“L’uomo è ciò che mangia”, ha detto una volta il vecchio Feuerbach. Forse, la sua celebre massima, va rovesciata: l’uomo mangia quello che è e costruisce mangiando il proprio corpo e quindi la propria personalità, la propria identità.
La scienza non ha mai chiarito il processo che si sviluppa e che trasforma in energia ciò che mangiamo e beviamo. Ma se il cibo venisse a mancare la vita si esaurirebbe.. tutto quello che sentiamo, siamo e vogliamo è energia e l’energia ha bisogno di combustibile, quindi cibo e bevande che sono alla base della vita.
Ma torniamo al nostro tema, il cibo è potere : non era forse potente Colui che cambiava l’ acqua in vino e che poteva perfino mutare se stesso in pane e vino? Dinanzi all’imperatore della Cina erano deposte ogni giorno centinaia di ciotole di cibi tutti diversi, da cui prelevava con le sue bacchette di oro o di giada, pochissimo cibo¸ all’estremo della gerarchia del potere alimentare- e del potere tout court- c’era la ciotola di solo riso del monaco o del mendicante, simile a quella di Francesco d’Assisi che porgeva a chiunque volesse regalargli, qualche avanzo del suo pasto.
In ogni società e in ogni epoca- come dice di Henry Kissinger – le differenze tra le classi e i gruppi si fanno notare in tanti modi diversi, in particolare nel vestire e nel mangiare .Già al tempo dei romani, accanto alla frugale cucina di Catone o quella esaltata di Marziale, vi era quella ostensiva di Trimalcione. Nel Medioevo ogni classe sociale aveva il proprio potere anche con i cibi,tanto che si parla di tripartitismo sociale e alimentare: i laboratores cui spettavano cibi grossolani, i bellatores o militari dominanti con cibi forti come le carni rosse e selvatiche e gli oratores con alimenti raffinati, eleganti costituiti da carni e cibi bianchi soprattutto per le signore. Importanti anche i colori, modi di cottura, tempi e maniere di presentazione delle preparazioni alimentari dell’una e dell’altra classe. Ricette tipiche delle tre classi: per gli oratores erano le Crespelle de Quaresima, lasagne per i belllatores e tigelle per i laboratores, burro, olio e lardo a piramide per le tre classi social.
Già l’uso delle farine rispecchiava questa differenza: farina di frumento bianco per i cittadini abbienti, farine miste di cereali( scuro) per gli abitanti delle campagne.
Nel Rinascimento queste differenze sono giustificate dalla teoria della grande catena dell’essere, dove ogni animale e vegetale è considerato più nobile di quello posto sotto di lui e meno nobile di quello superiore a lui:.per questo le piante meno nobili sono le cipolle, aglio, scalogno. In cima alla scala vi è la frutta .In modo analogo la carne: più nobile il pollo, l’anatra, il cappone, il maiale soprattutto se salato, chiude la scala sociale degli alimenti. Questa verticalità in sostanza riflette quella tripartizione che rimane fino alla rivoluzione Francese che segna una tappa fondamentale nel passaggio tra Ancien Regime e Nuovo Stato. Con l’avvento e l’imporsi della borghesia o terzo stato si aboliscono i previlegi e si effettua un vasto programma di riforme istituzionali e di cambiamenti nei rapporti sociali…e la cucina si adegua senza tante tripartizioni se non quella economica.
In Italia la borghesia raggiunge il suo potere con l’Unità nazionale e con essa la diffusione della cucina moderna, definita anche cucina casalinga che si differenzia dalla cucina classica basata su preparazioni francesi e internazionali. Alla cucina “ borghese”dobbiamo la preservazione delle ricette regionali, locali caratterizzate spesso dal clima, dalle tecniche di preparazione e dalle singole abitudini. Una cucina spesso grassa, sostanziosa, ricca di tradizioni che deve essere riscoperta e valorizzata indipendentemente da una classe sociale, borghese, purtroppo in via di estinzione.
Testo liberamente tratto da” Cibo è potere” di Giovanni Ballarini, edito Diabasis