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Rubrica di Emanuela Medi
 

Pasqua, nel diario di una donna le origini delle celebrazioni per la festa più importante del cristianesimo

Quella che noi oggi chiamiamo “Settimana santa”, vale a dire il periodo che va dalla Domenica delle Palme alla Domenica di Pasqua, e che costituisce il tempo lungo dell’antica Pasqua, nasce soprattutto dal bisogno di rivivere, rappresentandoli come su una scena condivisa da tutto il popolo dei credenti, gli eventi che si succedettero dall’acclamazione che accolse Gesù al suo arrivo a Gerusalemme, alla sua resurrezione.

Da questo bisogno di storicizzare e rivivere, è nata una complessa liturgia nella quale anche il teatro moderno ha le sue più profonde radici. Di questa liturgia, di come si è formata nei secoli, la prima e più importante testimonianza è quella una donna: Egeria.

Egeria, nota anche come Etheria, vissuta nel IV secolo, il secolo in cui, occorre non dimenticarlo, per la prima volta la religione cristiana era stata accettata ufficialmente e l’imperatore stesso, Costantino, si era convertito. Il secolo in cui un’altra donna, Elena, la madre dell’imperatore, secondo la tradizione, si era recata in Terrasanta e, trovata la croce e altri oggetti della Passione aveva effettuato il primo grande trasferimento del sacro in Occidente.

Di Egeria, invece, per tanto tempo non abbiamo saputo nulla, solo a fine Ottocento, il fortuito ritrovamento di un antico manoscritto, un Itinerarium, una sorta di diario di viaggio, e all’inizio del Novecento, l’ipotesi che ne identificava l’autrice in una donna, forse una badessa, che aveva compiuto un lunghissimo pellegrinaggio, probabilmente dalla penisola iberica fino a Gerusalemme, ci hanno permesso di scoprire con gli occhi di una pellegrina, come si stava lentamente costruendo quella celebrazione della festa certamente più importante dell’intero calendario cristiano: la festa che durava da un sabato all’altro, e univa la Pasqua ebraica – fissata al plenilunio di primavera, e la Pasqua cristiana, quella della resurrezione scoperta dalle donne recatesi al Sepolcro all’alba del “primo giorno dopo il sabato”. La donna, dopo un interminabile viaggio fatto nei modi più diversi, su carri, a cavallo, sul dorso di asini e cammelli, per mare e a piedi, è riuscita a darci la più dettagliata e precisa descrizione di come, nella città dove quegli eventi erano accaduti, era cominciata quella trasformazione del cristianesimo in rappresentazione e racconto che poi, nei secoli, è giunta fino a noi. Un cristianesimo che ritroviamo ancor oggi ora non solo nella vera e propria liturgia che si svolge nelle chiese, ma anche nelle tante rappresentazioni sacre o nelle processioni che si vedono nelle strade, soprattutto quelle del Venerdì santo che caratterizzano tanti paesi in particolare spagnoli e italiani. Celebre, tra tante, quella che si svolge fin dalle prime ore del mattino nell’isola di Procida (Napoli).

Egeria descrive puntualmente tutti i riti liturgici della Septimana maior che si tenevano a Gerusalemme. Tutti gli eventi si svolgono mentre si leggono i passi della Sacra scrittura che li descrivono. La “Settimana”, iniziava col “Sabato di Lazzaro” vale a dire con il giorno in cui Cristo aveva fatto risuscitare Lazzaro a Betania, il giorno prima di quella che per noi è la Domenica delle palme (anche se, naturalmente la Domenica non si chiamava ancora così). In quel giorno Egeria va con gli altri a Betania, dove si annunciava la Pasqua dopo aver letto le magiche parole della resurrezione di Lazzaro, annuncio e figura della imminente resurrezione di Cristo stesso. Dopo si rievocava l’ingresso a Gerusalemme, con rami di palme e di olivo e il vescovo che ne leggeva la descrizione scritturale.

La notte del Martedì tutti si recavano nella chiesa dell’Eleona e lì il vescovo leggeva le parole pronunciate da Gesù due giorni dopo l’ingresso a Gerusalemme (Matteo, 24, l – 26, 2). La notte del Mercoledì, all’Anastasi, si rievocava il tradimento di Giuda (Il Mercoledì di Giuda), nel luogo dove Giuda ne aveva pattuito il prezzo.

Seguivano, dalla prima ora della notte del Mercoledì al Sabato la drammatica e coinvolgente partecipazione agli eventi della Passione di Cristo: il Triduo pasquale, che comportava digiuno, preghiera, letture, canti (“aut ymni, aut antiphone”) e la veglia delle tre notti, con spostamenti nei vari luoghi storici in cui quegli eventi si erano verificati. Il culmine era raggiunto nell’adorazione della croce: una reliquia del legno sacro con la sua insegna erano posti su una tavola, “ponitur in mensa tam lignum crucis quam titulus”.

L’Itinerarium di Egeria prosegue e descrive tutto l’incanto che questi luoghi sacri e questo tempo sacro avrebbero conservato nei secoli, unendoli nella complessità di una rievocazione che, pur mantenendo ancora oggi le sue diversità, ha unito a lungo Oriente e Occidente.

Gea Palumbo, Università di Roma Tre

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