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Rubrica di Emanuela Medi
 

I vini di Elisabetta Gnudi Angelini: Caparzo tra Brunello e Innovazione

Nel corso di Vinitaly 2019, abbiamo avuto l’occasione di intervistare Elisabetta Gnudi Angelini, celebre imprenditrice del vino, e degustare i prodotti di tre dei suoi quattro poderi toscani.

Cominciamo il nostro racconto con Caparzo, storica realtà che forgia alcune delle migliori espressioni di Brunello di Montalcino. Collocata nel versante nord di Montalcino, deve il suo nome alla contrazione di Ca del Pazzo–rifacendosi all’antico toponimo della zona prospiciente la cantina, che è la prima che s’incontra quando, venendo da Siena, si oltrepassa il confine con Buonconvento e si entra nell’areale del Brunello.

Già attiva negli anni ’70 sotto la supervisione di Vittorio Fiore, enologo di fama mondiale, Caparzo è stata rilevata da Elisabetta nel 1999. I vigneti aziendali si estendono per circa 90 ettari nei quattro quadranti del comune e afferiscono a sotto zone prestigiose come Castelnuovo dell’Abate, Castel Giocondo e Montosoli.Il frazionamento della proprietà permette al team aziendale –oggi capitanato da Massimo Brancalente, pupillo del maestro Fiore – di declinare il Sangiovese in ben cinque referenze e di affiancare al Rosso e al Brunello prodotti inusuali come Le Grance – blend di Chardonnay, Sauvignon blanc e Traminer aromatico, ottenuto da vigne poste nelle zone più fresche di Montalcino – e Ca’ del Pazzo, pluripremiato Supertuscan  miscela di Sangiovese e Cabernet Sauvignon.

All’ottima varietà della gamma corrisponde un’eccellente costanza stilistica e qualitativa,prerogativa in base alla quale ci sentiamo di affermare che Caparzo è la più solida tra le aziende di dimensioni medio-grandi operanti a Montalcino. Quanto alle ragioni di questo successo, Elisabetta ha specificato nell’intervista curata da Emanuela Medi – qui il testo integrale:
https://www.vinosano.com/la-signora-del-sangiovese-elisabetta-gnudi-angelini/–che il suo intento specifico è rimanere fedele all’uva e al territorio, mantenendo un approccio artigianale anche a fronte dei numeri significativi, evitando ogni genere di forzatura enologica ed esaltando quanto offerto dai meravigliosi appezzamentidi proprietà, a partire dal “Vigna La Casa”, rinomato monopolio dal quale si produce un Brunello unico per finezza e soavità.

 

Degustazione

Chardonnay 2018. Questo bianco “base” è ottenuto aggiungendo alle uve bianche delle tenute di Montalcino una piccola quota di Vermentino proveniente dalla Maremma. Il vitigno autoctono toscano rafforza l’aromaticità della nobile varietà borgognona, la quale, essendo vinificata ed affinata esclusivamente in acciaio, dà vita ad aromi gioviali di fiori gialli, ananas, nespola ed erbe aromatiche. In bocca si riscontra ottimo equilibrio tra parti morbide e sapidità. È godibile sin da oggi e per altri due o tre anni.

Le Grance 2016. Questo uvaggio di tre varietà alloctone – per la precisione Chardonnay, Sauvignon Blanc Traminer Aromatico –  viene rilasciato dopo ben 18 mesi di affinamento in barrique. Dorato nella veste, spande aromi già maturi di albicocca, menta, burro salato e nocciole, tutti rafforzati dalla classica vena aromatica del Traminer. Al palato è pieno, caldo al punto giusto e ravvivato da una discreta spinta sapida che prolunga un finale morbido su toni di miele e spezie dolci. Già ottimo da abbinare a funghi, tartufi e patè, migliorerà ulteriormente nel prossimo lustro.

Sangiovese 2018. Il “Rosso base” è concepito come una miscela di uve provenienti dall’azienda ilcinese e dalla chiantigiana Borgo Scopeto. Figlio di un processo produttivo essenziale – fermenta ed affina per breve tempo in acciaio – offre aromi e sensazioni semplici ma nitide di violetta, fragola selvatica e piccole bacche nere. Un lieve cenno erbaceo conferisce vigore ad un sorso grintoso, privo di orpelli e cadenzato da un tannino mordace. Data la sua personalità “gourmand”, sarebbe meglio portarlo in tavola con i salumi toscani.

Rosso di Montalcino 2016.  Questo rosso leggiadro e facilmente fruibile rivela un colore ancora ricco di sfumature violacee e dà sfogo a profumi fragranti di visciola, iris, arbusti spezzati e ruggine. Snello e gustoso nel suo sviluppo disteso, evidenzia buona freschezza e discreta persistenza su toni balsamici e fruttati.

Rosso di Montalcino “La Caduta” 2016.  Non un semplice Rosso, ma un “piccolo Brunello” prodotto da un singolo appezzamento a Castel Giocondo, frazione nel quadrante sud-est del comune. Liquirizia, chinotto, felce e melagrana s’intrecciano con tocchi terrosi in un bouquet di sorprendente complessità. Il gusto, vivace e vellutato nel tannino, è sostenuto da una sferzante spinta agrumata e da un’ottima matrice minerale di fondo. Già pronto da bere adesso, invecchierà egregiamente per cinque o più anni.

Brunello di Montalcino 2014.  La degustazione della triade dei Brunelli parte dalla sciagurata annata 2014, che sarà ricordata come una delle più fredde e piovose della storia. Il team enologico di Caparzo ha fatto tutto il possibile per salvare le migliore uve, sacrificando oltre il 40% della massa totale. Grazie a questa coraggiosa scelta, il Brunello di Montalcino 2014 riesce a convincere per finezza ed equilibrio anche a fronte di una struttura meno robusta del solito. Un afflato di rosa selvatica sfuma sensazioni leggere ma ammiccanti di erbe balsamiche, ciliegia e ghisa. Tannini già levigati suffragano un sorso soave e grazioso nei rintocchi mentolati e floreali.  91/100

Brunello di Montalcino “Vigna La Casa”  Contrariamente al Brunello base, questa storica etichetta, che è presente nella gamma aziendale sin dai primi anni 80’, è figlia di un’annata straordinaria e riesce, pertanto, ad esprimere tutto il potenziale di Montosoli, cru che dona sempre vini distinti per finezza e soavità. Ancora relativamente compatto nella veste, riversa suadente cornucopia di liquirizia, caffè in grani, gelsi maturi, fiori appassiti, melagrana, anice e cuoio, richiamando certe eccellenze d’oltralpe.  Grintoso nella fine trama tannica e al contempo longilineo, rende un’idea di morbidezza e contestuale dinamismo, risultando mai eccessivo nel vigore alcolico e più che profondo negli accenti minerali che siglano l’interminabile chiusura.

Brunello di Montalcino Riserva 2013. Non un Brunello da singolo Cru, ma un assemblaggio delle migliori uve provenienti dai vigneti di proprietà dislocati nei quattro quadranti della denominazione. Rubino tendente al granato nell’ ammanto penetrabile, esala sensazioni già mature di marasca, terra battuta, origano, legno arso e tabacco kentucky. Sapidità, tannini ben amalgamati e saldo impeto acido bilanciano un sorso ricco nel frutto e lungo nella chiosa terziaria e terrestre.

Ca’ del Pazzo 2015. Questo blend di Cabernet e Sangiovese in percentuali paritarie si distingue per potenza, calore e concentrazione, esibendo una veste tintoria dalla quale si sollevano aromi di ciliegia sotto spirito, prugna, ibisco, tabacco mentolato, cola e vaniglia. L’incipiente matrice fruttata torna coerente nel gusto morbido, concentrato e volgente a toni di torrefazione nel complesso epilogo. Sta ben con piatti corpulenti come il Cinghiale in Dolceforte e la Bistecca alla Fiorentina.

Raffaele Mosca e Ilaria Martinelli, Master Sommelier

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