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Rubrica di Emanuela Medi
 

Ricerca: LA VERA STORIA DEL CERVARO DELLA SALA: INTERVISTA CON RENZO COTARELLA

Parlare con Renzo Cotarella attuale amministratore delegato della Marchesi Antinori, significa non solo ripercorrere la storia di un grande vino, il Cervaro, ma anche quella di una grande azienda e di un progetto che ha saputo interpretare e valorizzare, al meglio, il territorio in cui si è sviluppato.
Simpatico, incisivo con una parlata senza fronzoli, Cotarella mi ha ripetuto più volte ”Questa è la vera storia del Cervaro”.
” Mi sono innamorato del luogo: un innamoramento disincantato, da fanciullo: era la primavera del 1979 avevo 26 anni, ero temerario, incosciente – come lo si è a quell’età – ma sentivo questa terra, l’Umbria dai grandi vini bianchi come lo è la Toscana dai grandi vini rossi. 170 ettari, mamma mia! Tanti, da valorizzare, per ottenere vini bianchi dotati di maggiore personalità rispetto a quelli che si producevano allora, nel’area dell’Orvietano classico, dove è situato Castello della Sala. Cambiare, valorizzare mantenendo l’identità di un territorio ricchissimo di calcare, di sedimenti vulcanici che avrebbero potuto regalare vini bianchi profondi e molto minerali. Quando venni nel ’79 in questa azienda si produceva solo Orvieto, Grechetto e Trebbiano: tre varietà autoctone che ci davano una grande preoccupazione: la maderizzazione ovvero il rapido cambiamento di colore verso l’ambrato ( come il madera da cui deriva il nome maderizzato). Vini che invecchiavano precocemente: non più di un anno e mezzo. Dovevamo cambiare: ma da dove partire? Intanto dotando i nostri bianchi della capacità di saper invecchiare, meglio di un lungo invecchiamento. Un grande vino bianco per me, deve saper evolvere giorno per giorno senza perdere la sua personalità… E poi cosa ho trovato… Piero Antinori un innamorato di questa terra, ma non solo: un ricercatore, un innovatore, come lo è uno scienziato che vuole capire cosa c’è dentro una cellula tumorale per distruggere le malate e salvare le buone. Con il Marchese cercavamo qualcosa di diverso: un bianco che si affiancasse ai grandi bianchi internazionali, meglio della Borgogna e che in qualche modo ricalcasse la nascente icona del Tignanello. “
COME NASCE IL CERVARO?
” A quei tempi il nostro riferimento era il Gavi di Gavi della Scolca: un bianco secco, fresco e minerale dai sentori di albicocca, pesca, molto raffinato. Poi,il colpo di fulmine: un viaggio in Borgogna nel 1981, l’assaggio del Corton Charlemagne – Grand Cru. Un grande vino bianco che per potersi esprimere pianamente doveva invecchiare, un’altra dimensione del mondo del vino. 
Eccolo: questo è quello  che voglio!. Nasce il progetto Cervaro e parlo di progetto  fatto di prove, aggiustamenti: dal porta-innesto all’altezza dei filari, dalla ricerca della particella dove piantare lo Chardonnay. Non avevamo dubbi io e il marchese Antinori: lo Chardonnay era il vitigno giusto ma  dovevamo accostarlo con quel qualcosa che indicasse il luogo, meglio il territorio: la scelta di un compagno felice dello Chardonnay ricadde sul Grechetto, vitigno autoctono ( ricordo che il Grechetto è sempre presente nei nostri prodotti con percentuali che si diversificano a seconda del vino che vogliamo ottenere ). Un vino che se anche non esprime il massimo dell’eleganza comunque porta con le sue asperità anche tanniche, quella verticalità che lo Chardonnay non possiede, specie nelle annate calde come questa, rischiando di  sedersi e di diventare quasi burroso. Il Grechetto anche in basse percentuali(5-10%) conferisce quella quota di acidità che abbiamo ricercato in molte selezioni clonali, addirittura fatte in California.
L’avventura prende forma, ma non avevamo una storia – come per i rossi – e una ”cultura” sufficienti a capire questo nuovo modo di produrre. Mi riferisco all’uso delle barrique e della macerazione a freddo pre-fermentativa per i vini bianchi. Addirittura allora c’era la convinzione, che, essendo il vino bianco più delicato del rosso, si dovevano evitare le barrique nuove, che invece diventarono indispensabili per produrre il Cervaro. Devo dire che il primo esperimento fu deludente: un vino bianco grossolano che non sapeva di niente. Poi arriva il 1986, lo sentivo una grande annata, per un vino non banale, di grande invecchiamento. Riuscimmo a gestire la macerazione semplicemente raccogliendo l’uva nelle primissime ore del mattino per sfruttare l’abbassamento notturno delle temperature. Utilizzammo solo barriques nuove, dove decidemmo di far fermentare il mosto anche a rischio di un controllo non ideale del processo fermentativo, ma convinti che il vino dovesse diventare tale con il legno… poi ancora la decisone di mantenere il vino a contatto con i lieviti naturali senza travasi favorendo la fermentazione mallolattica in barrique. Un altro tassello per il CERVARO: da allora non abbiamo fatto più modifiche.”
COSA E’ PER LEI IL CERVARO?
” Tutto quello che ho detto ma con qualcosa in più. Cervaro è un progetto ma è soprattutto il momento di svolta dello stile Antinori. Se oggi Piero è quel gran nome della enologia Italiana e internazionale lo deve – secondo me – più al Cervaro che al Tignanello. 
Cervaro è lo stile Antinori, è l’emblema di un territorio ancora non fortemente antropizzato, è una grande azienda agricola dalle molte realtà.”
AMA PIU’ I ROSSI O I BIANCHI?

” Tutti e due, ma devo essere sincero. Il mio cuore è per i banchi. Con rossi si può giocare con il tannino, il colore, il legno, i vari passaggi della vinificazione, dell’affinamento… con i bianchi non si può barare. Devono essere perfetti, puri, devono evolversi ogni giorno in modo virtuoso per dare voluttà, vibrazione, sensazioni. Per fortuna oggi abbiamo perso quel concetto che un vino per essere importante deve essere ”potente”, meglio seguire la logica dell’eleganza, data  dalla mineralità e dal lungo invecchiamento. E poi basta con tutte quelle diavolerie di internet, altimetri, apparecchiature di ogni tipo: per me il vino si fa in vigna, dove deve stare l’agronomo, e in cantina, con l’enologo!”

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Emanuela Medi giornalista professionista, ha svolto la sua attività professionale in RAI presso le testate radiofoniche GR3 e GR1. Vice-Caporedattore della redazione tematica del GR1 “Le Scienze”- Direttore Livio Zanetti- ha curato la rubrica ”La Medicina”. Ha avuto numerosi incarichi come il coordinamento della prima Campagna Europea per la lotta ai tumori, affidatole dalla Commissione della Comunità Europea. Per il suo impegno nella divulgazione scientifica ha ottenuto numerosi riconoscimenti: Premio ASMI, Premio Ippocrate UNAMSI, premio prevenzione degli handicap della Presidenza della Repubblica. Nel 2014 ha scritto ”Vivere frizzante” edito Diabasis. Un saggio sul rapporto vino e salute. Nello steso anno ha creato il sito ”VINOSANO” con particolare attenzione agli aspetti scientifici e salutistici del vino. Nel 2016 ha conseguito il diploma di Sommelier presso la Fondazione Italiana Sommelier di Roma.. Attualmente segue il corso di Bibenda Executive Wine Master (BEM) della durata di due anni.