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Rubrica di Emanuela Medi
 

Nell’ultimo anno sono scomparsi 100 mila ettari di terra

Cementificazione, concorrenza sleale, prezzi bassi agli agricoltori, cambiamenti climatici e animali selvatici: sono queste solo alcune delle cause che stanno contribuendo all’erosione del patrimonio di terra coltivata del nostro paese, secondo Coldiretti, Istat e Ispra (Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale).

I dati sono stati diffusi recentemente, a ridosso della Giornata Mondiale della Terra che si è celebrata lo scorso 22 Aprile, e parlano chiaro. Nell’ultimo anno, in Italia, si sono persi 100 mila ettari di terra coltivata: nel 2019 la superficie coltivata è infatti scesa ancora, attestandosi ad appena 11,3 milioni di ettari.

Ad andare persi sono inoltre circa 24 mila ettari di terreni coltivati a foraggere destinato all’alimentazione degli animali, e 21 mila ettari di prati permanente e pascoli.

Tra le cause principali troviamo la cementificazione selvaggia dei territori, che sta gradualmente distruggendo gli spazi verdi ed i percorsi lungo i fiumi, senza dimenticare i pascoli di altura, usati tradizionalmente anche per la transumanza delle greggi,  il riconoscimento economico sempre più misero per i lavoratori del mondo dell’agricoltura, la concorrenza sleale di carni e formaggi stranieri spacciati per italiani, e non ultimi i cambiamenti climatici, sempre più frequenti, che estremizzano gli agenti atmosferici, alternando periodi di dure siccità a precipitazioni intense, le cosiddette bombe d’acqua, che il terreno non riesce poi ad assorbire.

Il risultato di tutto questo è un comparto, quello dell’agricoltura, sempre più fragile, le cui condizioni alimentano l’abbandono dei territori, soprattutto nelle aree più interne, trend sempre più in aggravamento, e l’aumento del rischio di frane e alluvioni in molti comuni Italiani (ben 7275 di essi sono esposti proprio a questo rischio).

Claudio Chiricolo

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