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Rubrica di Emanuela Medi
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Parte la nuova iniziativa, aperta a soci e non soci ONAV, dedicata all’approfondimento della conoscenza tecnica della vite e del vino. Due cicli di lezioni universitarie con docenti del calibro di Mario Fregoni, Luigi Bavaresco, Osvaldo Failla, Lucio Brancadoro, per scoprire meglio” cosa sta dietro un calice”  Il primo ciclo, IlVenerdìDelProfessorFregoni - Corso di Viticoltura, inizierà venerdì 5 febbraio e proseguirà tutto l’anno. Sarà un vero corso di viticoltura, che darà una qualifica finale ai partecipanti che concluderanno il ciclo. In 10 incontri, si parlerà dei principali temi, dalla genetica alle tecniche colturali, dal terroir alle tecniche di impianto di un vigneto. Il secondo ciclo sarà dedicato a Lascienzaracconta, realizzato in collaborazione con l’Università di Piacenza e quella di Milano. In otto incontri, altrettanti docenti dei due atenei approfondiranno argomenti importanti di viticoltura ed enologia.<< ONAV si distingue nella formazione del vino per avere attenzione particolare all’approfondimento tecnico e scientifico, che ci rende complementari ad altri percorsi di conoscenza enoica. Queste due iniziative, quindi, si inseriscono perfettamente nel nostro programma e sono aperte a tutti, appassionati o operatori del settore. – Afferma il presidente Vito Intini. -  Proprio la nostra peculiarità ci ha portati a collaborare attraverso uno scambio di lezioni con ASPI, Sommellerie

Grattugiare delle ostriche, prendere a martellate un trancio di tonno per realizzare una tartare incredibilmente gustosa, pestare delle foglie di basilico all’apparenza di cristallo, ridurre un panetto di burro a meno 200 gradi in pochi secondi,  sorseggiare un sorbetto istantaneo di champagne  o gustare  dei cocktail non newtoniani dagli incredibili colori  e profumi: la scienza in cucina non deve far paura anzi mette a disposizione del cuoco incredibili possibilità  per rendere più facile l’esecuzione di molti piatti abbreviandone i tempi, esaltandone il gusto e per creare qualcosa di veramente innovativo.

Nel 1856 fu chiesto a un giovane chimico francese, Louis Pasteur, di trovare un modo per evitare l’inacidimento di grandi quantità di vino, cosa che generalmente avveniva durante la fermentazione del mosto. Il problema era delicato, quintali di vino venivano buttati ogni anno senza che nessuno fosse in grado di scoprirne la causa. E questa volta non c’era l’esperienza dei contadini turchi o di chissà chi altri a consigliare il da farsi! Tutto ciò che si sapeva era che per trasformare il mosto in vino bisognava aggiungere nelle botti un particolare lievito. Eppure, senza apparente motivo, alcune botti davano il vino buono e altre dell’orribile aceto. Perché?