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Rubrica di Emanuela Medi
 

Le tavolette di Vindolanda: frammenti di vita quotidiana in Britannia

La Britannia, nome con il quale i Romani solevano chiamare l’odierno Regno Unito, possiede tante tracce dell’antica conquista romana che si rivelano oggi nei nomi delle strade, delle fortezze, delle città, nella tipologia dei monumenti, e che vengono anche fuori da scavi archeologici talvolta casuali che, a distanza di tanto tempo, ci fanno conoscere frammenti di una quotidianità che non manca di sorprenderci e, talvolta, di commuoverci.

L’etimologia del nome Londinium non è tuttora ancora chiara ed il termine è al centro di un inconcluso dibattito: il significato potrebbe derivare dal pre-celtico fiume grande indomabile, oppure dal latino pozzanghera, o ancora dal celtico selvaggio. Certo, in ogni caso, i termini non sembrano evocare un territorio molto ospitale, soprattutto per chi proveniva da un clima decisamente più secco e caldo. Indubbiamente i soldati erano addestrati a percorrere in un solo giorno anche cinquanta chilometri in caso di marce forzate, ma dovevano camminare su un terreno non sempre facile.

Il fatto che i soldati non fossero particolarmente contenti dello stato delle strade nella provincia britannica, è testimoniato, insieme a innumerevoli altre cose, da alcune tavolette ritrovate nell’antica e una volta popolosa fortezza romana di Vindolanda. Tale fortezza era ubicata poco più a sud del Vallo di Adriano, nel Castrum costruito dopo l’80 d.C., ai tempi in cui i vicini Caledoni venivano sconfitti dal generale Agricola, suocero di Tacito e unico comandante romano capace di spingersi fino al nord più estremo dell’isola, in terreni ancora ignoti e sconosciuti.

E forse Agricola si sarebbe spinto ancora più avanti, completando quella romanizzazione destinata a rimanere invece “imperfetta” della Britannia, se l’imperatore Domiziano non l’avesse invece richiamato improvvisamente. Fatto sta, però, che il provvedimento, fermò di fatto per sempre l’avanzata romana nel nord dell’isola. Anzi, come si sa, alcuni anni dopo, gli imperatori Adriano e Antonino costruirono ben due valli nel nord della Britannia preferendo rafforzare e non espandere i llimes dell’impero.

Vindolanda era dunque una fortezza abitata da coorti provenienti da varie parti dell’impero, non vi erano dunque solo Romani, ma anche i Batavi dei Paesi Bassi, i Tungri della Germania, o gli ausiliari della penisola iberica. I nomi ritrovati su centinaia di tavolette, di grandezza simile ad una moderna cartolina, suggeriscono destinatari e mittenti di amici e parenti lontani in Gallia, Germania, Pannonia (una regione tra Austria, Ungheria e Croazia), Dacia (Romania) e Grecia. Incisi con un inchiostro al carbone e gomma arabica, questi reperti si sono conservati grazie alla natura del terreno anossica (vale a dire senza ossigeno e batteri) e costituiscono una delle più importanti scoperte archeologiche in Gran Bretagna. È anche in queste antiche tavolette romane che troviamo il primo esempio di scrittura femminile in Gran Bretagna: una donna, Claudia Severa, invita la sorella al suo compleanno, concludendo la lettera scrivendo le ultime parole di suo pugno.

Le più note tavolette sono quelle riguardanti la venerazione della dea Gallia tra i militari del campo, Bretoni romanizzati, Galli, Batavi e Spagnoli. Il reperto così recita:“La coorte dei Galli dedica una statua alla dea Gallia in concordanza con i Bretoni”.

Queste tavolette di Vindolanda sono interessanti, non solo per la grande importanza storico-archeologica che esse rivestono per la nascente cultura britannico-romana, ma anche per lo spaccato antropologico e sociale che possiamo ritrovarvi attraverso una attenta lettura. La storia di Vindolanda ci ricorda come doveva essere la vita quotidiana in queste lontane terre romanizzate dell’impero. Infatti nel forte non erano presenti solo militari ausiliari, ma anche donne,medici, macellai, artigiani: sappiamo che Viris e Alius erano due veterinari, Lucius costruiva gli scudi, Marcus era un medico, Atrectus un birraio che doveva dei soldi al macellaio per un pezzo di grasso di maiale. Poi c’erano ben dodici calzolai e diciotto costruttori di bagni.

Uno degli argomenti che troviamo più spesso nelle lettere, è il clima. Una missiva ritrovata, probabilmente mai arrivata a destinazione, era una richiesta di vestiti caldi e spessi (subuclae –abollae) per affrontare “il nemico pungente freddo del Nord” (per dirla alla Gogol).

Sono tanti i personaggi che emergono dal recupero lento ma progressivo delle antiche tavole diVindolanda (lo scavo archeologico riprende le attività esplorative ogni estate). Tra i soldati stanziati al forte non mancava chi, stanco di quella vita di frontiera ai limiti dell’ignoto, chiedeva di essere congedato per tornarsene in ambienti più familiari; chi semplicemente domandava qualche sacco di grano; chi della birra perché i soldati la bevevano troppo in fretta ed era finita; chi voleva dei soldi che aveva speso; chi solamente calzini e mutande .C’era anche chi esprimeva solo la speranza di essere presente ad un compleanno lontano.

Interessante è anche il termine “Brittunculi” che appare sulle tavolette, secondo alcuni un aggettivo arrogante e derisivo che sottolineava un malcelato disprezzo che i Romani nutrivano verso i Britanni.

I reperti di Vindolanda ribadiscono anche la capacità dei Romani di adattarsi alle situazioni climatiche e ambientali nelle quali si venivano a trovare di volta in volta che occupavano nuovi territori. Certo, in un paese dove non era dato trovare materiale scrittorio usuale, ecco che venivano usate tavolette offerte dalla natura circostante: una betulla, un ontano, una quercia.

Molte tavolette, ancora nascoste sotto il fango, aspettano di rivelarci altri particolari di questa vita di frontiera.  Forse neppure Pascal,con la sua teoria delle probabilità, avrebbe saputo rispondere perché soltanto Lucius, che costruiva gli scudi e Marcus il medico, hanno avuto, finalmente, il dono dell’immortalità, o almeno quello, forse non meno importante, di riuscire a comunicare, attraverso la scrittura, non solo con amici e parenti, ma anche con noi.

Antonio Di Fiore

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