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Rubrica di Emanuela Medi
 

Il valore socioculturale del paesaggio rurale e vitivinicolo italiano

La viticoltura italiana ha lasciato, nel corso dei secoli, profondi segni identificativi del paesaggio rurale, e ancora oggi continua a rappresentare un marchio identificativo di un territorio attraverso pratiche colturali che si intrecciano con gli ambienti urbani, i borghi, le cantine, le case sparse, gli annessi agricoli, la cultura e le attività economiche e sociali dei luoghi.

Il paesaggio rappresenta oggi un mezzo per una possibile definizione di BELLO, e “dentro” al concetto di bello – quando parliamo di paesaggio rurale – inseriamo non solo quello che si vede ma anche quello che si sente e si percepisce soprattutto in termini di gusto; perciò siamo convinti che ciò che è BELLO è anche BUONO.

In generale, consideriamo BELLO il nostro patrimonio vitivinicolo perché capace di produrre anche qualcosa di molto BUONO. Nella globalizzazione in atto, tutto questo gioca un ruolo determinante nella identificazione di un territorio, nella sua caratterizzazione e di conseguenza nella opportunità di poterlo spendere come elemento di attrazione e di competizione, anche turistica.

Il nostro Paese, del resto, ha anche uno dei patrimoni più cospicui al mondo di paesaggi disegnati dai vitigni – molti di più e di diversi di quanti ne possa vantare, ad esempio, la Francia, Paese con cui spesso facciamo raffronti quando parliamo di vino e dintorni – e di diverse forme di allevamento della vite, magari in aree marginali, che tra l’altro corrono il rischio di estinzione.
Il Sud e le Isole ne detengono la maggior parte: sono tante biodiversità che possono rappresentare una straordinaria nuova opportunità, non solo vitivinicola, ma anche culturale per l’indubbio valore aggiunto che danno o possono dare al territorio.
Perché questo patrimonio va conservato come fosse un’opera d’arte, creando una rete dei luoghi visitabili, incrementando l’attrattività turistica di qualità, progettando nuove forme di promozione attraverso il web e le applicazioni, educando, informando sull’importanza della salvaguardia del paesaggio quale patrimonio culturale identitario italiano.
Si tratta di elementi costitutivi del paesaggio e dell’identità forte di ogni loro territorio di riferimento, e per questo anche motivo di attrattività enoturistica. Fanno parte di una categoria del BELLO che non può essere sottovalutata.

Proprio per la presenza innumerevole di questi “segni”, ci dimostra quanto BELLO sia disponibile e come quanto ancora di questo BELLO sia possibile utilizzare, senza stravolgerlo, per produrre ricchezza.
BELLO in questo caso, può quindi voler dire anche ricco, intendendo per ricchezza non solo la “monetizzazione” (per altro necessaria in forma di reddito per le imprese agricole ma anche per chi lavora nel vasto mondo dell’indotto del turismo enogastronomico), ma l’esistenza stessa di questo patrimonio che è indivisibile e irripetibile altrove.
Teniamo conto, infatti, che il paesaggio e il suo ambiente rappresentano una delle principali motivazioni al viaggio in Italia da parte dei turisti stranieri e che l’immagine italiana è fortemente legata a questi elementi attrattivi.
La pianificazione dello sviluppo e la conseguente corretta gestione del territorio sono elementi fondamentali affinché si possano realizzare forme di tutela dei luoghi e, comunque, del paesaggio; il BELLO, dunque, è utile anche all’ambiente.

Idealmente belle, infatti, sono anche le buone pratiche agronomiche che le aziende possono mettere in campo per diminuire, quando ancora evitare del tutto, l’uso di prodotti di sintesi per la coltivazione della vite, e quindi per tutelare la salute di chi lavora in vigna, degli abitanti dei territori vitati, dei consumatori.

Mariagiovanna Basile, architetto

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