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Rubrica di Emanuela Medi
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Scavare nel passato per riscoprire vitigni dimenticati non è la passione di qualche nostalgico ma progetti di recupero importanti perché è sugli autoctoni che si basa la ricchezza e la biodiversità vitivinicola del nostro paese . Di molte è iniziata la riscoperta e la coltivazione, di altre si scoprono ceppi che sembravano perduti e che, con fatica e passione, si cerca di riportare alla vita per produrre vini che sembravano non dover esser più gustati  e che invece sono pronti a vivere la loro seconda vita..” archeologica”. Parliamo del Sauvignon-Blanc e di alcuni vitigni presenti in Francia e in Svizzera che sembra abbiano proprio 900 anni e che siano arrivati li grazie ai romani. [caption id="attachment_15236" align="alignleft" width="225"] Un grappolo di Sauvignon blanc[/caption] E’ quanto sostiene un gruppo di ricercatori  dell’Università di York con uno studio  pubblicato su Nature Plants. Una ricerca genomica condotta su 28 semi d’uva “archeologica”  ha portato alla scoperta , sostengono gli autori, che “sono strettamente legati ai vitigni dell’Europa occidentale utilizzati nella vinificazione“. Tra questi a sorprendere di più è stato quello trovato a Orléans. Un seme datato 1100 d.C. che corrisponde geneticamente, asseriscono con convinzione, al Savagnin Blanc “e rappresenta quindi la dimostrazione di 900 anni di riproduzione vegetativa

Scavare nel passato per riscoprire vitigni dimenticati non è la passione di qualche nostalgico ma progetti di recupero importanti perché è sugli autoctoni che si basa la ricchezza e la biodiversità vitivinicola del nostro paese . Di molte è iniziata la riscoperta e la coltivazione, di altre si scoprono ceppi che sembravano perduti e che, con fatica e passione, si cerca di riportare alla vita per produrre vini che sembravano non dover esser più gustati  e che invece sono pronti a vivere la loro seconda vita..” archeologica”. Parliamo del Sauvignon-Blanc e di alcuni vitigni presenti in Francia e in Svizzera che sembra abbiano proprio 900 anni e che siano arrivati li grazie ai romani. [caption id="attachment_15236" align="alignleft" width="225"] Un grappolo di Sauvignon blanc[/caption] E’ quanto sostiene un gruppo di ricercatori  dell’Università di York con uno studio  pubblicato su Nature Plants. Una ricerca genomica condotta su 28 semi d’uva “archeologica”  ha portato alla scoperta , sostengono gli autori, che “sono strettamente legati ai vitigni dell’Europa occidentale utilizzati nella vinificazione“. Tra questi a sorprendere di più è stato quello trovato a Orléans. Un seme datato 1100 d.C. che corrisponde geneticamente, asseriscono con convinzione, al Savagnin Blanc “e rappresenta quindi la dimostrazione di 900 anni di riproduzione vegetativa

Dal greco AUTOS/stesso e CHTHON/ terra deriva il termine Autoctono: un nome che indica che quel vitigno è nato e si è sviluppato in un preciso luogo geografico adattandosi a quel terreno quasi a confondersi  con esso, anche se molte varietà hanno superato gli stretti confini regionali per essere interessanti anche in regioni diverse da quelli di nascita. Sull’autoctono il nostro paese gioca una partita importante e ormai vincente puntando sulla biodiversità del territorio- caratteristica geologica dell’Italia- in grado di produrre vini di eccellenza dalle infinite sfumature di odori e sensazioni gustative. Molti esperti stranieri come Jancis Robinson  presente a” Modena Champagne Exprience,”  tra le più importanti voci del mondo del vino indica nei vitigni autoctoni italiani, la vera novità  per il nostro paese in un panorama- anche mondiale- troppo affollato di Cabernet Sauvignon e Chardonnay  di cui molta gente si è stancata anche se alcuni blend rimangono imbattibili. 450 i tipi classificati non sono pochi, ma saranno certamente negli anni, molti di più a siglare climi diversi, lo studio di particelle territoriali, a intensificare la zonazione. Autoctono un volano economico per aziende grandi e piccole capaci di valorizzare i vini i,  creare posti di lavoro soprattutto per i giovani e a