziende vantarsi della loro quota di Export negli USA pari al 50,60 anche 70 per cento della produzione. Per loro, essere forti nel mercato e stelle e strisce era ed è fonte d’orgoglio, perché, del resto, si sa che “ da quelle pagano tanto, bene e pure in anticipo”. Quel che mi domando è innanzitutto cosa se ne faranno di quel vino se i dazi passeranno – perché è inevitabile che le vendite crollino, a meno che non decidano di ridurre all’osso i profitti – e poi se non sia paradossale che vini decantati come “artigianali, ecologici, alfieri della tradizione e del territorio” finiscano per essere venduti a quegli stessi Americani facoltosi che di sovente vengono giudicati colpevoli di inquinare, omologare, profanare qualunque terra e qualunque usanza in nome del Dio Denaro. Sarà forse che i prezzi sono aumentati al punto che, nella maggioranza dei casi, sono gli unici che se li possono permettere

LE ANNATE

La 2016 è stata senz’ombra di dubbio la migliore annata dell’ultimo quinquennio. La buona piovosità, le temperature moderate nel periodo estivo e il bel tempo autunnale hanno permesso di produrre Baroli ritrosi, austeri, ma di rara finezza. Il 2017, invece, è stato un millesimo caldissimo, motivo per cui molti dei Barbaresco assaggiati peccano d’equilibrio e di grazia. Nei migliori casi si tratta di vini espressivi e di facile approccio, ma che andrebbero idealmente consumati nel breve o medio termine.

Quanto al Roero, c’è da dire che le differenze stilistiche continuano a contare di più delle annate stesse. Netto è il divario tra chi ha scelto la strada della soavità, e sfrutta annate fresche come la ‘16 per produrre vini “da bere a secchiate”, e chi, invece, si ostina ad estrarre tutto l’estraibile e a fare un uso importante del legno tostato, snaturando in questo modo l’identità femminea, aggraziata del Nebbiolo roerino.

Ultimi, ma non per importanza, i vini appartenenti alle denominazioni albesi a torto reputate “minori”che continuano ad evidenziare una crescita qualitativa esponenziale. Le migliori Barbere d’ Alba reggono oramai il confronto con i grandi Barolo e Barbaresco, e il Dolcetto, specie quello di Dogliani, ha intrapreso un simile percorso di rivalutazione e sdoganamento dagli stereotipi. L’auspicio, alla luce di questo exploit, è che il rapporto qualità-prezzo rimanga sempre quello attuale.

DEGUSTAZIONE

(Riportiamo I vini più sorprendenti che abbiamo assaggiato)

Marsaglia – Roero 2016. Il Nebbiolo nella sua accezione più femminile: rosa canina, gelatina di fragola, cipria e spezie chiare a preannunciare una progressione longilinea, disinvolta, di pericolosa scorrevolezza. Non è il più complesso dei Nebbioli possibili, ma se ne apprezza la capacità di appagare senza appesantire il palato.

Le Ginestre – Barolo Sottocastello di Novello 2016. Cavalcando l’onda lunga del successo di Giuseppe Ca’ Viola, winemaker di fama internazionale che ha fatto del vigneto Sottocastello il suo orgoglio langarolo, la famiglia Audassio di Le Ginestre ha smesso di vendere le uve e ha cominciato a vinificare questo Cru in proprio. I risultati sono più che interessanti: il profilo è sottile, ma elegantissimo e accattivante nella miscela di visciola, viola, grafite e pot-pourri, e la bocca, per quanto eterea e soave come impone il terroir di Novello, non manca né di presenza, nè di struttura tannica. Dategli qualche anno e rivelerà di che stoffa è fatto.

Fratelli Borgogno – Barolo Cannubi 2016. Simpaticissima Emanuela Bolla, vignaiola barolese che eravamo già andati a trovare in primavera. Buonissimo, elegantissimo il suo Barolo ‘16, che già in questa fase esibisce un profilo sfaccettato, intarsiato di reminiscenze balsamiche da Vermouth e croccante di visciola acidula, arancia sanguinella, tonda gentile. Un guizzo di acidità sanguigna ne sigla la gustativa fluida, verticale, ma ingentilita dai ritorni fruttati e floreali che contraddistinguono tutte le migliori espressioni del Cru Cannubi.

Sottimano – Barbaresco Pajorè 2017. Il vigneto è, qualitativamente parlando, uno dei più costanti dell’area; il produttore una vera e propria garanzia. Non che l’annata bollente non si faccia sentire: il bouquet già ricco di aromi terziari di terra, tabacco e asfalto evidenzia una parabola evolutiva più rapida del consueto. Ciò nonostante, l’acidità nient’ affatto stanca e i tannini vividi – seppure un pelino asciuganti – riescono a bilanciare il frutto caldo, maturo e a regalare una piacevolezza di beva non indifferente.

Roccheviberti – Barolo Bricco Boschis 2016. Interpretazione sontuosa del vigneto storico che fu di Juliette Colbert, ultima Marchesa di Barolo, e che è salito alle luci della ribalta grazie all’impegno della famiglia Cavallotto. Ci stupisce il suo olfatto cangiante, chiaroscurato, oscillante tra menta e rosa, terra e marasca, preludio a uno sviluppo coerentemente bilanciato tra tannini incisivi e ritorni fruttati. Ovviamente si tratta di un vino in divenire, ma rispecchia già l’essenza “mediana” – ovvero a metà strada tra la soavità di La Morra e l’austerità di Serralunga – del Barolo di Castiglione Falletto.

Curto – Barolo Arborina 2016. Viene da un Cru di La Morra reso noto da Elio Altare, ostinato Barolo Boy, uno dei pochi vini della denominazione ascrivibili alla controversa e dibattuta categoria dei “vini naturali”. Incuriositi dal racconto di Maurizio, titolare dell’Enoteca Zero di Bra, lo siamo andati e cercare tra i banchi e abbiamo cercato di analizzarlo con la dovuta dovizia, sfidando la calca e la calura. Che dire… è un Barolo spiazzante, indomito, sfaccettato. Principia su toni soavi di liquirizia e creme de cassis e si fa via via più scuro, più terroso. All’assaggio non è da meno: entra grintoso e nerboruto; poi si distende, lascia emergere il frutto, il fiore e quello spunto terziario già percepito al naso. Di più non possiamo dire senza stapparne una bottiglia, ma la sensazione è che ci sarebbe molto altro da raccontare…

Raffaele Mosca, Master Sommelier

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Emanuela Medi giornalista professionista, ha svolto la sua attività professionale in RAI presso le testate radiofoniche GR3 e GR1. Vice-Caporedattore della redazione tematica del GR1 “Le Scienze”- Direttore Livio Zanetti- ha curato la rubrica ”La Medicina”. Ha avuto numerosi incarichi come il coordinamento della prima Campagna Europea per la lotta ai tumori, affidatole dalla Commissione della Comunità Europea. Per il suo impegno nella divulgazione scientifica ha ottenuto numerosi riconoscimenti: Premio ASMI, Premio Ippocrate UNAMSI, premio prevenzione degli handicap della Presidenza della Repubblica. Nel 2014 ha scritto ”Vivere frizzante” edito Diabasis. Un saggio sul rapporto vino e salute. Nello steso anno ha creato il sito ”VINOSANO” con particolare attenzione agli aspetti scientifici e salutistici del vino. Nel 2016 ha conseguito il diploma di Sommelier presso la Fondazione Italiana Sommelier di Roma.. Attualmente segue il corso di Bibenda Executive Wine Master (BEM) della durata di due anni.