E’ nel DNA degli americani: la ricerca, il motore dello sviluppo di questo grande paese. Perché non anche nel vino? Ne erano tanto convinti i fratelli Mariani, forti del valore del territorio Banfi e delle sue diversità, da iniziare già negli anni 80 un progetto di ricerca, meglio di selezione clonale.
Il progetto affidato all’Università di Milano e al Prof Attilio Scienza, era incentrato sul Sangiovese, il vitigno italiano più diffuso e molto sensibile alle condizioni geo-climatiche. Da una prima analisi del vitigno risultarono presenti all’interno dell’azienda Banfi, 650 cloni di Sangiovese, dei 180 selezionati, in un vigneto-catalogo, ne furono censiti e successivamente impiantati 15 che rappresentano il meglio delle caratteristiche di questa grande uve. Non si era andati alla ricerca del “super-clone” ma di una molteplicità di cloni che insieme potessero esprimere il meglio questa ricchezza.
Attraverso una ricerca integrata cantina – vigna si è visto che alcuni cloni rispondono bene in determinate aree viticole – come il Brunello Poggio alle Mura. Si è potuto così ottimizzare l’inserimento dei diversi vitigni nei paesaggi Banfi e definire le aree omogenee per prestazioni vegetative, produttive e qualitative in modo da esaltare la tipicità dei singoli vitigni nei principali micro-ambienti.
La ricerca non si ferma perché il nuovo filone prevede una riduzione degli agrochimici a tutela dell’ambiente e della salute dei consumatori. Lo studio guidato dalla Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige in sinergia con l’università di Udine e i vivai di Rauscedo hanno impiantato, a inizio 2017, nuovi genotipi ottenuti da incroci varietali, detti anche eco-sostenibili – che hanno manifestato elevate capacita contro le malattie funginee.
La ricerca continua in un campo sperimentale dove, come ci dice l’agronomo Gianni Savelli “Stiamo sperimentano varietà internazionali non autorizzate in Toscana – ma lo sono da noi – come il Palau vino della Catalogna, l’Altoatesino Lagrein, il Georgiano Aleessandroui per vedere come si adattano al nostro ambiente. Abbiamo bisogno – confessa Savelli – di nuove varietà a causa del clima caratterizzato da precipitazioni concentrate in alcuni periodi e certamente più caldo per via dell’aumento di un grado e mezzo della temperatura del mare”.