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Rubrica di Emanuela Medi
 

Sartarelli: assoluto di Verdicchio in sei sfumature

Incontriamo Donatella Sartarelli e Patrizio Chiacchierini a Vinitaly 2019, animati dal desiderio di non lasciar cadere nell’oblio il rapporto che li legava ad un amico comune scomparso di recente., Daniele Maestri Eleganti nell’aspetto e assai pacati nel temperamento,riescono a trasmetterci con grande spontaneità l’entusiasmo con il quale perpetrano le loro scelte assai singolari.

Unici produttori di spicco del comprensorio dei Castelli di Jesi a fare perno esclusivamente sul Verdicchio, i coniugi Patrizio e Donatella, rappresentanti della quarta generazione della famiglia Sartarelli, rifuggono dai barocchismi e dalle aspirazioni “borgognone” di molti dei migliori bianchisti italiani, preferendo,piuttosto, un approccio “germanico”, ovvero imperniato sulla freschezza e sulla giovialità. Attraverso lo sfruttamento dei tempi vendemmiali dei singoli vigneti, questi prodi vignaioli, da molti annoverati tra i principali fautori del rinascimento di questo territorio, riescono a declinare la nobile varietà della Vallesina in una gamma che spazia dallo spumante al passito, raggiungendo l’apice qualitativo con il Balciana, Vendemmia Tardiva secca – o “SpatleseTrocken”, come direbbero i tedeschi – che poco ha da invidiare ai migliori Cru della Renania.

Le tenute di famiglia si estendono per circa 55 ettari tra Castelplanio, Maiolati Spontini,

Poggio San Marcello e Serra dei Conti, comuni afferenti ad un areale dolcemente collinare, dove, grazie all’influsso simultaneo del vicino Mare Adriatico e dalla ventilazione appenninica, si riesce a superare i requisiti minimi del biologico e ad adottare prassi che garantiscono l’assenza di qualunque traccia di contaminazione chimica nel terreno e nel vino. Le vigne aziendali sono perpetuamente caratterizzate da folto inerbimento e vengono potate in modo tale da frenare la vigoria del Verdicchio senza ricorrere ad eccessivi diradamenti o a densità d’impianto folli, che, a detta di Donatella, comporterebbero una maturazione più precoce e di certo meno corretta. Così facendo, si rispettano gli equilibri dell’ecosistema e si ottengono uve sane, mature e ricche di polifenoli, delle quali viene esaltato il naturale nerbo acido-sapido attraverso la vinificazione e l’affinamento in vasi d’acciaio o vasche di cemento vetrificato, recipienti che, costituendo un ambiente protetto ed impenetrabile, schermano i vini dall’ossidazione e favoriscono lo sviluppo degli aromi più tipici.

Nel corso del nostro colloquio, Patrizi e Donatella evidenziano le caratteristiche delle varie parcelle che compongono il mare verde alle sue spalle, indicando ripetutamente l’appezzamento che gli sta più a cuore, ovvero quello posto nella parte più interna della valle, in posizione contraria rispetto a tutti gli altri. “Da questa vigna esposta a nord e piantata su terreno sabbioso nasce il nostro Balciana – afferma Patrizio mentre serve il vino nel bicchiere – la vendemmiamo a Novembre, dopo che l’uva è stata parzialmente attaccata dalla muffa nobile“. Subito dopo ci mostra una foto del grappolo violaceo con gli acini ancora turgidi seppur infestati. Impossibile non notare le assonanze con immagini simili legate a rinomati blasoni internazionali ai quali la botrite dona ricchezza ed esotismo.


La degustazione

Circa centocinquant’anni or sono, Ubaldo Rosi, agrimensore marchigiano appassionato di viticoltura, importava il metodo Champenoise e lo applicava per la prima volta al Verdicchio. Così facendo, inaugurava una tradizione spumantistica che i Sartarelli hanno voluto reinterpretare a loro modo, preferendo utilizzare l’autoclave al posto della classica bottiglia per non inficiare gli aromi secondari.

Verdicchio dei Castelli di Jesi Sartarelli Brut  Verdolino nella veste attraversata da bollicine di media finezza, offre aromi fragranti di mela renetta, glicine, erba falciata e iodio, apparendo positivamente distante dagli stereotipi della tipologia. Dinamico, verace e ben calibrato tra discrete morbidezze fruttate e nerboruto impeto salino, si distingue per precisione ed immediatezza.

Il Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico 2018 è un vino senza orpelli, di quelli che a tavola vanno d’accordo con tutto e che si fanno bere in spensieratezza. Ciò nonostante, svela una personalità ben definita e nient’affatto scontata. Aromi essenziali di pera kaiser, fiore di tiglio, erbe officinali e zenzero candito emergono dal calice e riecheggiano in un sorso magro ma non scarno, di solida impronta salina. A proposito del millesimo 2018, Patrizio afferma di ritenersi più che contento, poiché, a differenza di altri produttori dell’areale, a riuscito ad uscire indenne dalle grandinate di fine Agosto.

Il Tralivio 2017, selezione prodotta da vecchie vigne situate nell’omonima contrada, appare subito più profondo ma non meno dinamico. Ugualmente brillante nella veste, disserra sensazioni quasi “marittime” di brezza iodata, guscio d’ostrica, pesca noce, ginestra, elicriso ed erbe essiccate. Al gusto è più robusto del precedente, ma non meno vibrante. L’acidità, rafforzata dall’assenza di fermentazione malolattica, conferisce slancio ad una beva piuttosto piena che s’infrange in energiche sensazioni salmastre. Mai si immaginerebbe, stando a quanto si riscontra all’assaggio, che si tratta del prodotto di una delle annate più calde di sempre.

Il Balciana 2016 folgora istantaneamente con il suo corredo esotico. Pochi altri vini nostrani riescono ad esprimere in ogni millesimo un carattere così inequivocabile. La matrice data dalla quota di uve botritizzate – che in questo caso si aggira intorno al 10% – sposa i connotati classici del Verdicchio, dando vita ad un bouquet che alterna sensazioni speziate di curcuma, zafferano ed erbe essiccate ad altre più dolci di albicocca e propoli, non tralasciando neppure quella vena minerale che è il “fil rouge” della linea aziendale. La bocca è potente ma ben strutturata: l’importante tenore alcolico – circa 14 gradi e mezzo – sorregge uno sviluppo in perfetto equilibrio tra leggero residuo zuccherino e incalzante verve agrumata. Il finale sfuma lento su ricordi appaganti di sale, spezie e miele.

A dimostrare quale sia il potenziale evolutivo del sommo “Cru” dei Sartarelli ci pensa il Balciana 2014, che, all’alba della sua quarta primavera, comincia a rivelare accenti terziari di miele d’acacia, cannella, pepe bianco, pur preservando la vena mentolata tipica dell’annata fredda. Il gusto è ancora cadenzato da un’acidità penetrante, forse anche più affilata di quella del precedente, ma ben corrisposta da ritorni mielosi e speziati. Un tocco fumé completa il cerchio.

Conclude la degustazione il Verdicchio dei Castelli di Jesi Passito, etichetta prodotta da una singola vigna sottostante il cru Balciana. I Sartarelli l’hanno acquistata con l’intento di allargare quest’ultimo, ma si sono subito resi conto che a minime variazioni nella pendenza e nella composizione del suolo corrispondevano enormi differenze nel profilo sensoriale del vino. Da questa intuizione è nata l’idea di produrre un’etichetta del tutto distinta per grado di dolcezza e peculiarità aromatiche, che in annata 2016 sfodera aromi sontuosi di composta di pere, albicocche sciroppate, miele d’acacia, origano e pietra focaia. La spina dorsale acida sorregge un sorso generoso ma mai eccessivo nelle sue dolcezze; guizzi salini e piccanti conferiscono brio ad un finale misuratamente candito che ci fa agognare l’abbinamento con un formaggio erborinato.

Nel congedarci da Patrizio e Donatella, ci ripromettiamo di andare a trovarli in azienda e di visitare il Museo del Verdicchio,spazio culturale da loro concepito che riflette nella sua architettura essenziale gli stessi criteri di sobrietà, concretezza e rispetto dell’ambiente che si riscontrano in questi vini luminosissimi, nei quali la schiettezza del terroir marchigiano si fonde con l’equilibrio, la precisione e la longevità comuni a tutti i grandi bianchi del Mondo.

Raffaele Mosca e Ilaria Martinelli, Master Sommelier

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