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Rubrica di Emanuela Medi
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L’Italia, con una produzione, nel 2020, di 5,2 milioni di tonnellate di pomodoro trasformato, a fronte di circa 65.634 Ha messi a coltura, è il terzo trasformatore mondiale dopo gli USA e la Cina e rappresenta il 13% della produzione mondiale e circa il 53% del trasformato europeo ed è il primo Paese produttore ed esportatore di derivati del pomodoro destinati direttamente al consumatore finale che rappresentano l’emblema della cucina italiana nel mondo. Nelle ultime settimane si è assistito a un vero e proprio attacco nei confronti del comparto della trasformazione del pomodoro da industria. Pertanto come sottolinea una nota dell’Anicav (Associazione Nazionale Industriali Conserve Alimentari Vegetali ) -“Riteniamo doveroso nei confronti di tutti gli imprenditori onesti, che rappresentano la stragrande maggioranza degli operatori della filiera del pomodoro da industria, fare chiarezza su alcune questioni fondamentali.” Da oltre dieci anni le aree investite a pomodoro da industria oscillano tra i 65 e 70 mila ettari e il prezzo per la materia prima pagato agli agricoltori dalle nostre aziende è il più alto al mondo, in particolare nel bacino Centro Sud. Pelati, passate, polpe e pomodorini che troviamo sugli scaffali dei nostri supermercati sono ottenuti da materia prima di alta qualità 100% italiana.

Gli uomini e le donne del mondo classico furono, purtroppo per loro, privi di un prodotto che solo dopo la scoperta del nuovo continente, nel 1492, si sarebbe diffuso in tutto il mondo: il pomodoro, incontrastato re della tavola, delle cucine e dei forni in tanti paesi. Assiri e Babilonesi, Egiziani e Indiani, Greci e Romani mai poterono gustare un piatto di maccheroni al ragù, per non parlare della Pizza Margherita, che dopo ben quattro secoli dalla scoperta dell’America sarebbe stata prodotta a Napoli in democratici – perché economici-  conviti alla porta di tutte le tasche. Come la cresommola (in dialetto napoletano, l’albicocca) trae il suo etimo dal greco e significa frutto d’oro, così il nostro pomodoro, che si vuole menzionato per la prima volta in un trattato del 1544 da un botanico senese, tal Pietro Andrea Mattioli, come mala aurea, frutto dorato, e poi tradotto in italiano, conserva in parte la stessa etimologia, rifacendosi però piuttosto al latino che al greco. Va però precisato che il nome azteco di quello che noi chiamiamo pomodoro era xitomatl, la cui radice ha dato luogo al termine tomato col quale è generalmente conosciuto fuori d’Italia nella maggior parte delle lingue. Il pomodoro è l’incontrastato