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Rubrica di Emanuela Medi
 

Il pane nella più antica lingua del mondo.

Erodoto (V secolo a. C.), che è considerato il “padre della storia”, nel secondo libro delle sue Storie – che per la loro bellezza furono nominate con i nomi delle nove Muse- affronta un argomento che avrà una lunghissima durata: quale sia stata la più antica lingua del mondo.

Lo storico, con il suo consueto stile semplice e preciso, racconta che il faraone Psammetico (VII secolo a. C.), per scoprire se davvero gli Egiziani, come generalmente si riteneva, fossero il più antico popolo del mondo, o lo fossero invece piuttosto gli abitanti della Frigia, regione dell’Asia Minore, e dunque la loro lingua, come voleva Omero, fosse invece la più antica, mise in atto un curioso e per certi aspetti crudele esperimento, che di certo oggi nessuno gli avrebbe perdonato. Ma si sa, a quel tempo tutto era concesso agli onnipotenti sovrani.

Dunque Psammetico prese due bambini nati da poco “da poveri parenti”, e li affidò ad un pastore perché li allevasse nel silenzio più assoluto, in modo che i piccoli non ascoltassero mai alcuna parola. Egli riteneva così che,in quei due bambini, la lingua, non influenzata da alcun suono di alcun paese, si sarebbe mostrata nella sua primigenia natura come, appunto, la prima lingua del mondo.

I bambini dunque crebbero tra le capre del pastore e mai nulla se non belati udirono. Un giorno, passati circa due anni, il pastore, entrato nella capanna, ebbe la grande risposta: i piccoli, “stendendo verso di lui le mani, e cadendo ai suoi piedi, gridarono “becco(βεκός).

I ragazzi ripeterono più volte lo stesso suono. Psammetico, informato del fatto, volle chiedere a che cosa mai corrispondesse quella parola in altra lingua e così gli dissero che i Frigi, chiamavano in quel modo il pane. “Dal che gli Egiziani conclusero che i Frigi erano più antichi di loro” (Erodoto, Storie, II, 1).

Inutile dire che se ingenuità traspare dall’antico racconto di Erodoto, non minore ingenuità mostrarono nel corso dei secoli i più moderni lettori. Lettori indaffarati anch’essi intorno allo stesso problema, come ben ci ha mostrato Umberto Eco (La ricerca della lingua perfetta nella cultura europea, Roma-Bari Laterza 1993). E tra i più ingenui gli Olandesi che, trasportando nel contesto dell’Europa di età moderna il racconto di Erodoto, e trovando che anche nella loro lingua “βεκός” significasse pane, ritennero l’olandese la lingua più arcaica.

Così infatti dice Goropius Becano (1519-1572):“Ma questo vocabolo ancora presso i nostri connazionali significa pane, e Becker è colui che fa il pane; di conseguenza bisogna ammettere che, in base a quest’antichissimo riconoscimento fatto da Psammetico, la nostra lingua è la prima…).Goropius Becanus, Origines Antwerpianae…, Antwerpiae 1569,p. 551.

Che poi questo suono uscito dalle labbra dei fanciulli fosse davvero parola per esprimere il pane, o magari una maldestra imitazione del belato delle capre che i poveri piccoli avevano avuto per due anni uniche maestre, non sappiamo, come non sappiamo se il primo pane frigio designato con questo nome fosse come quello più arcaico duro e biscottato o più morbido come il nostro.

Antonio Di Fiore

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