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Rubrica di Emanuela Medi
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Storicamente regione di vigneti, l’Alto Piemonte in poco più di un secolo  ha perso quasi tutti i suoi ettari vitati che erano circa 40.000 agli inizi del ‘900 con il conseguente ridimensionamento delle vigne in  piccolissime denominazioni frammentate tra le province di Biella, Vercelli, Novara e Verbania Bisogna arrivare ai primi anni.2000  perché questo terreno, così povero di aziende ma allo stesso tempo così adatto alla coltivazione delle vigne sia stato riscoperto da alcuni appassionati che hanno dato vita alla nascita di piccole realtà imprenditoriali e ad un progressivo   interesse dei mercati internazionali. Fonte foto: cantinagaggiano.it E’ la storia di Gaggiano Viticoltori nata nel 2014 sulla sponda est del fiume Sesia tra Vercelli e Biella che ha dato il via al progetto di recupero di vigneti storici abbandonati o semiabbandonati strappando all’incuria questi terreni  con l’impianto di nuove barbatelle nelle denominazioni Gattinara e Bramaterra. Mentre il Gattinara vanta un nome più rilevante (è una doc dal 1967 e una docg dal 1990), il Bramaterra è una doc meno nota, riconosciuta solo dal 1979, ma sulla quale l’azienda ha deciso di valorizzare. Si tratta di un’area e non di un comune, piuttosto estesa come areale potenziale ma molto meno come ettari vitati

Non è un caso che nell’autunno 2022, per la prima volta in Italia si tiene il Global Wine Tourism Forum, sesta edizione cui interverranno esperti da tutto il mondo per studiare il fenomeno dell’enoturismo legato ai tre territori più conosciuti Langhe, Roero e Monferrato non per niente siglati paesaggi Unesco. Ma è  tutto  il Piemonte cui è dedicato il mensile di novembre 2021 del Gambero Rosso a sottolineare una regione che  ha saputo riposizionarsi in forza della sostenibilità ambientale, del buon cibo e ancor di più del buon vino E proprio per sottolineare questa capacità di reinventarsi e di resistere che riproponiamo  un servizio  di Raffaele Mosca Master Sommelier  focalizzato su aree minori ma non per questo meno  innovative e interessanti. . A quel tempo, negli anni 30’, oltre 1.000 ettari vitati circondavano il santuario che si erge su questo piccolo borgo della Val Sesia, regalando un colpo d’occhio simile a quello delle Langhe. .Di quella fitta distesa di ceppi e filari, immagine della prosperità perduta di una delle prime denominazioni d’Italia, rimane oggi solo il ricordo . Al momento, poco più di trenta ettari insistono ancora sul territorio della DOC Boca, che, ridotta ad un’ennesima frazione di ciò che era un tempo,

Un incontro di prima della pandemia che ho “rispolverato” nei miei ricordi  ma che volentieri ripropongo perché Il Piemonte, per via dei miei attuali studi, sta diventando la mia seconda regione di elezione. Silvia Barbaglia, giovane vignaiola delle colline Novaresi, mostra ai partecipanti di Taste Alto Piemonte a Roma una foto della sua Boca negli anni 30′. A quel tempo, oltre 1.000 ettari vitati circondavano il santuario che si erge su questo piccolo borgo della Val Sesia, regalando un colpo d’occhio simile a quello delle Langhe. Di quella fitta distesa di ceppi e filari, immagine della prosperità perduta di una delle prime denominazioni d’Italia, rimane oggi solo il ricordo . Al momento, poco più di trenta ettari insistono ancora sul territorio della DOC Boca, che, ridotta ad un’ennesima frazione di ciò che era un tempo, cerca il riscatto nell’elevata qualità delle sue micro-produzioni. A dire il vero, la superficie è aumentata significativamente da quando, circa due decenni fa, era stata rasentata la soglia desolante dei dieci ettari, sotto la quale riconoscimento statale sarebbe venuto meno. Salvifico è stato l’intervento di Christoph Kunzli, illuminato importatore svizzero che, con la sua opera divulgativa e commerciale, ha risollevato le sorti della denominazione. Sul finire degli anni 90′, Kunzli acquistava la storica azienda Le Piane e

Pubblichiamo un articolo inedito su Taste Alto Piemonte Roma, rassegna alla quale abbiamo preso parte nel mese di febbraio dell’anno scorso.  Silvia Barbaglia, giovane vignaiola delle colline Novaresi, mostra ai partecipanti di Taste Alto Piemonte a Roma una foto della sua Boca negli anni 30'. A quel tempo, oltre 1.000 ettari vitati circondavano il santuario che si erge su questo piccolo borgo della Val Sesia, regalando un colpo d'occhio simile a quello delle Langhe. Di quella fitta distesa di ceppi e filari, immagine della prosperità perduta di una delle prime denominazioni d'Italia, rimane oggi solo il ricordo sfocato. Al momento, poco più di trenta ettari insistono ancora sul territorio della DOC Boca, che, ridotta ad un'ennesima frazione di ciò che era un tempo, cerca il riscatto nell'elevata qualità delle sue micro-produzioni. A dire il vero, la superficie è aumentata significativamente da quando, circa due decenni fa, era stata rasentata la soglia desolante dei dieci ettari, sotto la quale riconoscimento statale sarebbe venuto meno. Salvifico è stato l'intervento di Christoph Kunzli, illuminato importatore svizzero che, con la sua opera divulgativa e commerciale, ha risollevato le sorti della denominazione. Sul finire degli anni 90', Kunzli acquistava la storica azienda Le Piane e sfruttava il suo