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Rubrica di Emanuela Medi
 

La Signora del Sangiovese: Elisabetta Gnudi Angelini

Signora del Sangiovese per aver fatto di questo vitigno un must dell’enologia italiana e dei suoi vini tra i più blasonati e pluripremiati a livello internazionale.

Quando l’ho incontrata a Vinitaly non potevo sperare in una intervista così “vera“perché lei, partendo da vicende personali apparentemente dorate ma che si sono rivelate presto  difficili, è riuscita a realizzarsi  e a realizzare una realtà vitivinicola articolata su  quattro aziende  che hanno un loro peso in termini di qualità nel panorama italiano, un Made in Italy conosciuto in ben 46 paesi nel mondo, ma sempre pensando ai figli e ora ai nipoti.

Si, Elisabetta che da giovane faceva  teatro e cinema, sposa Paolo Angelini marito dolcissimo, imprenditore importante (parliamo dell’azienda farmaceutica Angelini) ,  rimane vedova con due bambini minorenni. Futuro assicurato? Nemmeno per sogno. Elisabetta,quando il suocero era gravemente ammalato, entra in azienda ma non le ci vuole molto per capire che da cognata con due cognati in perenne contrasto , non era quello il suo posto.

Preferisce uscirne e da donna tosta, con laurea in economia e commercio e la passione della campagna  capisce  che la viticultura può offrire ottime potenzialità: ”Da buona bolognese mi piaceva bere e mangiare bene, -dice- oltretutto quando ero in azienda fui io a convincere mio cognato Francesco a comprare i Tenimenti , io stessa seguivo le aziende agricole e vitivinicole, momento importante perché allora – e parliamo degli anni 90- si stava decidendo la diversificazione dell’azienda che contemplava  l’acquisizione di partecipazioni anche in questo settore.

”Laurea in economia e commercio, esperienza aziendale, corsi da sommelier e master sommelier presso l’AIS (Associazione Italiana Sommelier), molto studio, piedi per terra e sale in zucca… nel 1997 arriva Borgo Scopeto nel Chianti Classico , poco dopo Caparzo a Montalcino che era già in trattativa con il gruppo Angelini,” ma avevo deciso – sottolinea l’imprenditrice- che sarebbe stata mia.

Volevo  vivere in campagna,  con un’azienda a Montalcino e un’altra nel Chianti Classico, anche se ero tentata dal Piemonte (ero in trattativa per comprare Borgogno  nelle LANGHE ). Ho preferito la  Toscana perché la gente, i luoghi bellissimi, lo tesso modo di vivere erano più consoni alla mia personalità e poi.. avevo il Sangiovese nel sangue.. nei miei non pochi momenti di solitudine.. era il mio fidanzato.”

Non’è la grande imprenditrice che parla, è Elisabetta Gnudi convinta che il  Sangiovese sia un grande vitigno come  dimostrano i suoi vini “Completo – dice- dalla grande spalla acida con tannini perfetti, longevo, cui non manca nulla. Perché ammazzarlo con il legno?” Non le interessava la moda della barrique, dello scimmiottamento dei vini francesi, del gusto americano per i vini rotondi e forse un poco piacioni.

Sostenuta allora dal giovane enologo Giovanni Sordi (successivamente passato ai Frescobaldi) dopo 15 anni di batoste con punteggi bassissimi, arriva la sua rivincita: la tradizione e quelle  amatissime botti. Perché cambiare, mettendo un poco di vaniglia  o aggiungendo del Merlot e del Cabernet Sauvignon?. Dopo Giovanni Sordi, altro grande enologo, Massimo Bragalente con cui non condividevo le scelte enologiche , ora Vittorio Fiore praticamente nato e cresciuto in azienda.”

Vini importanti: quale è il segreto, chiedo :”Credo, l’aver insistito con la tradizione. Ricordo il 1998 anno in  cui comprai Caparzo, annata bellissima e  i miei sangiovese erano lì per l’annata del secolo. Solo due anni prima  Biondi Santi aveva vinto a Bordeaux il premio per il suo grandissimo vino, un Brunello superbo. Anni  segnati da incredibili coincidenze il 4  settembre del 1955  nascevo e in quello stesso anno mia nonna  il cui cognome era UVA, faceva la sua prima vendemmia. Dopo tanti anni la tradizione continua, segnata  certo da riconoscimenti ma anche da esperti, come un giornalista canadese venutomi a trovare a Vinitaly, che mi ha detto” i tuoi vini sono sempre perfetti, gli stessi anche dopo 20 anni, non sono mai cambiati”.

Oltre trecento ettari , una produzione di circa un milione e mezzo di bottiglie,  4 aziende il cui nome segue un ordine alfabetico: A come Altesino a Montalcino, B come Borgo Scopeto nel Chianti Classico , C come Caparzo sempre a Montalcino  e D come  Doga delle Clavule dove si produce il Morellino di Scansano.

La più tormentata delle acquisizioni? “ Altesino, racconta Elisabetta, non potevo permettermela, ero già oberata da mutui e debiti, ma quando seppi che erano in trattativa  con Chateau Margaux, mi sono detta- i Francesi miei confinanti a Montalcino, mai!- L’ho comprata nel 2002  e non me ne sono pentita perché mi ha dato grandi soddisfazioni. I miei  vini sono longevi quanto i francesi e sono sempre tra le top 100 più premiate sia da Robert Parker che da” Wine Spectator”.

Certo fece rumore e molto l’acquisizione di questa tra le griffes più famose di Montalcino: 27 ettari di cui 20 a Brunello, 7 Rosso di Montalcino e Sant’Antimo. Collocata su uno dei cru più famosi, Montesoli, supervisionata dall’enologo Piero Rivella, come Caparzo l’altra tenuta sempre a Montalcino  con 50 ettari vitati, sono entrambe uno dei non pochi miti del Brunello.

Non senza dimenticare Borgo Scopeto una realtà da sogno collocata in una terra quale la  Toscana dalla natura dolce e affascinante che fa sfondo a capolavori di arte e architettura tra i più belli del mondo. E proprio a Borgo  Scopeto (70 ettari di cui 40 a Chianti Classico) nasce il Borgo Scopeto Relais (quattro stelle superiori), un angolo che Elisabetta ha voluto da paradiso. L’ultima nata, si fa per dire, è Doga delle Clavule, situata nella maremma toscana il cui nome è dato da doga in dialetto locale indica un piccolo corso d’acqua mentre clavule dal latino barbatelle  “Un Morellino di Scansano- dice Elisabetta- mi piaceva, acquistato  nel 2000, il podere  di oltre 130 ettari non possedeva vigneti , ma io  li ho messi anche perché questa è una terra etrusca dove si coltivavano le viti stando a degli orci di terracotta  che abbiamo trovato contenenti semi di vitis vinifera”. Elisabetta è un vulcano di imprese grandi , piccole come l’essere partner di My Tailored Wine un progetto, cui hanno aderito prestigiose aziende, dove chiunque può fare il suo vino diventando un wine maker.. Oggi un network con Duca di Salaparuta  “per essere maggiormente presenti nel territorio con una diffusione capillare. ”E con il cugino? Domanda maliziosa” Non abbiamo rapporti”.

Una figlia Ingegnere spaziale Alessandra con importanti lavori in America, ora in azienda , Igino anche lui ingegnere ambientale e tanti nipoti. Forza, tenacia, cultura, passione, capacità aziendali di notevole spessore  e ancora tanti progetti,fanno di Elisabetta: la Signora del Sangiovese.

Emanuela Medi, giornalista, sommelier

 

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Emanuela Medi giornalista professionista, ha svolto la sua attività professionale in RAI presso le testate radiofoniche GR3 e GR1. Vice-Caporedattore della redazione tematica del GR1 “Le Scienze”- Direttore Livio Zanetti- ha curato la rubrica ”La Medicina”. Ha avuto numerosi incarichi come il coordinamento della prima Campagna Europea per la lotta ai tumori, affidatole dalla Commissione della Comunità Europea. Per il suo impegno nella divulgazione scientifica ha ottenuto numerosi riconoscimenti: Premio ASMI, Premio Ippocrate UNAMSI, premio prevenzione degli handicap della Presidenza della Repubblica. Nel 2014 ha scritto ”Vivere frizzante” edito Diabasis. Un saggio sul rapporto vino e salute. Nello steso anno ha creato il sito ”VINOSANO” con particolare attenzione agli aspetti scientifici e salutistici del vino. Nel 2016 ha conseguito il diploma di Sommelier presso la Fondazione Italiana Sommelier di Roma.. Attualmente segue il corso di Bibenda Executive Wine Master (BEM) della durata di due anni.