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Rubrica di Emanuela Medi
 

La rinascita dei vini pugliesi: “Interpretazioni” di massima qualità senza compromessi

In occasione delle festività natalizie mi sono recato con la mia Antonella a Lucera, vicino Foggia, il suo paese natio, dove ancora vive il padre novantaseienne, ancora in gamba, e la sorella più piccola con la sua famiglia. Lucera, fin dalla sua origine, fu denominata “chiave delle Puglie“, per la sua posizione strategica, quale porta del Tavoliere; è una città pre-romana del nord della Puglia, alleata di Roma contro i Sanniti, sede della corte di Federico di Svevia, capoluogo della Capitanata fino al 1806.

Passeggiando per le strade di Lucera, città della luce e del vento, ci rintaniamo in un bar storico lungo via IV novembre … prendiamo un aperitivo e ci ritroviamo a parlare col titolare, che Antonella conosce … qualche ricordo dei tempi andati … La mia attenzione è attratta dal frigorifero per vini e liquori, dove noto, tra le altre, delle bottiglie di vino con etichette scritte a mano, che ben conosco per averle viste in passato a casa di mio suocero. Sono bottiglie dell’Azienda Petrilli, ora condotta da Paolo, mio suocero come ragioniere lavorava per lo zio. Apro il frigorifero e vedo 3 bottiglie, numerate, dell’annata 2011, una di Nero di Troia, una di Aglianico e una di Sangiovese … mi sembra quasi di percepire i sentori che provai al VinItaly di qualche anno fa, quando Paolo, parlandogli della mia passione per il Brunello, mi fece assaggiare un Sangiovese in purezza … Chiedo al titolare del bar se sono in vendita, mi risponde: “Non voglio venderle…”. Penso, da buon intenditore, che voglia tenersele per lui, sto già,tristemente, desistendo, quando gli chiedo: “In che senso?”… “La gente si lamenta perché c’è la posa sotto”…Mi riprendo e gli dico “Non si preoccupi per me vanno bene, quanto me le mette?”…Forse perché conosce Antonella, o comunque perché non riesce a venderle, me le cede a metà prezzo … Felice della mia conquista, torno con i miei trofei a Roma e così la scorsa settimana abbiamo assaggiato il Nero di Troia, abbinandolo all’agnello pugliese, cotto al forno con le patate…

Come anche altre etichette di Paolo Petrilli, il Daunia Nero di Troia IGT 2011 fa parte del progetto “Interpretazioni”, volto a valorizzare i vitigni autoctoni pugliesi. Ottenuto esclusivamente da uve provenienti da agricoltura biologica certificata, si dimostra tanto puro e integro nel frutto, quanto ben equilibrato nelle componenti organolettiche acquisite in fase di invecchiamento.

Al colore si presenta di un rosso violaceo impenetrabile; ha dei sentori di confettura di more, prugna secca, amarena, speziato, accenni di tè nero; in bocca è corposo, avvolgente, caldo e morbido, tannini arrotondati.Lunga persistenza.

Per compararlo abbiamo aperto una bottiglia del Daunia Nero di Troia IGT “Guerro” 2010, un IGT Nero di Troia della stessa azienda con sull’etichetta rossa un ottagono dorato, che mi richiama alla mente  il magnifico castello ottagonale, con otto torri anch’esse ottagonali, eretto nel 1240 da Federico II a Castel del Monte. L’edificio è carico di simbolismi.L’ottagono su cui è articolata la pianta del complesso e dei suoi elementi è una forma geometrica fortemente simbolica: si tratta della figura intermedia tra il quadrato, simbolo della terra, e il cerchio, che rappresenta l’infinità del cielo, quindi segnerebbe il passaggio dell’uno all’altro … il numero 8 significa rinascita…

Il Guerro matura per il primo anno in barrique di rovere francese non tostato, e per i successivi 12 mesi in acciaio, poi viene imbottigliato senza essere prima filtrato. Si presenta con un bel rosso rubino;al naso, i sentori di frutta fresca a polpa rossa sono arricchiti da venature di amarena e ribes e da un gradevole richiamo alla vaniglia. L’assaggio è pieno e intenso, morbido e caldo, caratterizzato da un finale lungo e leggermente balsamico.Tannini vellutati, ritorno di note speziate e di china, si sente l’anno in più. Ha un bel carattere, pieno, ma gentile e generoso.

Ho scelto il Nero di Troia, non solo perché caratteristico della Puglia del nord, ma anche perché è stato a lungo considerato un vitigno difficile, buono solo per arricchire in spessore vini dal corpo più debole. La rinascita di questo vitigno inizia circa vent’anni fa, con le prime sperimentazioni in direzione di una produzione monovarietale, che culmina col riconoscimento nel 2011 della DOCG Nero di Troia Rosso Riserva.

L’Azienda Petrilli ,“La Motticella”, o Motta della Regina:

E’ un insediamento antichissimo, riportato sulle mappe già prima dell’anno mille. Nel Medioevo era una sosta lungo la strada fra Lucera, nell’interno, e Lesina, avamposto di Venezia sull’Adriatico. Ai primi del 900 l’azienda, tipica masseria fortificata pugliese,  venne acquistata da Paolo Petrilli, nonno dell’attuale proprietario,  ed accorpata alle aziende di famiglia a confine. Nel 1989 Paolo Petrilli comprende il valore di una agricoltura sostenibile e l’importanza di utilizzare in modo diverso il territorio per le generazioni future, matura l’idea di produrre con metodi biologici, senza contaminare suolo ed aria, senza impiegare pesticidi e diserbanti, nasce, così, l’Azienda Agraria Paolo Petrilli. Oggi La Motticella è una azienda viva, vi si coltiva grano duro, foraggio, pomodori, peperoni, barbabietole, vite e olivo. I prodotti oltre che all’Italia del nord, sono esportati in Giappone, Canada, Inghilterra, Germania, Francia, Belgio, Svizzera e Cina.

La vigna si estende per undici ettari. Il Nero di Troia è la varietà prevalente, poi Sangiovese, Montepulciano, Aglianico, Bombino e Verdellino; non una sola pianta di varietà internazionali.

Le vecchie viti crescevano precedentemente su terreni troppo fertili, mentre ora, dopo essere state innestate, sono allevate su suoli calcarei e meno fecondi, cosicché regalano uve qualitativamente superiori rispetto a prima.La densità è cinquemila piante ad ettaro, e le rese delle uve non superano mai i 60 quintali, si è rinunciato alla eccessiva resa per ettaro e all’utilizzo di prodotti chimici, per sviluppare un sistema produttivo eco-sostenibile, in cui sfruttare la naturale fertilità del terreno e favorire la biodiversità dell’ambiente. Si vendemmia a mano e si vinifica, dal 2002, nella cantina dell’azienda. Il fine ultimo di Paolo Petrilli è quello di ottenere la massima qualità senza compromessi. Monitorando costantemente tutta la filiera produttiva, nascono così vini che raccontano di un terroir unico e di una storia ricca di tradizioni e autenticità.

Anni fa, prima delle cantine sociali, tutti gli agricoltori producevano il loro vino. Il bisnonno e il nonno di Paolo, quando il vino era pronto, appendevano una fronda di ulivo sul portone del palazzo e pagavano un banditore perché ne desse notizia. Erano i tempi del famoso“Cacc’eMmitte” di Lucera,  una delle DOC più vecchie del Sud, che negli anni era quasi scomparsa. Paolo ne produce due versioni, una più austera, il Ferraù, l’altra più accattivante, l’Agramante, entrambe da uve Nero di Troia, Sangiovese, Montepulciano e Bombino.

Il nome dialettale deriva dall’antica procedura di vinificazione: i proprietari di palmenti, tipiche masserie del Sud Italia provviste di vasche per la pigiatura dell’uva, davano in affitto le attrezzature per la lavorazione. Le operazioni dovevano terminare entro la giornata di fitto per lasciare libere le attrezzature all’utilizzatore successivo. Pertanto un affittuario toglieva il mosto appena prodotto dalle vasche del palmento (Cacce) per portarlo nelle proprie cantine, e un nuovo affittuario versava nelle vasche (Mmitte) la propria uva da pigiare.

I vitigni autoctoni, coltivati come in questa azienda con grande interesse e grande amore, ci permetteranno di contrastare l’omologazione e di vivere da vincenti nella globalizzazione, perché queste uve hanno la forza di stimolare curiosità e oltretutto esprimono le loro qualità soltanto in territori unici.

Luigi Gorietti, sommelier

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