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Rubrica di Emanuela Medi
 

“Meno numeri e quantità e più valore aggiunto” dice Giampietro Comolli presidente Osservatorio Economico Vini Speciali (OVSE)

“THE BEST” nel panorama spumantistico italiano, a Giampiero Comolli -intervistato prima dell’inizio di Spumantitalia -manifestazione  che si è svolta a Pescara il 25-28 febbraio- non manca freddezza e lucidità  nel capovolgere lo statico e autoreferenziale sistema di valutazione del mondo del vino italiano compresi ovviamente gli spumanti non senza la convinzione di un partita da giocare  all’estero“ Meno quantità e volumi- dice- e più valore aggiunto ” Già ma cosa vuol dire?

“Certamente è significativo per la spumantistica italiana- dice Comolli- aver raggiunto in quantità  i dati registrati ma non basta ,a meno che non si tracci un percorso mirato che consenta di raggiungere quel valore aggiunto in notorietà, conoscenza e rispetto nel mondo come  hanno fatto alcuni grandi vini italiani vedi Barolo, Amarone, Sassicaia, Bolgheri. Questi ultimi hanno abilmente sfruttato la notorietà del marchio territoriale “ toscana”, l’effetto trascinamento del  Chiantishire e raggiunto uno stratosferico livello di qualità entrando in pianta stabile tra i 50-100 vini del mondo. Una referenzialità che viene dall’estero”. Perché, chiedo quella italiana non è autorevole?

 “La globalizzazione e la esportazione, quando è significativa, necessità di giudizi autorevoli da parte della domanda. L’offerta è meno importante, come oggi sono le guide dei vini. Sono state fondamentali dal 1986 al 2010 con il giudizio dell’enologo a fare da garante. Oggi non più. Come dice Donato Lanati, chiamato lo scienziato del vino- l’enologo ha limiti molto precisi quando va oltre l’aspetto chimico-fisico del prodotto.

Quindi non può essere la giusta figura di riferimento e nemmeno  il proprietario.” Anche Comolli sostiene che non esistono oggi enologi di riferimento assoluti, troppo coinvolti con interessi personali, a parte qualche imprenditore noto ma che giustamente punta sui suoi vini, che possono attrarre l’attenzione mondiale.  I giudizi importanti sono quelli che espressi dall’estero.” Anch’io annualmente stilo una valutazione qualitativa-degustativa di vini d’Italia e di Spagna, come consulente di due associazioni di ristoranti e negozi americani e canadesi, ma non vuol dire che poi i diretti interessati acquistino.

Non firmo nulla di pubblico, ma nello stesso tempo sono un testimonial o sponsor del vino italiano in senso lato, giudicato affidabile da anni.  Oggi dobbiamo, come produttori italiani, mettere insieme il valore diretto e indiretto del nostro vino, cioè alla qualità oramai raggiunta grazie alle diverse certificazioni, tracciabilità, etichette e sigle dobbiamo aggiungere rispetto, considerazione, conoscenza, formazione e notorietà: tutti fattori che devono essere valutati dalla domanda e non dall’offerta. Ma per ottenere un “ok” da un cliente straniero, dobbiamo anche modificare il linguaggio, la comunicazione e le valutazioni sul vino italiano: le disquisizioni infinite e diffuse sul valore del rapporto qualità-prezzo  stanno facendo più male che bene perché trascinano la percezione e la richiesta del prezzo verso il basso.

Dobbiamo- continua l’esperto- invece puntare ad un rapporto più culturale, più di alto profilo, sicuramente più difficile da comunicare come il rapporto valore-identità, ma di successo. Perché è l’unico modo  per scardinare la logica del grandi numeri che certamente è servita per arrivare nel 2019 a spedire e far consumare in un anno 753 milioni di bottiglie di vini spumeggianti,  ma non ha prodotto un equivalente rialzo o incremento del prezzo all’origine della bottiglia. Infatti un valore medio di spedizione a 3,40 euro la bottiglia svilisce e deprezza in primis la figura del vignaiolo, che è il vero e unico detentore della proprietà intellettuale e collettiva di una DOCG o DOC e quindi figura insostituibile di un territorio che si vuole sostenibile, ecosostenibile.

E’ grazie alla presenza, lavoro, coltivazione di vigna in territori difficili, disagiati, precari che si può predisporre anche piani contro i dissesti idrogeologici. Il mondo politico nazionale ed europeo deve mettere in pratica misure che riconoscano questa funzione vitale, climatica e ambientale, per tutti noi”.  Non fa una piega come sempre il pensiero di Attilio Scienza, ormai profeta dei cambiamenti climatici e apostolo benedicente di chi comprende che è meglio portare le vigne in alto e se proprio non lo si vuole.. si prepari a cambiare mestiere !

Torniamo agli spumanti : da una recentissima indagine commissionata dal Consorzio Prosecco a Nomisma Wine Monitor,  la Francia che ama le bollicine, è il terzo paese di destinazione dell’export spumantistico del Belpaese : “Teniamo presente -dice il presidente di OVSE- che  in Italia abbiamo due sistemi di produzione: il metodo italiano e il metodo tradizionale classico completamente diversi,  che producono vini totalmente diversi se non fosse che entrambi esprimono bollicine.

Oggi abbiamo a che fare con un consumatore italiano maturo, sempre più attrezzato e consapevole che un tipo di spumante è bevibile in determinate situazioni e una altra etichetta in altra occasione o abbinamento: un conto è l’aperitivo, la merenda, l’off-premise e un conto è a tavola. Quindi se il nostro paese vuole rimanere primo produttore al mondo, primo esportatore, primo conoscitore degli spumanti deve concentrarsi su alcuni elementi strategici: la Spagna ha concentrato tutto in due cantine  in un territorio vastissimo dove si produce spumante, senza un confine ben preciso e un unico marchio generico nazionale.

La Francia ha invece identificato quattro territori dove si produce solo bollicine, solo con quelle uve internazionali e dove la classificazione della qualità non è definita dalla denominazione collettiva ma è stabilita dentro la singola azienda viticola-cantina. L’ Italia invece ha optato per una qualità vitivinicola di territorio, di denominazione e quindi la qualità certificata è espressa da una scala tracciabile di territorio.  In questo contesto italiano si inseriscono molto bene i vitigni autoctoni: un place, un patrimonio, una ricchezza esclusiva in più che il nostro paese offre al mondo perché unico nella diversità ampelografica con 50 vitigni.

La Spagna ha 5-6 vitigni, la Francia 7 e la Germania produce bollicine partendo già da mix di vini base! Questa “eccezione” enoica italiana , parlo di spumanti, contribuisce enormemente al trend economico positivo di tutto l’export nazionale: l’esportazione del vino italiano sarebbe fermo.  Non dimentichiamo anche il successo crescente della tipologia dei “vini frizzanti” (quelli per legge con una pressione inferiore a 2,5 atm dentro la bottiglia) soprattutto all’estero come il lambrusco frizzante e altri, per una spedizione annua di 440 milioni di bottiglie. Quindi c’è un mondo dell’effervescenza che se fosse più diligentemente coordinato, intelligentemente gestito in una forma italica unica e politicamente supportato, (Macron appena eletto presidente della Francia è andato a camminare nelle vigne in Champagne a  testimonianza del valore di una produzione simbolo del paese) potrebbe costituire un settore con effetto dirompente sulla economia. “

Emanuela Medi, giornalista, sommelier

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Emanuela Medi giornalista professionista, ha svolto la sua attività professionale in RAI presso le testate radiofoniche GR3 e GR1. Vice-Caporedattore della redazione tematica del GR1 “Le Scienze”- Direttore Livio Zanetti- ha curato la rubrica ”La Medicina”. Ha avuto numerosi incarichi come il coordinamento della prima Campagna Europea per la lotta ai tumori, affidatole dalla Commissione della Comunità Europea. Per il suo impegno nella divulgazione scientifica ha ottenuto numerosi riconoscimenti: Premio ASMI, Premio Ippocrate UNAMSI, premio prevenzione degli handicap della Presidenza della Repubblica. Nel 2014 ha scritto ”Vivere frizzante” edito Diabasis. Un saggio sul rapporto vino e salute. Nello steso anno ha creato il sito ”VINOSANO” con particolare attenzione agli aspetti scientifici e salutistici del vino. Nel 2016 ha conseguito il diploma di Sommelier presso la Fondazione Italiana Sommelier di Roma.. Attualmente segue il corso di Bibenda Executive Wine Master (BEM) della durata di due anni.