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Rubrica di Emanuela Medi
 

“Old But Gold” con Ian d’Agata – parte 2: cosa accade al Verdicchio quando supera i 10 anni di età?

Un traguardo importante quello del decennio dalla vendemmia per un vino bianco. Difficile arrivarci senza qualche acciacco. Tra i pochi che ci riescono c’è il Verdicchio, che con l’avanzare dell’età si fa perfino più maestoso.

Negli anni dell’esterofilia forzata, alcuni produttori della denominazione rimanevano fedeli al territorio, mentre altri seguivano le tendenze del momento. A distanza di oltre un decennio, questi ultimi sette assaggi di “Old but Gold” denotano una certa varietà di stili, ma confermano tutti insieme l’eccellenza rappresentata dal Verdicchio. “Tanti coetanei di Borgogna sono oggi prematuramente ossidati” afferma Ian d’ Agata a proposito della loro tenuta straordinaria. Da Italiani ci sentiamo orgogliosi di questa performance e speriamo che queste dimostrazioni possano davvero far parlare del Verdicchio nel mondo.

 

SECONDO ATTO: 2007 – 1997

Santa Barbara – Stefano Antonucci Riserva 2007. Aromi di lavanda e crema catalana, ricordi di cosmetica e tocchi affumicati rendono questa Riserva di Stefano Antonucci, pioniere del Verdicchio che da sempre ha un debole per il mercato americano, la perfetta testimone di un’epoca a metà tra l’età della forzature e quella della genuinità. Il sorso conferma una certa tendenza alla grassezza e alla ruffianeria ma svela un ottimo impeto fresco-salino a supporto delle sue morbidezze burrose.


 

Umani Ronchi – Plenio Riserva 2007.  Tiene duro questa Riserva già evoluta di Umani Ronchi, cooperative tra le più grandi della regione. Il suo olfatto richiama sensazioni di cioccolato bianco, ananas candito, zenzero e frutta secca. L’assaggio è cremoso, rotondo, perfettamente maturo ma nient’ affatto stanco.



Pievalta – San Paolo Riserva 2004.
Oggi questa azienda segue le pratiche biodinamiche. All’epoca utilizzava legni piccoli e seguiva uno stile più internazionale. Svelando aromi ananas e papaya, pietra focaia ed erbe aromatiche, il San Paolo 2004 ricorda nettamente i bianchi del Rodano. Il gusto è molto morbido ma anche salato, fresco al punto di giusto e di nuovo rodanese nei ricchi rimandi speziati.



Fazi Battaglia – San Sisto Riserva 2001.
Azienda più che storica e vino più che iconico, che in questo eccellente millesimo sfodera un colore oro intenso e un profluvio di aromi di albicocca, salgemma, spezie dolci e menta. L’assaggio è potente e carnoso ma ben corrisposto da sapidità vivida e scattante. Goloso il finale burroso.



Fattoria Coroncino – Gaiospino Riserva 2000
. Luciano Canestraro, stravagante proprietario di Fattoria Coroncino, si definisce un “trovatore di vino”, ovvero un vignaiolo che si limita a trasformare in vino ciò che la sua terra ha da offrire. Non usando lieviti selezionati e non filtrando, produce vini tanto imprevedibili quanto emozionali, tra cui spicca il Gaiospino, che in annata 2000 sfoggia un esuberante corredo terroso, fungino, salmastro, torrefatto e balsamico da vecchia Borgogna. L’assaggio parte morbido ma sferra presto l’attacco sapido, risultando tenace e contestualmente affabile, tipico e nel contempo “borgogneggiante”. Ruba un pezzo di cuore a molti dei presenti…



Moncaro – Vigna Novali Riserva 1998.
Ha vent’anni ma non li sente il vino di punta della più grande cooperativa marchigiana. Dorato intenso ma non cupo nella veste, disserra intriganti aromi di erbe essiccate, miele, zenzero e frutto della passione. L’assaggio entra morbido ma è subito corrisposto da impellente sapidità marina, possiede ancora freschezza da vendere e lunga persistenza tostata.



Ampelio Bucci – Villa Bucci Riserva 1997
.   A chi anni fa gli consigliava di etichettare i suoi vini come “Chardonnay”, Ampelio Bucci ha sempre riso in faccia. Oggi, finita l’età dell’internazionalismo, Ampelio ride ancora, forte di trentasei anni di esperienza e di un palmares pressappoco incomparabile. Degno epilogo di questa formidabile kermesse, il suo Villa Bucci Riserva 1997 rappresenta la quintessenza del Verdicchio maturo con i suoi fiori secchi, il suo miele e le sue erbe officinali, la mandorla tostata e soffusi sussulti terrestri e affumicati. L’assaggio scorre sul filo apparentemente esile della freschezza e della mineralità, pimpante come un ragazzo nel fiore dell’età, mostrando grazia ed equilibrio fanciulleschi e culminando in un interminabile allungo balsamico e ammandorlato. Di certo chi ama i muscoli non troverà pane per i suoi denti in questo vino. Ne rimarrà invece estasiato chi saprà apprezzare la sobrietà e l’eleganza di un prodotto archetipico, capace di affrontare gli anni con l’ostinazione di chi sa di essere unico ed inimitabile.

Raffaele Mosca, Master Sommelier

leggi la prima parte della degustazione

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