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Rubrica di Emanuela Medi

Sono microscopici funghi monocellulari e senza di loro tanti processi fondamentali non potrebbero esistere come la lievitazione del pane, della pizza, la fermentazione del vino, della  birra. Ma di questo superfood si conosce ben poco e vinosano.com attento alla salute e alla ricerca ha visto in welovelievito.it uno strumento di comunicazione scientifica  autorevole per  costruire una cultura del lievito in grado di contrastare la molta disinformazione su questo prodotto.

Il sito creato da Assitol “Gruppo Lievito da Zuccheri”  si avvale  della consulenza della Fondazione Italiana di Educazione Alimentare-FEI (FoodEducationItaly)

Lievito e vino: attrazione speciale

Anche nella produzione del vino entra in gioco il fenomeno della fermentazione – ovvero la trasformazione di zuccheri in etanolo e anidride carbonica. Senza quest’opera prodigiosa potremmo tranquillamente scordarci di Cabernet, Lambrusco, Barolo, o Nebbiolo: non avremmo altro che succo d’uva.

 

Che cosa è il lievito

Ne esistono numerosissime varietà e per quanto riguarda il processo di vinificazione, la varietà di lievito utilizzata è il “Saccharomycescerevisiae”, grande favorito per la sua capacità di tollerare livelli alti di alcool e di anidride solforosa. Ma nel momento in cui viene colta, l’uva porta con sé alcune varietà di levito autoctone, dei gruppi Kloeckera e Candida, che danno il “LA” alla fermentazione. Questi organismi microcellulari spesso muoiono nel momento in cui il quantitativo di alcool raggiunge il 4-5%, lasciando spazio al più tollerante Saccharomycescerevisiae. Nel caso di vini più corposi e liquorosi – tra cui il Porto – o di mosti dal grado zuccherino più pronunciato, si preferisce optare per la varietà Bayanus, in grado di resistere a livelli di alcol pari al 17-20%.

La fermentazione

Come abbiamo detto, si tratta di un processo che comporta la trasformazione di zucchero in etanolo e anidride carbonica. Ma chi è stato il primo a rendersi conto della sua esistenza? Quando è stato osservato scientificamente per la prima volta? Tre i nomi fondamentali: Antoine Lavoisier, Joseph Louis Gay-Lussac e Louis Pasteur. Lavoisier, chimico francese attivo nel 1700, è il primo a dimostrare che lo zucchero contenuto nel mosto dell’uva si trasforma in alcool e anidride carbonica. Le sue intuizioni sono poi approfondite nel corso del secolo successivo da Joseph Louis Gay-Lussac, che riesce a formulare il rapporto matematico alla base di questo processo. Nel 1854, infine, Louis Pasteur dimostra che è proprio grazie a quei prodigiosi organismi che vanno sotto il nome di lieviti se la fermentazione ha luogo, avendo capito la natura “vivente” di queste sostanze,

Il Lievito da gusto​?

È vero, il vitigno di partenza è forse la variabile più importante nel determinare il sapore di un buon bicchiere di vino, ma non bisogna dimenticare che anche il lievito gioca un ruolo estremamente importante. In questo senso è bene distinguere due categorie organolettiche: gli aromi primari, che derivano, appunto, dal tipo di uva utilizzato nel processo di vinificazione, e quelli secondari, determinati dal tipo di lieviti attivi durante la fase di fermentazione. Fino a pochi anni fa si credeva che vitigni uguali coltivati in località diverse producessero vini dai gusti differenti solo a causa di fattori ambientali, come clima, condizione del suolo e pratiche agricole. Nel 2015, un gruppo di ricercatori dell’Università di Auckland pubblica uno studio sulla rivista “Scientific Reports”, in cui si mostra come il vero fattore determinante di questa diversificazione organolettica sia di fatto il lievito, o più precisamente le tipologie di microrganismi che vivono in un determinato suolo. Questi, per la verità, possono variare anche all’interno di terreni sostanzialmente uguali. Sulla base di questo studio, dunque, è stato possibile mostrare come l’influenza del lievito non si limiti al processo della fermentazione, ma risulti decisiva anche nelle caratteristiche organolettiche delle singole damigiane.

Vini naturali e lieviti autoctoni

La produzione di  vini naturali è sempre più diffusa, nell’ambito della quale  minime sono le percentuali di zolfo e rame e per cui è prevista esclusivamente la fermentazione spontanea, molti ceppi di lieviti sono naturalmente nell’uva e sono per questo denominati lieviti indigeni o autoctoni.. In alcuni casi poiché vi sono livelli elevati  di alcool  che causano la morte di quest  lieviti, si ricorre a un abbassamento della temperatura che aiuta a completare il processo della fermentazione il cui processo comunque ha bisogno del monitoraggio di un enologo. La fermentazione spontanea è tuttavia un processo che necessita l’attento monitoraggio dell’enologo  per evitare che il prodotto finale risulti troppo acido o sgradevole al palato. Nel caso della fermentazione guidata, invece, l’ enologo può scegliere le tipologie di lievito in grado n di aumentare il naturale insieme di aromi del singolo vitigno.

Emanuela Medi, sommelier

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