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Rubrica di Emanuela Medi
 

Senza una nuova politica nazionale e regionale del vino: rischio tracollo prezzi

L’anno 2020 per il vino italiano, ma per tutto il vino mondiale,  sempre più deve essere letto, come un giro di boa. Molti parametri e unità di misura sono cambiati: le differenze si sono accentuate. Nel 2019 il vino italiano valeva 13 mld/euro alla fonte, giacenze del 30-35% nella norma e in sicurezza;  l’export ha fatto segnare un nuovo record di 6,4 mld/euro, il settore horeca(alimentazione fuori casa dal catering, all’hotellerie, dai bar all’osteria…) valeva solo per il vino 6,5 mld/euro l’anno senza contare tutti gli affitti, stipendi, ristrutturazioni, arredi che fanno funzionare il sistema. Questi pochi dati (tralasciamo tutti i valori aggiunti e tutte le complementari attività e servizi….) dicono che il vino in Italia non è un prodotto marginale, oltre ad essere un valore patrimoniale immobiliare di tutto rispetto (e privato) ed  avere un valore produttivo, conservativo ambientale, di sana coltivazione del suolo agrario, paesaggistico.

Per questo che il Covid19 deve far rivedere a 360 tutta la politica&strategia del comparto e dei settori connessi perché il lockdown se  ha pesato parecchio in termini economici e finanziari,  ha sollevato problemi che non avevamo voluto vedere o che non conoscevamo, altrettanto deve anche averci insegnato qualcosa di duraturo, di solido e non effimero. E’ vero anche che stando ad autodichiarazioni di enti pubblici e consorzi privati, di organismi di ricerca, in 90 giorni di chiusura, il Chianti, il Gavi e i vini delle Marche hanno patito un crollo di fatturato vicino al 90%, mentre l’Asolo Docg Prosecco faceva segnare un +11% rispetto al 2019, il Garda Chiaretto Bardolino in +22% rispetto allo stesso primo semestre del 2019.  Cosa è successo?

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Non consoliamoci e non adagiamoci assolutamente su false promesse che qualche “aperitivo a distanza” faccia la differenza e possa risolvere, come pure chiedere alla UE solo soldi “per la distillazione o disoccupazione” senza una nuova politica nazionale e regionale del vino. Anche il “testo unico” che forse semplifica qualche pratica  non intacca il potere decisionale burocratico e del burocrate, come pure una banale “vendemmia verde” può risolvere un problema contingente di 6 mesi ma poi tutto di ripresenta, come pure gli asporti con consegna a domicilio non fanno cambiare marcia e ritmo, come pure l’e-commerce anche se c’è stato un incremento del 7-8% di nuovi acquirenti ma non di volumi corrispondenti(?), come gli stessi acquisti diretti in cantina. I

l lockdown ha fatto segnare sul mercato interno nazionale un meno 30/35% in volumi consumati, ma ha corrisposto un 50-54% di calo dei fatturati per un intero comparto. Troppo penalizzante, perché ha colpito principalmente il profilo alto, i premium, il settore con il più alto valore aggiunto. Soluzioni solo tampone, contingenti e di breve durata non servono: per fare 1 bottiglia di vino ci vogliono almeno 12 mesi lordi. Ad 1 mese dall’inizio della vendemmia 2020, nelle cantine italiane c’è una giacenza pari alla stessa quantità di vino che si può ricavare dall’imminente raccolto.

Il rischio è un tracollo dei prezzi in autunno-inverno che non fa bene al vino italiano…alla bollicine spumanti soprattutto.  Giustamente ci devono essere delle compensazioni urgenti, veloci, pronto-cassa , soprattutto c’è bisogno, come Ceves e Ovse stiamo scrivendo da almeno 2 anni prima di Covid 19 e lo abbiamo detto già agli ex ministri Martina e Centenaro (senza alcun riscontro), di un cambio di passo – dalla produzione alla designazione del vino, dalle DO-IGT ai modelli fiscali e di pubblicità – da mettere in atto Oggi occorre (per il vino come per tutti i settori industriali e produttivi) puntare tutto sul vantaggio economico, riduzione costi del paniera della spesa standard, più busta paga per chi deve acquistare e consumare, meno oneri fiscali e tributari per fornitore e cliente, sostegno all’occupazione aziendale prima che chiudano definitivamente, voucher per far lavorare tutti, definire nuove piattaforme commerciali con meno passaggi e più tecnologia semplificata e garantita.

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La fascia del vino più penalizzata è la premium (perdita secca ad oggi nel 2020 di 2,5 mld/euro) e del movimento della 25.000 cantine aperte che trovandosi chiuse hanno già perso vendite per 1,8 mld/euro.  Chiediamo una omogeneità dell’iva del vino uguale in tutta Europa, ma anche della fiscalità dei settori collaterali; un congelamento dei fondi UE destinati all’Italia per Ocm ed altro da ri-usufruire anche in misure diverse senza penalizzazioni; una flessibilità dei fondi nuovi della UE con possibilità di utilizzarli sui mercati nazionali diretti come aiuti di Stato; una Iva del vino al consumo finale e diretto ridotta decrescente al prezzo della bottiglia consentendo quindi al consumatore un risparmio minimo del 10-15% per almeno due anni; una innovazione e armonizzazione fiscale di tutti i 27 paesi UE o almeno di quelli Area Euro) del sistema e-commerce online in Italia e verso l’estero con incentivi e premi collegati a viaggi e attrazione turistica per chi ordina da altri paesi liberi dai blocchi Covid19. Questo consentirebbe anche di  constatare , subito, che l’Euro non è solo una moneta, ma è anche una sinergia politica e unione comunitaria.

Giampietro Comolli Presidente Osservatorio Economico vini Italiani(OVSE-CEVES)

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