Se esiste, nel mondo reale, qualcosa che può assomigliare alla vigna di Ulisse cantata da Omero, questa è “La vigna del professore.”
A Procida, in un’isola presso Napoli, dove sono stati trovati reperti che risalgono, come quelli della vicinissima Ischia,ad età micenea, dove, già da quell’epoca si amava il vino e col vino si brindava, oggi ci sono alcuni vigneti coltivati con la stessa antica passione di quel tempo arcaico. Con lo stesso, antico, solitario e silenzioso amore per la terra.
Se, infatti un procidano, nella sua giovinezza, nell’età del lavoro e dell’impegno professionale, si allontana da Procida, state pur certi che in cima a tutti i suoi pensieri sarà sempre, proprio come Omero ci racconta di Ulisse, il suo ritorno .E, proprio come per Ulisse,questo ritorno sarà soprattutto in una terra che è ferma nel ricordo per i suoi legami con persone che sono lì radicate, proprio come gli alberi, in un luogo specifico.
Se Ulisse dopo vent’anni di lontananza ricorda ed enumera ad uno ad uno gli alberi che il padre gli aveva donato, così, chi ritorna a Procida dopo decenni di vita passati lontano, non mancherà di ricercare tutti gli alberi che aveva conosciuto da bambino. E a questi poi, con un’aggiunta di amore, non mancherà di applicare tutte la conoscenza che la sua vita ha fatto accumulato nel suo cuore e nella sua mente.
Così è stato per Vincenzo. Vincenzo è stato a lungo lontano da Procida, dapprima per completare i suoi studi di astronomia, poi per insegnare Astronomia e Navigazione negli Istituti Nautici di Procida e Venezia, che ha anche diretto come Preside, ma poi, alla fine, negli anni ’90, è tornato e si è dedicato anima e corpo alla terra, cercando di valorizzare la produzione di vino e olio della sua Procida.
Ed è qui, nel punto dove il sole di Procida è tanto chiaro e splendente che il posto, alto sul mare, è stato chiamato “Solchiaro”,che il frutto del suo lavoro si vede. Vincenzo tra antiche querce, con sottobosco non diverso da quello greco, tra corbezzoli, ginestre, mirti e cisto,tra aranci limoni e fichi, fa un vino dal sapore antico e ineguagliabile con i vitigni: Falanghina, Fiano, Biancolella e Catalanesca per i bianchi. Aglianico e Piedirosso per i rossi.
L’olio, denso e perfetto, extravergine è ottenuto da diverse varietà di olive Leccino, Pendolino, Carolea. Olive che Vincenzo schiaccia con un piccolo frantoio.
In questo luogo, con un panorama da cui di giorno si può ammirare tutto il Golfo di Napoli, da Monte di Procida, Capo Miseno, fino alla Penisola Sorrentina e Capri, e di notte mostra tutte le stelle del cielo, esaltato da un suggestivo percorso che segue un sentiero naturale, tra ulivi, roverelle, viti e fichi, fino a raggiungere un “riservato” angolo di mare per giungere al quale egli ha scavato, nella viva roccia, tanti scalini, Vincenzo ha costruito con le sue mani, arricchendolo con le conoscenze della sua mente e gli affetti del suo cuore, il suo paradiso.
Gea Palumbo , docente di Storia e Iconografia Università” Roma Tre”