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Rubrica di Emanuela Medi
 

I tanti segreti della pasta

Nata nel deserto?

Gli Arabi del deserto furono i primi ad essiccare la pasta per consentire una lunga conservazione. Confezionavano dei cilindretti di pasta forati per permettere una rapida essiccazione: ne parla un documento risalente al IX secolo scritto da Ibran’ al Mibradi, dove è descritto un piatto, l’attuale ”rista” ancora in uso tra le tribù berbere e beduine in Siria e Libano,  costituito da maccheroni cotti conditi in vario modo, soprattutto lenticchie.

Palermo: vermicelli e tagliatelle

Deve molto questa città- considerata la capitale della pasta – a un geografo arabo( una sorta di guida turistica) Al-Idrisi che nel 1154 nella sua guida  parla di un cibo confezionato con la farina a forma di fili chiamato” tryah” (dall’arabo itrija, ovvero umido). Questa specialità si produceva a Trabia, vicino Palermo e ancora oggi si  trova la  “tria bastarda” e i ”vermicelli di Tria”. Nel Salento c’erano i “ciceri e Tria” a Bari esiste la ”tridde”. Inizialmente la pasta veniva fatta a mano, stesa in soglia sottile, tagliata  a a striscioline da cui il nome, tagliatelle, fettuccine.

La pasta e Marco Polo

E’ assolutamente documentato che  nel XII secolo, durante la dominazione normanna,  la pasta essiccata era prodotta e diffusa in Sicilia e nelle regioni  del Sud. Marco Polo tornò dalla Cina nel 1295, per cui è improbabile che fu lui a introdurre la pasta nel nostro  paese. La pasta conosciuta da Marco Polo in Cina era ottenuta mescolando acqua e grano tenero: una poltiglia.

Liguria, Torre Annunziata. Gragnano

Ne sapevano qualcosa già dal 1200, precisamente 1279 quando un notaio genovese Ugolino Scarpa redasse l’inventario degli oggetti di un marinaio defunto: fra le varie cose risulta anche una” bariscela piena di maccheroni”. E’ certo che il clima ventilato e secco della Liguria come quella di Torre Annunziata e Gragnano  favorì la produzione della pasta che, per secoli veniva lasciata  essiccare alla esposizione dell’aria.

Chi ha inventato le tagliatelle?

Non si sa. Già nel XVI  secolo questo tipo di pasta era conosciuto nelle osterie di Bologna condire con burro fuso e formaggio grana. Lo dimostra un documento emanato dalle autorità preposte al controllo dei forestieri nel 1575, che aveva lo scopo di calmierare i prezzi sei pellegrini che andavano a Roma per l’Anno santo. Quello che è certo è che le tagliatelle sono un derivato delle lasagne, le cui dimensioni definite da atto notarile dalla delegazione bolognese dell’Accademia delle Cucina, non devono essere per spessore circa 1 mm e non più di 6.50-7 mm al momento del taglio.

La carbonara non deriva dai Carbonari.. e la puttanesca ha un’origine più che decorosa

Non ci sono documenti che attestano l’utilizzo degli spaghetti alla carbonara da parte dei ”carbonari”, è piuttosto un piatto che proviene dal Reatino, o meglio dai monti intorno ad Amatrice Il nome di carbonara deriva dall’usanza dei contadini della Ciociaria  che un tempo raccoglievano e tagliavano la legna in cataste coperte di terra battuta (le carbonaie così chiamate perché trasformavano la legna in carbone per lenta combustione). Condite con i prodotti della montagna (uova, lardo, pecorino) divenne famosa durante la seconda guerra mondiale quando gli americani portavano nelle loro razioni uova e pancetta affumicata.

Anche per gli spaghetti alla puttanesca non ci sono ipotesi certe ne parla un grande Accademico  Petronio Petrone  che ritiene questa ricetta bizzarra  a base di aglio, olio, pomodorini schiattati, origano, capperi, alici, di origini napoletane.  Vincenzo Bonassisi nel suo “Cuciniere 1980” la definisce “ una vera festa per gli occhi e per il palato”.

E il ragù?

Per il condimento si utilizzava il prosciutto non certo carne trita. Quanto al pomodoro questo viene timidamente utilizzato in cucina solo dalla prima metà dell’Ottocento. Non ‘è improbabile che le tagliatelle fossero preparate anche con un intingolo di carne, antesignano dell’attuale ragù, ma le uniche certezze storiche sul condimento delle tagliatelle rimangono il burro e il formaggio grana..

Matilde Scuderi, giornalista

 

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