Sull’arida schiena dello Sterminator Vesevo, non cresce solo la ginestra
Nel territorio intorno al superbo monte, che la gente del posto chiama “a Muntagna” si è sempre allevata la vite. Già 2000 anni fa nella sua “Naturalis historia” Plinio il Vecchio citava un vitigno a bacca rossa coltivato alle pendici del Vesuvio, il Piedirosso, detto anche Per’ e Palummo perché al momento della maturazione il rachide e il pedicello diventano rossi assomigliando alla zampetta del piccione. Vitigno autoctono campano, secondo per estensioni vitate solo all’Aglianico, è presente in regione da tempo immemorabile. Intorno al Vesuvio, sui suoli vulcanici, ha trovato il suo terroir naturale; viene impiantato su piede franco generalmente con sistema aguyot. Insieme ad altri vitigni -Aglianico, Sciascinoso, Coda di volpe, Verdeca, Falanghina, Greco- forma la DOP (Denominazione di Origine Protetta) del Vesuvio, estesa per 170 ettari in quindici comuni vesuviani. Nella DOP Vesuvio Rosso è vinificato in purezza, o in assemblaggio con lo Sciascinoso e l’Aglianico con i quali dà origine alla più famosa Lacrima Christi. Quest’ultimo vino, spesso citato tra i migliori d’Italia dai viaggiatori stranieri, ha un nome che molti hanno tentato inutilmente di spiegare con leggende del tutto fantastiche. Una delle strade storicamente più affidabili da percorrere per tentare, invece, di comprendere dove e quando sia stato così denominato,