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Rubrica di Emanuela Medi
 

“Mangiare colli cani e colli gatti”. Una delle punizioni più in uso nell’antico “Collegio dei Cinesi”a Napoli

In televisione molte volte la pubblicità ha per destinatari animali domestici, o meglio, ha per destinatari i possessori di cani e di gatti e talvolta mostra perfino gli stessi animali usare in vari modi i cellulari di ultima generazione.

Molto frequentemente tale pubblicità vanta prodotti a loro dedicati. Quasi sempre queste immagini ce li mostrano mentre, nello splendido isolamento di un lussuoso appartamento, mangiano sotto lo sguardo premuroso e attento dei loro padroni. Cani o gatti sono in molte case una familiare presenza: li vediamo accanto ai loro padroni fare le fusa o ricevere coccole sul divano o addirittura nel letto, o nella sala da pranzo, pronti ad afferrare un boccone che viene loro lanciato. Cani e gatti condividono,insomma, non di rado, oltre la nostra casa anche la nostra mensa.

Scoprire invece che “mangiare colli cani e colli gatti” era un tempo neanche tanto remoto una punizione in uso in collegi e orfanotrofi può pertanto suscitare stupore.  Eppure questo castigo era più diffuso di quanto si possa credere. Lucio Wu, un cinese condotto ancora bambino in Italia da un missionario, Matteo Ripa, per ricevere un’adeguata istruzione e tornare a sua volta missionario nel suo paese, ci offre una interessante testimonianza in proposito.

Questo alunno, dallo spirito ribelle e insofferente della disciplina che vigeva nel Collegio dei Cinesi di Napoli (fondato nel 1732 dallo stesso Matteo Ripa e oggi noto come Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”) aveva tentato la fuga dal Collegio, e poi arrestato nello Stato Pontificio (1746), nell’interrogatorio che subì da parte delle autorità dichiarò, tra le altre motivazioni che lo avevano spinto ad abbandonare l’Istituto, che spesso era costretto “a mangiare colli cani e colli gatti”.

Questa punizione, che poteva facilmente degenerare in un vero e proprio supplizio, non era isolata e peculiare del Collegio napoletano: in un libro pubblicato anonimo nel 1808, (Il seminarista calabrese) menzionato anche da Benedetto Croce, l’autore descriveva la più aborrita delle penitenze in uso nel Seminario in un capitolo intitolato Sanguinoso duello con le gatte. Ma in che cosa consisteva questo castigo?

In breve, colui che aveva infranto la disciplina o si era reso colpevole di qualche mancanza, non pranzava a tavola con gli altri seminaristi o collegiali, ma doveva mangiare in disparte, nella scodella abitualmente usata dai cani o dai gatti, a scapito, come diremmo oggi, di ogni criterio di igiene. Ma quest’ultimo aspetto era quello minore. La cosa più grave era la reazione che questo fatto suscitava negli animali. Questi, nel vedere un estraneo mangiare nella propria abituale scodella, si scagliavano contro l’intruso e gli contendevano il pasto con artigli, zampate,graffi e morsi di ogni tipo, riuscendo quasi sempre vittoriosi.

Il povero alunno non solo rimaneva senza cibo, ma ne usciva sanguinante e disperato. “Li cani e li gatti”, insieme o separatamente, si riappropriavano del loro spazio e del loro pasto, pronti a scagliarsi di nuovo verso il prossimo malcapitato da punire.

Giacomo Mezzabarba

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