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Rubrica di Emanuela Medi
 

Le ceneri, da rifiuto a risorsa

Se nel contesto religioso la valenza simbolica  delle ceneri è evidente, meno lo è l’interesse crescente che la cenere suscita nella comunità scientifica per i suoi numerosi utilizzi applicativi potenziali: ceneri prodotte dalle centrali a carbone sono, per esempio, utilizzate per la realizzazione di polimeri sintetici impiegati in settori che spaziano dall’edilizia ai beni culturali, fino alle tecnologie ambientali.

Anche in ambito agronomico le ceneri ottenute da biomasse, opportunamente trattate, possono rivelarsi un’importante risorsa: Uno studio è stato condotto nell’ambito di un progetto di sviluppo regionale che ha coinvolto l’Istituto per la bioeconomia (Cnr-Ibe).

“In Italia e in molti altri Paesi d’Europa c’è un forte interesse per la valorizzazione agronomica delle ceneri, in considerazione dell’importanza strategica che le biomasse – da bosco, colture o agricole – rivestono come potenziale risorsa energetica”, spiega Carla Nati del Cnr-Ibe.

“Oggi sono considerate un rifiuto e condotte in discarica, rappresentando un problema e un costo non indifferenti. Invece il loro spandimento in campo consentirebbe di restituire al suolo importanti elementi minerali sottratti dalle pratiche colturali. Le ceneri possono agire da concime, apportando elementi nutritivi utili all’accrescimento delle piante, come potassio, fosforo, magnesio, calcio e riducendo l’utilizzo di concimi artificiali. Ma possono fare anche da correttivo, innalzando la reazione del suolo (pH) verso valori più basici”.

L’impiego dovrebbe tener conto di fattori come la tipologia e la temperatura di combustione della biomassa bruciata, al fine di ridurre al minimo il rischio di immettere nel suolo elementi pericolosi quali metalli pesanti, idrocarburi policiclici aromatici e clorobenzeni.

“Sebbene la concentrazione di questi inquinanti sia in genere molto contenuta, lo spargimento dovrebbe essere effettuato in dosi opportune e con modalità tali da preservare al massimo gli elementi utili; la scelta più efficace consisterebbe nel compattare e agglomerare le ceneri in pastiglie oppure, nel caso di auto-utilizzo in azienda, nello stoccarle celermente in sacchi sigillati e individuare la metodologia di spargimento più idonea; gli effetti positivi si registrano in termini di crescita e di aumento della produttività”, aggiunge la ricercatrice.

Sempre in ambito agricolo, la cenere può essere utilizzata anche come additivo al letame e al compost: assorbendo l’umidità, permette di migliorare la fermentazione della biomassa e la disponibilità di elementi preziosi, formando un fertilizzante di qualità superiore.

Ci sono però problemi che frenano il suo utilizzo su larga scala. “A livello di legislazione, a oggi, le ceneri derivanti da combustione della biomassa sono classificate come rifiuti speciali non pericolosi e distribuirle sul terreno, di fatto, significa smaltire illegalmente un rifiuto”, conclude Nati.

“È possibile utilizzarle prevedendone però l’uso fin dall’inizio, qualificandole come sottoprodotto. Un’apertura in questo senso viene dall’Ue, che già ammette l’uso in agricoltura biologica della cenere di legna come fertilizzante, ponendo il limite che derivi da legname non trattato chimicamente dopo l’abbattimento”.

 Carla Nati, Istituto per la bioeconomia (Cnr-Ibe)

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Emanuela Medi giornalista professionista, ha svolto la sua attività professionale in RAI presso le testate radiofoniche GR3 e GR1. Vice-Caporedattore della redazione tematica del GR1 “Le Scienze”- Direttore Livio Zanetti- ha curato la rubrica ”La Medicina”. Ha avuto numerosi incarichi come il coordinamento della prima Campagna Europea per la lotta ai tumori, affidatole dalla Commissione della Comunità Europea. Per il suo impegno nella divulgazione scientifica ha ottenuto numerosi riconoscimenti: Premio ASMI, Premio Ippocrate UNAMSI, premio prevenzione degli handicap della Presidenza della Repubblica. Nel 2014 ha scritto ”Vivere frizzante” edito Diabasis. Un saggio sul rapporto vino e salute. Nello steso anno ha creato il sito ”VINOSANO” con particolare attenzione agli aspetti scientifici e salutistici del vino. Nel 2016 ha conseguito il diploma di Sommelier presso la Fondazione Italiana Sommelier di Roma.. Attualmente segue il corso di Bibenda Executive Wine Master (BEM) della durata di due anni.