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Rubrica di Emanuela Medi

L’azienda vitivinicola “Casa Setaro” è situata sulle pendici del Vesuvio, nel territorio del comune di Trecase, all’interno del Parco Nazionale del Vesuvio. Costituita nel 2005, Casa Setaro è guidata da Massimo e Maria Rosaria Setaro ed è da sempre impegnata nella valorizzazione dei vitigni autoctoni della Campania, coniugando antiche tradizioni e moderne innovazioni.

I locali dell’Azienda sono ricavati nella roccia vulcanica del Vesuvio, dove temperatura e umidità sono costanti tutto l’anno. I dodici ettari di vigne di Casa Setaro sono suddivisi in vari appezzamenti in cui si coltivano diverse varietà autoctone campane: Piedirosso, Aglianico, Falanghina e Caprettone.

Il Caprettone del Vesuvio deve il proprio nome, secondo la versione più diffusa, alla forma del grappolo, simile alla barbetta della capra. Oppure, in seconda ipotesi, al fatto che i suoi primi coltivatori fossero pastori, per l’appunto di capre. Uva a bacca bianca, è stata confusa (fino a tempi molto recenti) con il più celebre vitigno Coda di Volpe. Solo nel 2014, dopo approfonditi studi ampelografici corredati da analisi del dna, la specifica identità del Caprettone è stata scientificamente riconosciuta.

Essendo ricerche solo recentemente portate all’attenzione di produttori ed enti di certificazione, per il momento è molto difficile stabilire una stima precisa delle superfici destinate a Caprettone. Solo nei prossimi anni sarà possibile avere un quadro almeno in parte attendibile, con un aggiornamento dei registri di vigna e cantina che preveda voci separate per la Coda di Volpe e il Caprettone. Tra quelli coltivati sulle pendici del Vesuvio, il Caprettone è il primo vitigno in ordine di tempo ad essere vendemmiato: a seconda delle annate, anche prima dalla festa di San Gennaro (19 settembre), affinché se ne preservi il corredo acido accumulato: nella prima quindicina di settembre il grado zuccherino è al suo punto migliore e anche l’acidità è ottimale per garantire un bagaglio aromatico complesso e un buon nerbo.

Ha foglia grande, di colore verde chiaro; grappolo spargolo di media dimensione; acino piccolo e regolare. La pianta è di media produttività.Il vino che ne deriva, di colore paglierino scarico, possiede aromi delicati di gelso, albicocca e ginestra.

Morbidezza, mineralità e struttura consentono notevoli possibilità di abbinamento con piatti locali: insalata di mare, polpo in “cassuola”, minestra maritata (“menestamaretata”), carni bianche, zuppe di legumi. Ideale con il baccalà di Somma Vesuviana. La Denominazione in cui il Caprettone è presente prevede che per le tipologie Bianco e Lacryma Christi Bianco sia obbligatorio utilizzarlo per almeno il 35%, in assemblaggio con Falanghina, Greco, Verdeca.

Poiché le vendemmie da cui sono stati ricavati vini prodotti da Caprettone in purezza sono ancora molto poche, è ancora difficile definirne un profilo organolettico univoco. È però già possibile individuare la capacità di questa cultivar di acquisire, con il tempo, il carattere fortemente affumicato e minerale dei suoli vulcanici sui quali cresce.

STEFANIA BORTOLOTTI, Giornalista

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