Il Carmenere, vitigno francese naturalizzato cileno, è scomparso dal Medoc oltre un secolo fa.
Difficilissimo da portare a maturazione e sensibile a ogni genere di malattia, è stato progressivamente estirpato per fare spazio ai fratelli Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc – con cui condivide l’alto quantitativo di pirazine, molecole responsabili degli aromi vegetali – e al più docile Merlot. Al giorno d’oggi, ne rimangono solo 2,5 ettari in tutto il territorio bordolese, di cui circa uno e mezzo all’interno della proprietà di ChateauClercMilon, terzo e più piccolo dei tenimenti della famiglia Rothschild di Nathaniel.
Jean Emmanuel Danjoy e Frederic Faure, rispettivamente direttore e cellar master dello chateau, hanno voluto riscoprirlo e provare a vinificarlo in purezza, e sono riusciti ad ottenere l’appellationPauillac per il loro esperimento monovarietale. Così facendo, hanno concepito il primo Carmenere a denominazione controllata della storia di Francia. Ovviamente non si tratta di un’etichetta regolarmente commercializzata: “Per il momento è solo da una chicca da servire per stupire gli ospiti in visita all’azienda – afferma Faure – chissà, però, se in futuro non diventerà qualcos’altro. Mai dire mai.”
DEGUSTAZIONE
Spillato direttamente dalla botte, il campione della 2018 del Carmenere di ClercMilon appare subito bizzarro al punto da essere quasi spiazzante. Vendemmiato ai primi di Novembre, macchia il bicchiere con la sua mole estrattiva e sprigiona aromi profondi di mora, prugna, china, rabarbaro, viola essiccata, pepe nero e grafite. La raccolta posticipata ha permesso di evitare qualunque esuberanza vegetale, ma non ne ha temprato l’acidità indomita, penetrante, capace da sola di reggere la massa quasi viscosa di frutto scuro e maturo. I tannini – come evidenzia Frederic – sono poderosi, granulosi, ma non lasciano neppure la minima traccia di amaro.
Interessante , e cosa ancor più sorprendente, si avvicina in maniera stupefacente al confinante Mouton Rothschild, rispetto al quale è chiaramente più rustico, ma simile nella matrice inchiostrata che fa subito Pauillac. Inoltre, l’acidità così spiccata ci fa pensare che il Carmenere possa costituire un antidoto efficace agli effetti del cambiamento climatico, che sta già mettendo a dura prova il Merlot e comincia ad insidiare anche il Cabernet Sauvignon. Chissà, dunque, che non si decida in futuro di piantarne di più. Frederic è possibilista a riguardo, e ci confessa che sarebbe ben contento di averne di più a disposizione.
Raffaele Mosca, Wine Master
Master Sommelier