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Rubrica di Emanuela Medi

Che la cannabis, al di la delle tante e controverse ideologie, sia un pianta dalle molte e riconosciute attività, non ci sono dubbi e certamente vinosano.com non è sito adatto per discuterne. Interessante è per noi riportare, come nel libro, la sua  lunga storia di riconoscimento giuridico, economico e sociale. La prefazione del libro  è a cura di Raphael Mechoulam, leggendario scopritore del THC e considerato a livello internazionale come il padre della ricerca su cannabis e cannabinoidi.  

Storia
canapa-principio-attivo-thcL’importanza economica attribuita alla Cannabis è testimoniata già nel 1600 quando, divenuta parte fondamentale del sistema economico del New England, del sud del Maryland e della Virginia per i suoi infiniti utilizzi, i contadini non solo erano stati obbligati a destinare parte della propria produzione, ma gli fu anche permesso di utilizzarla come metodo di pagamento delle imposte. 
Ancora prima, nel 1533 in Inghilterra, Enrico VIII stabilì con una legge che per ogni 60 acri di terra i contadini dovessero contemplare un quarto di acro coltivato a canapa o lino, indispensabili per produrre attrezzature destinate alle navi della marina inglese. 

Con la sua nota “teoria della cospirazione” espressa nel libro The Emperor wears no clothes, Jack  Herer  ha tracciato un quadro potenziale di quanto avvenuto dopo: agli inizi del 20esimo secolo i ricchi imprenditori americani identificarono la canapa ad uso industriale come una minaccia  che potesse sostituire alcune delle loro aziende più redditizie, tra cui quelle di carta, petrolio, cotone e fibre sintetiche. Le successive sorti della pianta e i divieti legati al suo utilizzo li conosciamo bene. 

Arrivando alla storia più recente, è stato l’Uruguay il primo  paese al mondo che nel 2013, soprattutto per colpire il narcotraffico, ha varato una legge per la legalizzazione della cannabis, dando così il via alla rivoluzione verde e sottraendo ai narcotrafficanti, secondo l’agenzia regolatoria del paese, ben 22 milioni di dollari relativi alle vendite della cannabis. 

Negli Stati Uniti invece ad oggi la cannabis legale è il settore che sta creando più posti di lavoro con oltre  200mila posti a tempo pieno, 300mila considerando tutto l’indotto, dei quali 64mila solo nel 2018. Nel 2017 secondo Tom Adams, il direttore di BDS Analytics, la marijuana legale ha generato  circa 9 miliardi di dollari nelle vendite negli Stati Uniti. 

Non solo, uno studio pubblicato sul JAMA Internal Medicine del 2014 ha mostrato che Stati americani che hanno autorizzato l’uso di cannabis terapeutica, dopo aver emanato le leggi, hanno avuto un tasso del 24,8% più basso riguardo alla mortalità annuale per overdose da analgesici oppiacei rispetto agli Stati in cui la cannabis terapeutica è ancora illegale. 

Per quanto riguarda l’Italia, dove ricordiamolo la sostanza non è legale, fa riflettere la posizione sulla legalizzazione espressa nel 2017 dalla Direzione Nazionale Antimafia, che invitava il governo a prendere in considerazione approcci che andassero al di là della semplice proibizione, auspicando l’introduzione di una “rigorosa e chiara politica di legalizzazione”. 

Ma il vero cambiamento epocale nelle politiche sulla cannabis è arrivato solo all’inizio del 2019, quando l’OMS ha chiesto di riclassificarla riconoscendone le proprietà mediche e identificando determinate preparazioni farmaceutiche a base di cannabis come sostanze con valore terapeutico a basso rischio di abuso

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